Sergio e Elena

Parte sesta

In attesa delle successive serate di preghiera, i ritmi delle nostre giornate, a parte il lavoro d’ufficio di Elena, erano scanditi dalla preghiere di lode mattutina, dalla Messa pomeridiana, dalla preghiera serale e dalla lettura meditata del Vangelo. Eravamo insaziabili della Parola e del Suo insegnamento. Tant’è che una sera Elena mi confessò che aveva provato tormento e inquietudine inizialmente, ma ora era felice, poiché Gesù le aveva ridato la pace. Io risposi dicendole che ogni volta che ci confrontiamo con Gesù veniamo presi da uno stupore incredulo perché i nostri schemi coi quali avevamo vissuto risultavano vuoti, cioè privi di significato. Elena aggiunse al dialogo una verità. Noi eravamo l’esempio di come Gesù non sceglieva le cose grandi, la potenza, la saggezza di questo mondo, la logica o il buon senso che paiono scontati. Il fatto è che noi eravamo stati condotti a comprendere quali sono le vie e i pensieri di Gesù. Lui ci aveva scelto quando versavamo in uno stato di profonda crisi e angoscia perché Lui cerca le cose umili, i cuori affranti e li fa capaci di salvezze che sconvolgono il mondo. Lui sceglie la povertà di un corpo donato per chiederlo come sacrificio più grande per il suo progetto. Lui sceglie il gesto quotidiano di una visita per farsi presente nella vita.

Elena dichiarò come eravamo stati sciocchi, quanti anni buttati attendendo i grandi avvenimenti, i grandi personaggi, i gesti eroici scordandoci della parte migliore, cioè Gesù.

E, aggiunse ancora, che rammaricarsi non serviva a nulla. L’importante era l’aver lasciato alle spalle l’uomo vecchio, il vetusto pensare e forti della nostra debolezza eravamo consapevoli che stavamo plasmandoci con la Parola nella lettura paziente, cercando di vivere con gioia la vita di ogni giorno. Ma ci ponemmo anche una domanda: I parenti, gli amici, i conoscenti, capiranno?

Le citai un pensiero di Origene: Voglia il cielo che capiti anche a me, che ho fede in tali misteri, di essere trattato da pazzo dagli increduli. I fatti stessi e la verità hanno dimostrato chiaramente che io ho creduto non ad una follia, ma alla sapienza.

Nei mesi seguenti, piano piano nacque una comunità di preghiera che da quattro persone divenne in men che non si dica una cinquantina. E’ così che abbiamo conosciuto la gratuità, la generosità, la semplicità, l’umiltà, la totalità dell’amore donato agli altri. Un amore senza condizioni, senza calcoli, senza riserve, che dimentica se stessi a vantaggio del prossimo; un amore paziente e premuroso, non invidioso, geloso, orgoglioso ma calmo e speranzoso: in una sola parola la perfezione dell’amore. Ma avevamo anche capito con Elena che l’uomo non ha di per sé questa perfezione e che non può vivere un tale amore se non vive interiormente Dio e la sua Legge, Legge di amore e di carità. Il fatto è che solo in questa particolare circostanza di vivo sentimento Dio diventa un punto di forza e non di debolezza, un’ancora di salvezza, una luce che illumina e guida; e che può, se l’uomo gli apre il suo cuore, portarlo alla perfezione dell’amore ma non alla perfezione dell’uomo.