Vangelo di Luca – Cap. 17,1-10 al 17,20-37


Preghiera Padre Nostro - James Tissot

Istruzioni per la comunità dei discepoli.

Capitolo 17,1-10

*Disse ancora ai suoi discepoli: E’ inevitabile che ci siano occasioni di peccato; ma guai a colui per colpa del quale esse avvengono. *Meglio sarebbe per lui buttarsi nel mare con una macina da mulino appesa al collo, piuttosto che essere occasione di peccato a uno di questi piccoli. *State attenti a voi stessi. Se tuo fratello pecca, riprendilo; se si pente perdonagli; *e se sette volte al giorno pecca contro di te e sette volte torna da te dicendo: Mi pento, gli perdonerai. *Allora dissero gli apostoli al Signore: Accresci la nostra fede. *Il Signore rispose: Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: sradicati e trapiantati nel mare, ed esso vi obbedirebbe. *Chi di voi, se ha un servo ad arare o a custodire il gregge, quando questi ritorna dai campi gli dice: Vieni qua, presto mettiti a tavola? Non gli dirà invece: *Preparami da cenare, cingiti la veste per servirmi finché io abbia mangiato e bevuto, poi mangerai e berrai anche tu? *Egli si riterrà obbligato verso quel servo perché ha fatto ciò che gli era stato comandato? *Così anche voi, quando avrete fatto tutte le cose che vi sono comandate, dite: Siamo semplici servi. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare.

Gesù impartisce due insegnamenti ai discepoli e due istruzioni agli apostoli. Le prime tre massime sullo scandalo occasione di peccato, sul perdono fraterno, e sulla fede, chiude il brano la parabola concernente il servo. La prima istruzione, che preoccupa Gesù, è lo scandalo che può prodursi in seno alla stessa comunità dei credenti, e più precisamente i rapporti tra i fratelli. Il comportamento di un discepolo può mettere in crisi la fede di un altro non abbastanza stabile e maturo. I “piccoli”, di cui parla Gesù, potrebbero essere identificati con i deboli nella fede.

La seconda istruzione tocca un’altra struttura fondamentale della vita comunitaria: la riconciliazione e il perdono. I fratelli non devono solo pensare a correggersi a vicenda (Lev.19, 17), ma soprattutto devono imparare a perdonarsi sempre, vale a dire ricostruire a tutti i costi i legami fraterni spezzati o messi in crisi dalle tensioni all’interno della comunità cristiana. E questo senza limiti, a misura della fragilità umana. Però la ricomposizione della fraternità cristiana deve essere frutto di due disposizioni convergenti: la conversione del fratello che pecca e il perdono del fratello offeso. Non scordiamo mai che la comunità cristiana è una comunità di peccatori, che continuamente sperimentano la vicinanza e l’accoglienza di Dio nel perdono fraterno. La terza istruzione è una risposta di Gesù ad una preghiera degli apostoli: Aumenta la nostra fede. Quella fede di potenza misteriosa, è capace di produrre e compiere mirabili prodigi nel campo dello spirito. Non si tratta di accrescere quantitativamente la fede, ma di renderla più genuina. Infatti, basta un pizzico di fede vera per fare cose impossibili, come l’immagine paradossale dell’albero sradicato e piantato nel mare che traduce la forza della fiducia totale in Dio. A seguire ecco la parabola del servo non certo priva di sviluppi. Apparentemente Dio si comporta come certi agricoltori incontentabili che sempre chiedono e pretendono e non concedono un attimo di pace ai loro servitori.

Come possiamo osservare è un paragone urtante nel quale Dio fa la figura di un agricoltore esoso, poiché il suo servo è senza diritti alla ricompensa e alla riconoscenza. Tuttavia, non è questa la prospettiva della parabola, anche se Gesù si serve di esperienze reali per parlare di altro. Il suo scopo non è di offrirci una rivelazione su Dio e nel suo comportamento. Gesù non valuta il modo di agire dell’agricoltore: che a quel tempo i datori di lavoro si comportassero come l’agricoltore era un fatto abituale. Però la loro condotta serve a Gesù per costruire la parabola. In ogni caso per non confondere le idee, la lettura del Vangelo ci dimostra che Dio è l’esatto opposto di quell’agricoltore poiché i tratti del suo volto si sono, infatti, rivelati in Gesù, che è venuto a servire e non a farsi servire e che ha vissuto una vita simile a quella del servo che sta in piedi e che serve, non dell’agricoltore che siede a tavola. Allora cosa ci suggerisce la parabola?

Ci suggerisce l’atteggiamento semplice del discepolo all’interno della comunità e il comportamento verso Dio, che dovrebbe essere di totale disponibilità, senza calcoli, senza pretese, senza contratti, vale a dire un servizio disinteressato e gratuito. Poiché non si serve il Vangelo con lo spirito del salariato: tanto è il lavoro e tanta la paga, nulla di più nulla di meno. Come possiamo notare, si tratterebbe di una fede religiosa mercantile e pretenziosa, soprattutto quanto più nella comunità un certo ruolo o un certo servizio ha una responsabilità. Gesù vuole che i suoi discepoli e i suoi apostoli affrontino coraggiosamente e in piena disponibilità le esigenze del Regno dei cieli senza pretendere contratto a prestazione. Alla fine della giornata di lavoro non dovremmo dire: abbiamo finito, né accampare scuse o quant’altro; non dobbiamo vantarci o fare confronti con gli altri. Dovremmo solo potere affermare: ho fatto il mio dovere!

Guarigione di dieci lebbrosi: il samaritano riconoscente.

Capitolo 17,11-19

*Durante il viaggio a Gerusalemme Gesù attraversò la Samaria e la Galilea. *All’ingresso di un villaggio gli vennero incontro dieci lebbrosi, i quali, fermatisi a una certa distanza, *gridarono: Gesù, maestro, abbi pietà di noi! *Egli, vedutili, ordinò loro: Andate a mostrarvi ai sacerdoti. E mentre se ne andavano furono guariti. *Uno di loro, vedendo che era guarito, tornò indietro lodando Dio ad alta voce, *si gettò ai suoi piedi con la faccia a terra per ringraziarlo. E questo era un samaritano. *Allora Gesù disse: Non sono stati guariti tutti e dieci? Dove sono gli latri nove? *Non v’è dunque nessun altro che sia tornato indietro per rendere lode a Dio all’infuori di questo straniero? *E gli disse: Alzati e va’, la tua fede ti ha salvato.

Gesù è in cammino per il suo ultimo viaggio verso Gerusalemme. Mentre stava per entrare in un villaggio posto ai confini tra la Samaria e la Galilea gli vennero incontro dieci lebbrosi, i quali, tenendosi a distanza per la nota prescrizione, Lev. 13-14, si misero ad urlare che avesse pietà di loro. Gesù rispose che andassero a presentarsi ai sacerdoti, come aveva già ordinato in un precedente miracolo. Tutti e dieci si fidano di questa parola di Gesù che già contiene una promessa di guarigione. Tutti avevano invocato l’aiuto di Gesù chiamandolo con l’appellativo usato dai discepoli “Maestro”. I lebbrosi interpretano la risposta in questo senso, e s’incamminarono per obbedire; strada facendo si trovarono guariti. In dieci sentivano il bisogno di essere curati, ma, ottenuto il loro sogno, nove rimasero a godersi il livello raggiunto, soddisfatti. La felicità della guarigione fece dimenticare loro i doveri della gratitudine e tutti se ne andarono per i fatti loro. Solo uno, sentì il bisogno di andare oltre; fu l’unico disponibile al dono della salvezza della fede, perché avvertì che “mancava qualcosa”, ebbe un supplemento d’inquietudine. Lodando Dio (espressione per indicare il riconoscimento dell’intervento salvifico di Dio) tornò indietro a ringraziare Gesù. Gesù a sua volta riconosce nel comportamento del samaritano la fede salvifica. Infatti, dieci sono stati guariti, ma uno solo è salvato. Questo è il punto focale del racconto sottolineato dagli ultimi tre versetti del brano. A questo punto della riflessione è facile comprendere che la parola “salvezza” suona vuota per chi si sente ricco e soddisfatto. Ma anche chi si sente bisognoso le può dare un significato tutto suo, in cui Cristo ha poco da vedere. Il samaritano invece, che libero dai legami della legge ritorna per ringraziare Gesù, si presenta come il tipo dell’uomo spontaneamente e gioiosamente riconoscente per l’azione compiuta in lui dalla grazia e perciò più disponibile alla salvezza operata dalla fede. Gesù gradì l’omaggio dello straniero, e rilevò che lui solo aveva sentito il dovere della gratitudine, e gli confermò che era stato proprio salvato con quel gesto di fede.

Concretamente, che cosa vuole comunicarci Gesù con questo racconto? Rammentiamo che nell’episodio inaugurale di Nazareth i compaesani di Gesù pretendevano gesti di guarigione a loro favore come un diritto acquisito. Gesù risponde che questo non è lo stile di Dio. Ricordiamo anche l’episodio del profeta Eliseo, che guarì lo straniero Naaman. Guarito che fu, ritornò dal profeta lodando Dio e proclamando la sua fede nel Dio unico d’Israele. I giudei che pretendevano segni salvifici come un diritto esclusivo sono rimasti estranei al dono salvifico di Dio. Al contrario, lo straniero entra a far parte di quella categoria di poveri e di piccoli ai quali è destinato il regno di Dio. Nel nostro piccolo mondo, per ciascuno di noi, in che cosa consiste concretamente il bisogno di Gesù salvatore? Non è il fatto di essere cristiani, praticanti, che ci fa sentire automaticamente questo bisogno. Gli abitudinari, osservanti e pii, rischiano di considerarsi gli unici proprietari della salvezza scordando la gratuità assoluta della loro condizione. Evitiamo dunque di agire come quei nove che s’incontrarono con Cristo, ma videro in lui solo un’opportunità per il loro sogno.

Il regno di Dio e la venuta del Figlio dell’uomo.

Capitolo 17,20-37

*Poi, interrogato dai farisei quando sarebbe venuto il regno di Dio, egli rispose loro: Il regno di Dio non viene in modo spettacolare; *non si potrà dire: Eccolo qui, oppure: Eccolo là. Perché il regno di Dio è in mezzo a voi. *Allora disse ai suoi discepoli: Verrà il tempo in cui desidererete vedere anche un solo giorno del Figlio dell’uomo, e non lo vedrete. *E vi diranno: Eccolo qui, eccolo là. Non vi muovete, né andatene in cerca. *Come infatti il lampo risplende guizzando da un capo all’altro del cielo, così sarà del Figlio dell’uomo nel suo giorno. *Prima però è necessario che egli soffra molto e sia rifiutato da questa generazione. *E come avvenne nei giorni di Noè, così sarà anche nei giorni del Figlio dell’uomo. *Si mangiava, si bevevo, si prendeva moglie e si andava a marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca; allora venne il diluvio e li distrusse tutti. *Lo stesso avvenne nei giorni di Lot: si mangiava, si bevevo, si comprava e si vendeva, si piantava e si costruiva, *ma nel giorno che Lot uscì da Sodoma, Dio fece cadere una pioggia di fuoco e zolfo e li distrusse tutti. *Così sarà nel giorno in cui il Figlio dell’uomo si rivelerà. *In quel giorno chi sarà sulla terrazza e avrà i suoi arnesi in casa, non scenda a prenderli; e chi sarà in campagna, non torni indietro. *Ricordatevi della moglie di Lot. *Chi cercherà di conservare la propria vita la perderà, e chi la perderà la salverà. *Vi dico: In quella notte due persone si troveranno nello stesso letto: uno sarà preso e l’altro lasciato; *due donne staranno a macinare nello stesso posto: una sarà presa e l’altra lasciata. *Prendendo la parola, i discepoli gli chiesero: Dove Signore? Rispose: Dove sarà il cadavere là si raduneranno anche gli avvoltoi.

Dopo l’episodio dei lebbrosi Luca introduce i farisei, e riporta un dialogo di Gesù con loro e poi con i suoi discepoli. Il dialogo contiene vari elementi che si ritrovano nel grande discorso escatologico in Marco e in Matteo, di cui questi versetti sembrano un’anticipazione. Il dialogo è provocato dai farisei che chiedono a Gesù “quando sarebbe venuto il regno di Dio”. A mio avviso la domanda è ironica e provocatoria, ovvero si riferiva seriamente alla venuta clamorosa del regno nazionalistico-messianico? Gesù risponde agli interroganti in modo sbrigativo, vale a dire come a gente non disposta lasciarsi convincere: “Il regno di Dio non viene in modo spettacolare; non si potrà dire: eccolo qui, oppure: Eccolo là. Perché il regno di Dio è in mezzo a voi”. Gesù vuole fare rilevare che il regno di Dio si propaga, non in maniera spettacolare con effetti speciali come l’attendevano i farisei, ma senza clamore: tanto è vero che il regno è già in mezzo s loro. Gesù non aggiunse altro a quegli interroganti maldisposti.

Però, data l’importanza dell’argomento, ne riparla rivolgendosi nell’intimità ai suoi discepoli; ai quali disse: “Verrà tempo in cui desidererete vedere anche un solo giorno del Figlio dell’uomo, e non lo vedrete”. I giorni annunciati sono di sofferenza e calamità: in quelle circostanze i discepoli di Gesù desidereranno di vedere uno solo di quei giorni in cui il Figlio dell’uomo viene in potenza, in altre parole dispiegando quella sua forza che gli assicurerà il trionfo finale: eppure quel sospirato giorno, di sopravvento contro le calamità imperversanti, non verrà. Si avranno, invece, falsi annunci, contro i quali Gesù mette in guardia i suoi discepoli: “Eccolo qui, eccolo là”, il sospirato Figlio dell’uomo che torna da trionfatore; tuttavia voi non prestate fede alle ciance: “Non vi muovete, né andatene in cerca”, a tali indicazioni”. “Come infatti il lampo risplende guizzando da un capo all’altro del cielo, così sarà del Figlio dell’uomo nel suo giorno”. Da ciò si evince che il Figlio dell’uomo verrà indubbiamente da trionfatore a compiere la consumazione del regno messianico, ma quel suo giorno sarà repentino e improvviso come la folgore del cielo né alcuno potrà prevederlo; oltre a ciò, quel suo trionfo dovrà essere preceduto dalla sua sofferenza: “Prima però è necessario che egli soffra molto e sia rifiutato da questa generazione”.

I discepoli, nonostante la sicurezza del fatto e unito con l’incertezza del tempo, dovranno stare sempre pronti e non abbandonarsi alla negligenza a cui si abbandoneranno gli altri uomini: “E come avvenne nei giorni di Noè, così sarà anche nei giorni del Figlio dell’uomo. Si mangiava, si bevevo, si prendeva moglie e si andava a marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca; allora venne il diluvio e li distrusse tutti. Lo stesso avvenne nei giorni di Lot: si mangiava, si bevevo, si comprava e si vendeva, si piantava e si costruiva, ma nel giorno che Lot uscì da Sodoma,. Dio fece cadere una pioggia di fuoco e zolfo e li distrusse tutti. Così sarà nel giorno in cui il Figlio dell’uomo si rivelerà”.

Ecco perché tanti, tantissimi, saranno coloro che nel giorno del Figlio dell’uomo penseranno a tutt’altro che a lui e al suo trionfo; questi tantissimi staranno tenacemente attaccati al mondo che tuttora li avvolge, e non si accorgeranno del mondo nuovo che sopraggiunge: come appunto la moglie di Lot al tempo del cataclisma era ancora attaccata col desiderio alla sua casa di Sodoma, e fu uccisa da questo suo attaccamento che la fece rivolgersi indietro: “In quel giorno chi sarà sulla terrazza e avrà i suoi arnesi in casa, non scenda a prenderli; e chi sarà in campagna, non torni indietro. Ricordatevi della moglie di Lot. Chi cercherà di conservare la propria vita la perderà, e chi la perderà la salverà”. Quindi l’avvento glorioso del Figlio dell’uomo, essendo repentino e imprevisto, esige che tutti siano staccati da tutto, perfino dalla propria vita, onde seguire immediatamente il trionfatore apparso. Il distacco sarà il criterio di discriminazione per selezionare coloro che seguiranno il trionfatore: “Vi dico: In quella notte due persone si troveranno nello stesso letto; uno sarà preso e l’altro lasciato; due donne staranno a macinare nello stesso posto: una sarà presa e l’altra lasciata”. Fatta la discriminazione, coloro che saranno presi dove andranno? Evidentemente presso il trionfatore apparso. I discepoli interrogarono Gesù dicendogli: “Dove Signore?” A quest’ultimo punto Gesù non rispose, si limitò a fare rilevare come i prescelti si raccoglieranno spontaneamente da tutto il mondo attorni al trionfatore, con la stessa rapidità con cui gli avvoltoi si raccolgono attorno alle carcasse dei morti.

Riassumendo in poche parole l’intero dialogo, troviamo che Gesù ha parlato del regno di Dio ai farisei e ai discepoli. Ai farisei egli ha confermato che quel regno è un fatto, non mirabile o splendente di luce abbagliante, ma pure realissimo, tanto che è già in mezzo a loro: è quindi la predicazione stessa di Gesù, simboleggiata nella stessa maniera per mezzo delle parabole. Ai discepoli Gesù ha parlato di una nuova venuta del Figlio dell’uomo, destinata al trionfo palese di lui ed alla consumazione del regno messianico: essa sarà repentina ed imprevista, e poiché deciderà circa la sorte degli eletti e dei riprovati, tutti dovranno tenersi pronti con distacco assoluto da ogni bene presente. Si tratta dunque della parusia di Gesù Cristo glorioso, che instaurerà il regno di chiara e universale giustizia e che costituisce l’ultimo risultato della predicazione di Gesù, presentata poco prima ai farisei egualmente come regno di Dio.

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