Vangelo di Marco – Cap 16

Peter Paul Rubens - Resurrezione di Cristo

L’annuncio della risurrezione
Cap. 16,1-8

*Passato il sabato, Maria Maddalena, Maria di Giacomo e Salome comprarono aromi per andare a ungerlo. *E di buon mattino, il primo giorno della settimana, vennero al sepolcro al levar del sole. *Dicevano tra loro: Chi ci rotolerà via la pietra dell’ingresso del sepolcro? *Ma riguardando videro la pietra rimossa, ed era molto grande. *Ed entrate nel sepolcro, videro un giovane, seduto a destra, vestito di bianco e si spaventarono. * Ma egli disse loro: Non temete. Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso; è risorto, non è qui; ecco il luogo dove l’avevano deposto. *Ma andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro che egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete come vi disse. *E quelle , uscite, fuggirono dal sepolcro, perché erano sconvolte dallo spavento, e dalla paura non dissero nulla a nessuno.

Il racconto della risurrezione, è narrato con gran sobrietà. Alcune donne, tra cui Maria di Magdala, Maria madre di Giacomo e Salome, si erano già incamminate dalla città di buon’ora per recarsi al sepolcro. Dal momento che tutti e quattro i Vangeli concordano nell’affermare che il primo annuncio della risurrezione è stato affidato alle pie donne, fermiamoci a conoscere più da vicino questa presenza femminile accanto a Gesù. Queste donne le abbiamo incontrate (omettendo il viaggio dalla Galilea fino a Gerusalemme) al Golgota: “C’erano alcune donne, che stavano ad osservare da lontano, tra le quali Maria di Magdala, Maria madre di Giacomo, e Salome, che lo seguivano e servivano quando era ancora in Galilea, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme” (Mc.15,40-41).

Esse erano presenti anche al momento della sepoltura: “Intanto Maria di Magdala e Maria madre di Giacomo stavano ad osservare dove veniva deposto” (Mc.15,47). La loro è stata una presenza discreta, quasi in disparte. Ma è una presenza! Dei discepoli di Gesù nemmeno l’ombra, di loro era stato detto: “Tutti allora, abbandonandolo, fuggirono” (Mc.14,50).

Per Marco, queste donne, sono le vere discepole. Loro hanno portato avanti fino alla fine tutto ciò che Gesù aveva chiesto ad ogni discepolo. Facciamo attenzione ai verbi che ci presentano l’identikit di queste donne, in maniera di capire meglio perché sono le destinatarie dell’annuncio pasquale: loro “seguono” Gesù, “stanno” con lui da quando lo hanno incontrato in Galilea, “servono” come lui serve, “salgono” con lui sul monte Golgota. In una sola riga Marco ha concentrato tutte le esigenze della sequela che sono sparse un po’ qua e un po’ la in tutto il suo Vangelo. Quattro verbi profondamente di chiamata e di risposta: seguire, servire, stare, salire. Possiamo aggiungere altri due verbi fondamentali nella loro vita di discepole e nell’esperienza pasquale: vedere, contemplare.

Restando vicino alla croce contemplano ciò che è avvenuto al loro Maestro. Ripeto con forza ed energia interiore: non esiste altro significato dell’essere sotto la croce se non arrivare ad un’autentica professione di fede che porta a conoscere, riconoscere e seguire Gesù. Il loro vedere al sepolcro è progressivo come a farci incontrare uno sguardo invitato ad andare oltre all’apparenza e capace di andare sempre più in profondità. Anzitutto le donne sono protagoniste di un vedere diretto e immediato: “Entrate nel sepolcro, videro un giovane vestito d’una veste bianca”. Poi c’è un vedere mediato dal giovane e capace di orientare il loro sguardo: “Guardate il luogo dove l’avevano deposto”. Finalmente c’è una promessa che dà significato al loro desiderio: “Egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto”.

C’è una domanda nel cuore di queste donne: “Chi ci rotolerà via la pietra dall’ingresso del sepolcro?” (Mc.16,3). Per ben tre volte Marco ha rilevato la presenza della pietra che chiude il sepolcro: un gran masso è stato fatto rotolare all’entrata del sepolcro, le donne si chiedono chi lo farà rotolare via. Poi loro si accorgeranno che la pietra non c’è più. Quanta pesantezza in poche righe. Questa pietra, nominata per ben tre volte in poche righe, dà proprio il senso del limite e dell’impossibilità. Come ci pesa addosso! Marco ha costruito la frase per farci comprendere come quell’enorme pietra, benché fosse molto grande, era già stata rotolata via. E’ un modo per affermare che dove è stato impossibile umanamente spostare qualcosa, è intervenuto Dio: è Dio che ha rotolato via la pietra e ha fatto uscire suo Figlio dalla terra dei morti attraverso il sepolcro aperto.

E’ Lui che ha fatto risorgere Suo Figlio. Questo è il motivo perché il sepolcro è vuoto. Tutto il brano converge verso la scena all’interno del sepolcro dove le donne incontrano il giovane “seduto alla destra, vestito d’una veste bianca” . La descrizione di questo personaggio, attraverso il linguaggio biblico, ci orienta subito a identificarlo in qualcuno proveniente dal mondo di Dio. Egli è giovane, come giovane è chiunque annuncia il Risorto. E’ seduto alla destra: richiamo alla promessa fatta da Gesù di sedere alla destra del Padre. E’ avvolto in una veste bianca: non è uno sconfitto ma è rivestito di luce, vale a dire che è vittorioso di fronte alla morte. La reazione delle donne riflette la reazione umana davanti alla manifestazione di Dio: ed ebbero paura. Per cinque volte in questi versetti, è presentata la paura delle donne. La reazione non è il timore che coglie di fronte ad un orrore, ma è la paura davanti alla pienezza della manifestazione di Dio. E’ la sorpresa di fronte alla vita nuova proprio dove le donne si attendevano solo l’oscurità della morte. Si tratta del nucleo più importante dei versetti ed è costituito dalle parole del giovane. Sono come tanti piccoli, intensi, annunci.

Primo annuncio: Non temete! Sappiamo dall’A.T. che quando Dio si rivela agli uomini usa espressioni che vogliono rassicurare, infondere fiducia e pace. Quante volte nella Scrittura è usata quest’espressione: Non temere, non aver paura! Il Signore conosce la nostra condizione di persone impaurite, timorose, prede dell’angoscia. Anche Gesù nel Getsemani ha conosciuto la paura. Essa è costitutiva della nostra umanità. Proprio per questo di fronte all’evento della risurrezione possiamo affermare che è tempo di abbandonare ogni timore, poiché la paura più grande dell’uomo – la morte – è vinta per sempre.

Secondo annuncio: Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. E’ risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l’avevano deposto. Come a dire, scacciate la paura del sepolcro vuoto che terrorizza da sempre l’uomo. La condizione di Gesù crocifisso, Gesù morto e sepolto, non è la realtà definitiva nella quale pensarlo e cercarlo. Quella realtà è solo un passaggio. La nuova situazione è la vita.

Ed è per sempre. Dobbiamo sempre rammentarlo anche nelle situazioni più buie dell’esistenza: il venerdì santo è solo un giorno, ma la Pasqua è per sempre! Noi ci troviamo in questo “per sempre”. Queste parole sono la buona notizia, sono il nucleo del Vangelo, su cui, poiché cristiani, ci giochiamo la vita: Gesù di Nazareth, quello che finì in croce, proprio lui in persona è Risorto! Terzo annuncio: Ora andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro che egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto. Le donne sono inviate dai discepoli e da Pietro. Gesù aveva predetto ai discepoli che di fronte allo scandalo della croce non avrebbero retto l’impatto, sarebbero fuggiti, lo avrebbero lasciato solo e rinnegato

Ora il Risorto vuole confermare il suo amore e la sua fedeltà a ciascuno. Prestiamo però attenzione ad un particolare: che bisogno c’è di nominare in particolare Pietro, se già l’annuncio deve essere fatto ai discepoli? L’amore personale del Risorto raggiunge soprattutto chi lo ha rinnegato. Pietro nella notte del processo, ha continuato a dire “non conosco quell’uomo” , ora il Risorto vuole fare giungere proprio a lui questa verità: in pratica io ti riconosco, io ti amo, io ho cancellato il tuo rinnegamento, in altre parole Gesù dona il suo perdono, ecco perché cita il suo nome. E’ come se l’angelo avesse detto: comunicate a Pietro che sono risorto. Così lui si sentirà profondamente perdonato e potrà continuare a seguirmi, dimostrando il suo amore per me. Io ti conosco, Pietro, e mi vedrai di nuovo”.

In particolare l’angelo dà alle donne l’incarico di riferire ai discepoli e a Pietro l’appuntamento di Gesù Risorto in Galilea. Anche quest’annuncio è pregnante di significato: “egli vi precede in Galilea”. Il Risorto precede i discepoli in Galilea, come un pastore che cammina davanti al suo gregge. Lui ricostruirà la sua comunità e la sua chiesa. Marco scrivendo il Vangelo ci ha sempre sorpreso e anche con questi versetti finali sembra non smentirsi: quando pensiamo di aver raggiunto e compreso Gesù, di fatto, Lui è sempre altrove, ci precede sempre.

Gesù attende i suoi discepoli e aspetta anche noi, là dove tutto è cominciato. Ritornare in Galilea significa proprio ritornare all’inizio del Vangelo e alla genesi della nostra esperienza di Lui. E’ necessario riandare là dove è partita la nostra risposta fiduciosa di seguire Gesù. Necessita ripartire da capo. Dobbiamo riascoltare le parole di Gesù, rivedere i suoi gesti, rimetterci alla sua sequela a partire dalla Pasqua, proprio come i discepoli che lo rivedranno in Galilea. La Galilea oltre ad essere il luogo originario dell’esperienza di Gesù con i suoi discepoli, con la gente, è stato anche il luogo in cui Gesù si è scontrato e in cui ha sperimentato il rifiuto degli Scribi e dei Farisei.

In Galilea convivono molte diversità: gente che crede e gente che si oppone, gente a favore e gente contro o anche gente indifferente. La Galilea che portiamo dentro di noi è il luogo di questi contrasti: bene e male, desideri e limiti, fede e dubbio, amore e odio, luce e tenebre. Proprio in questo miscuglio d’opposti potremo vedere il Risorto. Quando ci accorgiamo che attraverso un dialogo, l’atmosfera tesa si rappacifica, o verifichiamo che conflitti interpersonali si risolvono, o impariamo a stare con le nostre paure e limiti, quando troviamo modi alternativi a quelli sempre usati per entrare in relazione con noi stessi o con gli altri…lì il Risorto ci ha preceduto e noi lo abbiamo realmente visto, incontrato, riconosciuto. Oppure quando ci pensavamo arrivati e abbiamo scoperto invece che dovevamo ricominciare, quando abbiamo toccato con mano la nostra umanità e da quella abbiamo deciso di partire, facendo passi piccoli e concreti per lasciare liberare la vita presente in noi, cioè le nostre capacità, i nostri doni…ecco lì siamo tornati in Galilea.

Come sempre accade in Marco, nella conclusione di questi versetti c’è qualcosa di sorprendente. C’è un finale davvero inaspettato. Le donne uscite dal sepolcro “E quelle, uscite, fuggirono dal sepolcro, perché erano sconvolte dallo spavento, e dalla paura non dissero nulla a nessuno” (Mc.16,8).

La prima impressione delle donne dovuto allo sbalordimento le portò a racchiudersi in assoluto silenzio. La narrazione di Marco finisce in questo modo. Però le donne riavutesi dalla prima impressione fecero quanto narrano gli altri vangeli. Ad ogni modo l’annuncio che le donne andavano a comunicare le avrebbe certamente esposte ad accoglienze non troppo piacevoli: il che è un’altra ragione della ritrosia ch’esse ebbero da principio. Infatti, le donne ebbero sempre pessima accoglienza come testimoni della risurrezione di Gesù presso i primi cristiani. Quando le donne tornate dal sepolcro riferirono di averlo trovato vuoto e ripeterono l’annuncio dell’angelo, i loro discorsi furono stimati una ciancia (frottola). Ma anche più tardi, quando gli apostoli e tutta la comunità furono incrollabilmente ed ufficialmente convinti della risurrezione di Gesù, rimase sempre una certa inclinazione a non fare appello a testimonianze di donne, nonostante le apparizioni del Risorto.

Anche Paolo citando alcuni testimoni della risurrezione del Cristo, parla al maschile: di donne neanche l’ombra. E’ probabile però che questo contegno della comunità primitiva ufficiale fosse dettato da un’accorta prudenza, per non dare ai Giudei e a idolatri l’impressione che troppo leggermente si era creduto sull’attestazione di donne fantasiose e visionarie. Purtroppo questa era la realtà della società giudaica del tempo.

Già in altre occasioni l’evangelista aveva dimostrato come, di fronte alla manifestazione straordinaria della potenza di Dio, la reazione era stata di stupore, meraviglia, incomprensione, timore. Ciò che potremmo definire uno sconvolgimento spirituale delle donne davanti alla rivelazione ricevuta presso la tomba, è lo spazio per una riflessione più profonda per entrare nel mistero di Gesù e del suo vangelo. Il finale del vangelo di Marco è un finale aperto: la risurrezione è una notizia troppo grande! Prima di essere diffusa, è necessario che il discepolo abbia superato la paura e lo sconcerto e si affidi alla fiducia che Dio ripone in lui, consegnandogli il messaggio della salvezza. La prima reazione è il timore e il silenzio. Ogni discepolo deve fare questa scoperta: il vangelo prima di essere proclamato deve essere accolto e creduto, in altre parole fatto motivo di vita.

Questo finale aperto ci dice che è proprio una caratteristica del Vangelo rimanere per sempre aperto. Nel confronto con questa buona notizia del Vangelo possiamo vedere trasformate le nostre paure in fiducia, le nostre fughe in sequela, il nostro silenzio in annuncio per altri. E’ il “per sempre” della risurrezione che ci rende nuovi: eravamo assenza di relazioni e ora possiamo essere persone di comunione; eravamo imprigionati nel nostro egoismo, ora possiamo prendere sul serio le necessità degli altri; eravamo chiusi nei nostri problemi piccoli o grandi, ora possiamo guardare un po’ più in là di noi.

Anche questo finale a sorpresa, ci conferma che l’esperienza più grande e sconvolgente come la risurrezione, passa attraverso la nostra esperienza umana: il Risorto non ci toglie le nostre paure, ci dà la possibilità di dire che queste non sono l’ultima parola perché l’unica vera ultima parola è lui Risorto e vivo!

Il cuore della nostra fede è tutto contenuto nelle parole del giovane vestito d’una veste bianca: “Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso; è risorto, non è qui; ecco il luogo dove l’avevano deposto” (Mc.16,6) Questo è il grido pasquale che dal sepolcro risuona per il mondo intero, il grido di vittoria sulla morte. Questo, fratelli e sorelle, è il vero “inizio del vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio” (Mc.1,1). La novità del Risorto è il significato pieno del nostro cammino di discepoli; infatti, noi non seguiamo un sogno, un’illusione, o ancora peggio, un morto. Noi seguiamo una persona viva! Gesù è il vivente! Da lui possiamo imparare a vivere e a morire come lui, per partecipare per sempre alla sua vita.

Le apparizioni e l’ascensione di Gesù
(Conclusione canonica di Marco)
Cap. 16,9-20

*Risorto il mattino del primo giorno della settimana, Gesù apparve dapprima a Maria di Magdala, dalla quale aveva scacciato sette demoni. *Essa andò e l’annunciò a coloro che erano stati con lui e che erano afflitti e piangenti. *Ma quelli, udendo che egli viveva e che era stato visto da lei, non cedettero. *Apparve poi, sotto altro aspetto, a due di loro che erano in cammino per andare in campagna, *e questi, ritornati, l’annunciarono agli altri, ma neppure a loro credettero. *Infine apparve agli undici mentre erano a mensa e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che l’avevano veduto risorto.

*E disse loro: Andate nel mondo intero e annunciate il vangelo a tutte le creature. *Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo; chi non crederà sarà condannato. * E questi sono i miracoli che accompagneranno coloro che credono: scacceranno i demoni nel mio nome, parleranno lingue nuove; *prenderanno in mano i serpenti; e se anche berranno veleno, non ne avranno alcun male; imporranno le mani agli infermi e questi guariranno. *Ora il Signore Gesù, dopo che ebbe loro parlato, fu assunto in cielo, e si assise alla destra di Dio. *Essi se ne andarono a predicare dovunque, con l’aiuto del Signore che confermava la parola coi miracoli che l’accompagnavano.

Sulla conclusione del Vangelo di Marco ci sono diversità d’ipotesi per spiegare la fine così cruda. L’ultimo foglio è andato perduto, oppure realmente Marco termina con il silenzio religioso delle donne. Da parte mia credo che la conclusione di Marco è quella di lasciare aperta la porta dell’evangelo, sta a noi approfondire la conoscenza e avere fiducia in Gesù, il Risorto. Ad ogni modo, la conclusione canonica di Marco è avvenuta alla fine del I° secolo o inizio del secondo, per opera del presbitero Aristione, di cui parla Papia di Gerapoli. Dopo che Maria di Magdala ha annunciato l’avvenuta risurrezione (non creduta, come sappiamo), Gesù, tuttavia, appare ai due che stanno andando ad Emmaus.

Il racconto, relativo all’apparizione di Gesù ai discepoli in cammino verso Emmaus, esercita sempre un certo fascino anche in chi non sa cogliere le sfumature del linguaggio del Vangelo.Non scordiamo, per comprendere appieno il senso di questa parte del Vangelo di Marco, che Gesù profeta riunisce attorno a sé, con l’efficacia del suo insegnamento e dei suoi prodigi, un gruppo d’uomini, per lo più pescatori, associandoli al suo ministero di uomo-Dio. Un progetto d’uomo nuovo, alla maniera di Gesù Cristo, è proposto proprio a loro che lo seguono verso Gerusalemme. Nel Vangelo di Marco, il viaggio storico di Gesù diventa il cammino ideale, la “strada dei discepoli”, che seguono il loro maestro. E rappresenta anche il cammino ideale per ogni credente, proprio perché chi segue Gesù è una persona che ha fatto una scelta radicale, ben ponderata. Tuttavia, può accadere che nell’arco del cammino possono succedere fatti imprevisti o cose che ci lasciano perplessi, o che nascano dubbi e amarezze. I due discepoli lasciano Gerusalemme tristi e delusi per poi ritornarvi commossi, entusiasti, felici e colmi di speranza. Tra l’andare e il tornare c’è di mezzo l’incontro con il pellegrino sconosciuto che sta all’origine del loro mutamento. Noi tutti conosciamo la vera identità del pellegrino, e questo sapere ci crea un clima d’attesa e di partecipazione emotiva alla vicenda dei due discepoli.

Noi umani, immersi nell’ordinaria quotidianità, non vediamo le meraviglie dell’amore di Dio che ci circondano, non sappiamo leggere la Scrittura nella maniera giusta, temiamo che il Dio di Gesù, di cui sentiamo parlare, ci impedisca d’essere felice, di vivere come intendiamo vivere limitandoci la libertà. Quando invece, nel nostro cammino di ricerca faticosa, apriamo gli occhi, per la grazia del Signore Risorto, è in quel momento che scopriamo con stupore e con gioia che Dio ci ama, ci è amico, ci è Padre, che Gesù ci è fratello, che la fede è la chiave della vita veramente umana. Ne consegue un insegnamento prezioso: è basilare conoscere la Scrittura per scoprire l’amore di Dio per l’uomo e la sua lunga storia d’amore per noi tutti che si è dispiegata nella storia della salvezza. Nell’insieme, l’apparizione di Gesù ai due discepoli ci rammenta che noi umani siamo esseri in cammino e bisognosi di significati; che in questo cammino siamo chiamati a riconoscere la Parola di Dio che c’incalza, c’interpella continuamente sulla direzione del nostro viaggio per spiegarcene il senso; che la libertà e la felicità di noi umani consiste nell’accogliere questa Parola, nel non rifiutarla, nell’aprire gli occhi e il cuore al disegno di Dio rivelatoci pienamente nel mistero del suo Figlio Gesù morto e risorto per noi, vivo e operante in mezzo a noi.

Gesù apparve loro in Galilea e, alzate le mani, li benedisse non senza averli rimproverati per non avere creduto alle discepole e ai due di Emmaus. Quindi comunicò loro il comando di “andate nel mondo intero, e annunciate il vangelo a tutte le creature”, inoltre spiegò loro di non preoccuparsi perché scacceranno demoni nel suo nome, parleranno lingue nuove, veleni e serpenti non faranno loro nulla, imporranno agli infermi le mani ed essi guariranno nel nome di Gesù.Penso che a questo punto Gesù, dopo un ultimo sguardo di tenerezza verso i suoi amici più cari, verso coloro che lo avevano seguito seppur con i loro limiti, nei loro tradimenti, nella loro povertà umana fino a quel momento, elevò su di loro le mani per avvolgerli nella Sua eterna benedizione. Fu proprio a questo punto che i suoi piedi si staccarono da terra ed egli iniziò ad innalzarsi verso il cielo. I discepoli tutti lo seguivano con lo sguardo, ma presto Egli entrò in una nube che lo nascose ai loro occhi.

Tutto il destino di noi credenti è compreso in questo verticalità ascensionale di un movimento biunivoco, che va dal basso verso l’alto e dall’alto verso il basso. Quale contributo immenso e misterioso è affidato a tutti i discepoli. Sorge allora un’obiezione: se non è più visibile, come sarà creduto nel mondo, come faremo noi umani a sapere di questa sua presenza? Egli ha voluto rendersi visibile attraverso i suoi discepoli. Sia nel Vangelo sia negli Atti, l’evangelista associa strettamente all’Ascensione il tema della testimonianza: “Di questo voi siete testimoni”. Quel “voi” indica in primo luogo gli apostoli che sono stati con Gesù. Difatti, dopo la Pentecoste, essi non fanno altro che rendere testimonianza a Cristo, proclamando a tutti: “Dio lo risuscitò e noi ne siamo testimoni”.

Anche se questo finale del Vangelo non è di Marco, tuttavia in esso viene ripreso un tema che anche Marco potrebbe sottoscrivere: Gesù risorto fonda la fede della comunità cristiana e per mezzo di essa continua l’annuncio e la manifestazione del regno di Dio.

Indice Vangelo di Marco