Chi è per noi

MA CHI E’ GESU’ PER NOI, E NOI CHI SIAMO PER LUI?

Non scordiamo che in questi ultimi anni si è assistito a un fenomeno, in una certa misura, contraddittorio. Da una parte, infatti, la persona di Gesù Cristo attrae molte persone che un tempo i credenti qualificavano sbrigativamente come “i lontani”. Dall’altra invece è insorto verso di Lui una specie di pudore: non tutti (come dicevamo nella presentazione) riescono a parlarne apertamente, alcuni anzi pensano sia impossibile parlarne, o a interpellarsi su chi Egli sia stato e su che posto occupi ora nella nostra vita e nella cultura occidentale.

Un errore è stato certamente commesso dai cristiani, e precisamente quello di parlare di Gesù in maniera astratta e disincarnata, ignorando le sue radici umane di ebreo e la tradizione da cui Egli ha, contemporaneamente, assunto tutto e preso le distanze.

Si è parlato cioè di lui come di un principio filosofico o morale e non come di una persona vivente.

In ogni caso, Gesù è un problema e, volendo parlare di lui, bisogna subito dire che non si può appunto farlo senza riferirsi al suo retroterra ebraico (all’Antico Testamento in particolare); in secondo luogo bisogna aggiungere che ancora non si può farlo con verità, se non considerando la sua persona e la sua storia in relazione a noi, per quanto cioè ognuno di noi si sente da lui provocato e stimolato.

La caratteristica infatti della religione d’Israele è la affermazione del monoteismo. Essa però va intesa non solo e non tanto nel senso che esiste un solo Dio e un uomo di fronte a lui in un rapporto di dialogo: Dio e io davanti a lui in reciproco ascolto.

Non è quindi un Dio da filosofi quello che la Scrittura presenta e rivela e che Israele e la Chiesa accolgono, una sorta di primo principio degli esseri puro e semplice, ma una persona in relazione con gli uomini e con il mondo, perennemente comunicante se stessa. Si manifesta e si rivela anzi, per invitare gli uomini ad una sempre più profonda comunione con lui, ed è solo in questa luce che il Dio della Bibbia e il Dio di Gesù Cristo è comprensibile, come appunto colui che chiama, invita e provoca risposte, e di fronte al quale l’uomo interlocutore è tutt’altro che superfluo.

Anche di Gesù si può parlare solo tenendo presente questo quadro di fondo e questa serie di relazioni in cui Dio esplica il suo amore per gli uomini.

Prendiamo per esempio un versetto del Vangelo che certamente ci è famigliare:

“Io sono la via la verità e la vita: nessuno viene al Padre se non per mezzo di me” (gv.14,6).

Che cosa significa in concreto “Io sono la via”?, perché Gesù applica a sé questo termine?, che incidenza ha su di noi?.

Guardiamo, per capire, lo sfondo su cui Gesù si colloca, che è quello dell’AT e della religione d’Israele. In esso l’immagine della strada è fondamentale, a partire dai primordi dell’esperienza religiosa del popolo di Dio.

Pensiamo ad Abramo: udito l’invito di Dio (Gen.12,1), egli parte per un cammino sconosciuto, senza sapere quale sia la strada e la meta (Ebr.11,8); ma questo camminare è il suo modo di essere di fronte a Dio e il suo modo di appartenergli: Dio sa l’itinerario che Abramo ignora e a cui si affida.