Del grano e della gramigna

IL FATTO DELLA VITA

“Non capisco. Ho pulito il selciato appena tre giorni fa. Ho sradicato tutta la gramigna. Ma è bastata una pioggia, ed eccola di nuovo, è già rinata. Non riesco a levarla definitivamente”.—disse Giovanni all’amico che lo stava guardando.-

“Proprio così!—rimbeccò una donna che passava lì nei pressi—assomiglia ai nostri figli. Si cerca di educarli il meglio possibile e, poi, loro ne combinano di quelle, che non si sa da dove siano uscite. E non c’è verso di cambiarli. Il male è mescolato al bene che esso fanno. Non si sa davvero cosa fare!”.

E’ vero: ci sono certe cose nella vita che non si possono spiegare e non si sa da dove siano uscite. Anche al tempo di Gesù, era lo stesso.

Gesù parla delle erbacce che crescono in mezzo al grano o al riso. Nessuno sa da dove vengano. Facciamo grandi sforzi perché tutto vada bene, ma sempre salta fuori qualche cosa che rovina la festa: dalla gramigna sul selciato alle cattiverie dei figli, dall’influenza ai buchi della strada, dal salario insufficiente alle baracche ammonticchiate accanto ai palazzi dei ricchi, dai mendicanti all’opulenza dei più. Il male si mescola al bene.Nessuno sa dire dove nasca. O meglio, nessuno se ne vuol far carico, dal momento che può turbare le coscienze dei più. E’ impossibile separarli. Che fare? Lasciare le cose come stanno, per vedere come va a finire?

NOTA: La vita è piena di erbacce e di gramigna; i mali sono tanti. C’è chi perde la testa, c’è chi si accomoda. Alcuni vorrebbero eliminare i mali col ferro e col fuoco, altri incrociano le braccia e dicono:”Tanto non ci si riesce. E’ Dio che vuole così. Pazienza”.

Ascoltiamo ciò che Gesù ci dice.

DAL VANGELO DI MATTEO 13,24-30 LEGGIAMO LA PARABOLA

Commento

Il racconto parabolico si basa su una serie di antitesi tra il proprietario del campo e il suo avversario, tra il grano e la gramigna, tra il tempo presente della semina e della crescita e il tempo futuro della mietitura, tra il granaio dove finisce il grano e il fuoco dove è bruciata la gramigna. Ma il motivo centrale del racconto è il dialogo tra il proprietario e i servi, più esattamente l’impazienza di questi e l’atteggiamento paziente di quello. La parabola vuole evidenziare l’imprevidenza dei primi e la saggezza del secondo, che comprende come sia impossibile estirpare subito la gramigna senza danneggiare anche il grano.

Che cosa intendeva dire Gesù?

Cristo aveva annunciato la venuta del Regno di Dio. Aveva compiuto i segni miracolosi che lo rendevano presente. L’ora decisiva della salvezza era suonata nella sua attività messianica. Una febbrile attesa aveva contagiato gli ascoltatori. Anche perché secondo la parola dei profeti il Messia avrebbe riunito attorni a sé una comunità di puri e di santi, dopo avere condannato i peccatori alla perdizione ultima. Senonché nessuna comunità di santi era stata da lui costruita. Né egli aveva condannato al fuoco eterno i peccatori. Anzi gli accoglieva, rifiutandosi di fare il giudice definitivo separatore dei buoni dai malvagi. E Gesù dovette fronteggiare tale impazienza messianica. Lo fece con questa parabola, distinguendo fra il tempo presente, in cui buoni e malvagi vivono gomito a gomito nel mondo, e il tempo futuro, l’ultimo della separazione definitiva.

In questo modo ha indicato il significato del nostro oggi come tempo di coesistenza di buoni e malvagi, di puri e peccatori, di bene e di male. Non solo, è esclusa una comprensione della storia in cui sia possibile operare la netta separazione tra bene e male. Sarebbe confondere la nostra era con il giorni ultimo. Il presente storico significa semina del buon grano e,purtroppo, della gramigna; crescita dell’uno e dell’altra indissolubilmente vicini.

Vale a dire che nello stesso campo opera il seminatore che sparge buon seme e l’avversario che semina gramigna. Dal racconto emerge anche che Gesù è colui che getta le basi del Regno di Dio; e che adesso è il tempo della misericordia, dell’accoglienza dei peccatori, della conversione proposta a tutti, della liberazione donata agli schiavi del peccato.

Fatta questa premessa, entriamo nel dettaglio della parabola.

Essa prende l’avvio da una constatazione: con stupore i contadini si accorgono che nel campo del padrone è cresciuta anche la gramigna. Il dialogo si articola in due battute, botta e risposta. Il punto di forza della parabola va cercato nel dialogo, non nella storia.

Tuttavia è la storia a provocare le due domande che i servi pongono al padrone.

La narrazione si distende su tre tempi: il momento in cui avvengono le cose sulle quali poi, i servi e il padrone discorreranno; il momento del dialogo in cui il padrone e i servi confrontano i loro rispettivi punti di vista; il tempo futuro della mietitura e del giudizio.

Il primo momento è l’antefatto, presente come problema, ma del tutto passato come avvenimento. Nell’economia della parabola rappresenta ciò che l’ascoltatore deve sapere, non ciò su cui deve fermare la propria attenzione. Questo primo momento è del tutto funzionale al secondo.

Anche il terzo momento è relativo al secondo: Gesù anticipa ciò che accadrà non perché vuole che l’ascoltatore vi si concentri, ma per prospettare una ragione che possa fargli accettare l’inatteso atteggiamento del padrone.

Il tempo centrale, sul quale la narrazione indugia costringendo l’ascoltatore a fare altrettanto, è il secondo. Infatti i verbi della parabola sono tutti al passato, eccetto il futuro “vi dirò” con il quale il padrone anticipa l’ordine che, a tempo opportuno, impartirà ai mietitori, e il presente “dicono” che introduce la seconda domanda dei servi. Gesù qui è ricorso al presente per sottolineare l’intensità di questa domanda.

“Mentre gli uomini dormivano, venne il suo nemico e seminò gramigna in mezzo al grano e se ne andò”.

La presenza della gramigna nel campo di grano, anche se i servi mostrano di esserne sorpresi, non è il tratto più inatteso del racconto. Il padrone, infatti, non ne è sorpreso, e risponde semplicemente:”Un nemico ha fatto questo”. Né è inattesa l’affermazione che alla fine, al tempo della mietitura, grano e gramigna saranno accuratamente separati: il grano accolto nel granaio e la gramigna gettata nel fuoco.

La vera meraviglia dell’ascoltatore e del lettore, e quindi il vertice della tensione drammatica della narrazione, nasce alla seconda risposta del padrone, che ordina di non strappare la gramigna, ma di lasciarla crescere insieme al grano.

Ma perché il padrone vuole diversamente?

Ad una lettura del racconto, scopriamo che la punta del dialogo è il secondo botta e risposta. Tuttavia, anche la prima domanda è molto seria, e la meraviglia dei servi giustificata:”Signore, non hai seminato buon seme nel tuo campo? Donde proviene la gramigna?”.

Nella sua genericità questa domanda è universale e antica quanto l’uomo: se Dio è buono, perché esiste il male nel mondo? Ma collocata nel contesto specifico del Vangelo, la stessa domanda acquista un senso del tutto particolare: se il tempo messianico è giunto, perché ancora il peccato nel mondo, persino nella comunità cristiana? Che Dio permetta al male di convivere col bene lo si sapeva. Lo sconcerto è che anche l’ultimo intervento di Dio, quello che si immaginava diverso, non abbia cambiato le cose. Non doveva essere il tempo in cui Dio avrebbe finalmente instaurato la giustizia nel mondo? E invece anche il tempo messianico continua a sembrare un tempo in cui Dio promette soltanto. La presenza del Regno sembra ancora nell’ordine dei segni, o della profezia, non del compimento.

All’interrogativo dei servi, che vogliono conoscere il perché della presenza della gramigna (il male), il padrone risponde laconicamente:”Un uomo nemico ha fatto questo”. Come a dire: non è colpa mia. Non aggiunge altro, perché l’essenziale è detto.

Cioè, la domanda più importante non riguarda l’origine del male (che risale al gesto di superbia dell’uomo nei confronti di Dio), ma come vivere nella storia, dove il bene e il male crescono insieme. Il primo è un problema tecnico, il secondo è un problema pratico. La parabola indugia su quest’ultimo.

In ultima analisi la presenza della gramigna non è volontà del padrone, ma dispetto di un nemico, non sarebbe logico strapparla? Così pensano i servi:”Vuoi dunque che andiamo a raccoglierla?”. Ma il modo di ragionare del padrone è diverso.

In definitiva Gesù non vuole che i suoi discepoli si assumano il compito di mietitori, semmai quello di seminatori. Gesù, come il padrone, non nega la necessità della separazione. Dice semplicemente che il tempo non è giunto, e che il compito di separare non spetta agli uomini.

La presenza della gramigna nel campo è opera di un nemico, ma permettere che essa cresca insieme al grano è precisa volontà del padrone. La novità della parabola sta qui, in questo comando del tutto inatteso, accompagnato da una giustificazione non priva di ironia: “Perché non abbiate a distruggere il grano insieme alla gramigna”.

Il bene e il male, i santi e i peccatori crescono insieme, in un groviglio che non è facile sciogliere.

La morale è che non dovremmo comportarci come i farisei del tempo di Gesù che pretendevano di costruire il popolo santo di Dio (con le loro regole) separato dalla moltitudine dei peccatori da accogliere e indicare loro la strada.

SPIEGAZIONE DELLA PARABOLA MATTEO 13,36-40 LEGGIAMO.

Come abbiamo letto e meditato, Gesù lascia le folle, entra in casa e la sua parola è riservata ai discepoli. Il brano si divide nettamente in due parti.

I vers.37-39 sono una specie di arido vocabolario che identifica sette elementi della parabola: il seminatore del buon seme è Gesù, il campo significa il mondo, alla buona semente corrispondono i figli del Regno, alla gramigna i figli del maligno, nell’avversario si identifica il demonio, nella mietitura la fine del mondo, i mietitori simboleggiano gli angeli.

La seconda parte vers.40-43 è una sintetica descrizione di carattere apocalittico del giudizio ultimo, quando con gesto sovrano il Figlio dell’uomo opererà la separazione definitiva tra gli uomini, assegnando agli uni la vita eterna e agli altri la condanna.

Soltanto il Figlio dell’uomo e gli angeli sono rappresentati sempre dal proprietario e dai mietitori; al campo della semina invece fa riscontro rispettivamente il mondo e il Regno del Figlio dell’uomo, così ai figli del Regno corrispondono coloro che fanno la volontà di Dio, mentre ai figli di Satana corrispondono coloro che sono infedeli alla Parola di Gesù.

Non solo, la parabola della gramigna, che contraddice l’impazienza messianica del popolo e dei discepoli, diventa ora una presentazione del giudizio nel suo esito opposto di condanna e glorificazione, descritto con immagini forti.

A questo punto il centro di interesse viene spostato dal presente, che il racconto di Gesù intendeva come tempo di coesistenza di buoni e malvagi, al futuro. In primo paino non appare più la semina, né la crescita simultanea di grano e gramigna, ma la mietitura che raffigura la separazione definitiva degli uomini.

Il tempo, fratelli e sorelle, ha spento gli entusiasmi delle origini, e di fronte ai peccati e alle defezioni la comunità dei credenti rischia di diventare indifferente: non più la meraviglia e lo scandalo, ma l’adattamento e la modernizzazione. Non più la tentazione della rigidezza, ma quella della confusione. L’appartenenza alla comunità cristiana non garantisce in sé la salvezza finale. Il giudizio non avverrà infatti in base ai criteri di carattere religioso o confessionale, ma secondo il metro significativo del comandamento dell’amore al prossimo. E’ nostro dovere combattere la falsa sicurezza dei cristiani che, fiduciosi negli elementi istituzionali e sacramentali della Chiesa, trascurano concretamente l’insegnamento di nostro Signore Gesù Cristo e non confidano nello Spirito Santo di Dio, la terza persona che impersona l’amore per eccellenza.

Amen,alleluia,amen