Gesù e l’adultera

Giovanni 8,3-11

Gli Scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero nel mezzo, bene in vista, e gli dissero: Maestro, questa donna è stata colta in flagrante adulterio. Ora Mosè ci ha ordinato nella legge che tali donne siano lapidate: Tu che ne pensi?

Parlarono così per tendergli un’insidia e aver poi un pretesto per accusarlo. Ma Gesù si chinò e col dito si mise a scrivere in terra. E poiché quelli insistevano, egli alzò il capo e rispose: Chi di voi è senza peccato scagli per primo la pietra contro di lei. Poi si chinò di nuovo e continuò a scrivere in terra.

Udite queste parole, se ne andarono tutti, uno dopo l’altro, cominciando dai più vecchi.
Rimasero soltanto Gesù e la donna che continuava a stare lì, in piedi. Allora Gesù, alzatosi, le chiese: Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?
Rispose: Nessuno, Signore. Le disse Gesù: Neppure io ti condanno, va e non peccare più.

COMMENTO

Per comprendere appieno il senso di questi episodio, non scordiamo ciò che è scritto in Lv.20,10 e Dt. 22,22. Si precisava che l’adulterio fosse punito con la morte per lapidazione. Questo offre agli Scribi un’occasione per mettere Gesù alla prova. Il brano è molto limpido e non esige una lunga analisi. Basta stare attenti ad alcuni aspetti che emergono dal racconto, suscettibili, di qualche applicazione anche per noi.
Ci troviamo a Gerusalemme, nel tempio. Gesù è ormai conosciuto. Sono molti quelli che lo incontrano. C’è anche questa donna, che probabilmente non l’ha mai visto. O se la visto certamente non è stato per lei un incontro decisivo. Non si era resa conto di quanto poteva essere importante. In lei non era maturato nessun desiderio. Anzi, con ogni probabilità era una donna che non cessava di “cercare” ma in modo sbagliato, su strade diverse, lontano dallo sguardo di Gesù.

Si tratta di una donna che vive una sua storia fatta di bisogni e d’attese ( proprio come oggi). Non le basta quello che ha. Una storia forse che non ha neppure scelto né voluto. Una cosa in ogni caso è certa: non ha trovato quello che cercava con tanta insistenza all’interno di un legame familiare e nell’intimità di uno sposo. Non è riuscita a saziare la sua sete d’amore ricevuto e dato. Ha cercato un incontro. Solo umano. Fatto di sotterfugi. Si accontenta. Si lascia andare in una ricerca di soddisfazione che forse sa già si rivelerà un’altra volta deludente e umiliante. Un incontro che non modificherà la sua esistenza, non la colmerà nella sua sete d’amore.

Tuttavia accade l’imprevisto. E’ un fatto molto drammatico. Ancora una volta essa prende coscienza di essere stata solo un oggetto. Strumento di piacere di un uomo che, in effetti, ha approfittato di lei per poi abbandonarla al suo destino, senza cercare di difenderla. Strumento nelle mani di coloro che vogliono usarla per scopi reconditi che neppure lontanamente immagina. In pratica lei è la vittima di una violenza, che le toglie l’intimità, l’identità, la dignità, scoprendo l’amarezza e il disgusto.
E’ a questo punto e con questo stato d’animo che incontra Gesù. Certamente un incontro altamente drammatico poiché ne va della sua vita. Lei è sola, posta al centro degli sguardi perfidi e perversi dei suoi accusatori: certi nei loro sotterfugi meschini di agire secondo la legge di Dio.

Gli Scribi non ricorrono a Gesù con sincerità di cuore ma per metterlo alla prova. Lo sanno amico di peccatori e di pubblicani, pronto al perdono: perdonerà anche all’adultera, rifiutandosi di applicare la legge mosaica? In tal caso si potrà fare contro di lui una denuncia precisa e procedere di conseguenza. Costoro dunque non cercano la verità. Hanno già condannato Gesù e la donna a priori: cercano soltanto un pretesto giuridico, una copertura legale nei confronti di Gesù…e per la donna la legge mosaica parla chiaro. I sassi della folla battono ritmicamente nelle loro mani pronti per essere scagliati. L’angoscia e il terrore assalgono la donna. L’uomo dal quale l’hanno condotta non la guarda neppure al momento.

Addirittura pare che Gesù non abbia intenzione di rispondere. Si comporta come se gli Scribi e la folla, i tentatori, non esistessero: scrive con un dito per terra. Il fatto è che non sono persone da ascoltare, non sono in cerca della verità, ma di un capo d’accusa. Ma ecco che alla loro perdurante insistenza Gesù risponde ponendo la questione in termini completamente capovolti, insospettati: li coinvolge.
Qui sta il nocciolo della questione. Gesù non nega il giudizio di Dio, questo è bene rammentarlo, ma vuole che ciascuno lo rivolga a se stesso.

Adulterio o no, siamo tutti peccatori e bisognosi di conversione, di perdono, di misericordia. Inoltre Gesù vuole che il giudizio di Dio provenga da Dio, non degli uomini. Soltanto Dio può giudicare (vedere nel sito, sezione meditazioni, “Non giudicare”): come possono farlo gli uomini se sono essi stessi peccatori?
Infine Gesù esprime il giudizio. Il suo atteggiamento di fronte alla donna non esclude il problema, non è un disimpegno. Gesù è il Figlio di Dio e non è peccatore, quindi pronuncia il giudizio, ma è un giudizio fatto di perdono e di invito alla conversione.
E’ VERAMENTE IL GIUDIZIO DI DIO.
E’ a questo punto che Gesù scacciato il sofferente silenzio, dietro le loro insistenze, alza lo sguardo verso la donna, un sussulto di infinita tenerezza e dolcezza. Egli sente di doverla riconsegnare a se stessa, liberarla dalla mano degli assassini.
Con una frase terribile Gesù la isola, la libera. Si abbassa e scrive: i nomi dei peccatori sono scritti nella polvere: “Chi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei”.

Se ne vanno tutti. Finalmente sono soli lui e la donna. Avviene l’incontro nella dignità, nella libertà, nasce il desiderio dell’incontro salvifico.
La donna lo guarda in modo interrogativo e al tempo stesso affascinata. Dice S.Agostino: “Relicti sunt duo, misera et misericordia”
La donna si rende conto di essere stata salvata da quell’uomo: ma perché? Si rasserena. Una domanda: Nessuno ti ha condannata? Una domanda evasiva, scontata. Un ponte gettato tra lui e lei. Finalmente vi può essere l’incontro che riconsegna la donna a se stessa rimettendola in cammino nella sua dignità.
Una sola parola le dice ancora Gesù: Va e non peccare più”.
Un invito a non continuare a sbagliare il bersaglio della sua ricerca di vita e d’amore.

CONCLUSIONE

La legge fu data da Mosè, ma la grazia e la verità da Gesù Cristo. In pratica due ere e due concezioni diverse della giustizia, che dominano l’episodio che abbiamo meditato. Cristo non nega la legge ma ne supera gli inevitabili limiti. La legge giudica soltanto gli atti, non le persone: Gesù invece giudica le persone e sa che al di là dello stato di giustizia legale o di peccato si può inserire in loro un dialogo con Dio nella pura fede. In tutt’altra posizione sono gli accusatori: dalla loro interrogazione emerge la mentalità legalista, priva di pietà e di umanità, ed è evidente l’intenzione di accusare Gesù. Ma egli non si cura di loro: scrive per terra, avrebbe potuto apostrofarli, ma cerca il bene anche dei suoi nemici; pressato perché si pronunci risponde: “Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei” Gli incensurati eccoli sul banco degli accusati. La donna rimasta merita la grande parola: “Neanch’io ti condanno; va e d0ra in poi non peccare più”
L’adultera rappresenta i membri della Chiesa: al di là dei nostri peccati noi accettiamo l’incontro e il dialogo di fede con Cristo che deve sfociare nel “non peccare più”, non per sola obbedienza alla legge, ma per rispondere alle esigenze di una coscienza che ha incontrato l’Amore.

Amen, alleluia, amen!