Sergio e Elena

Il perdono

Certo sapevamo che era oltremodo difficile perdonare, ma da cristiani dovevamo capire e comprendere cos’è il perdono, e cosa dovevamo fare. Il nostro punto di riferimento come sempre é il vangelo di Gesù coi suoi esempi e i suoi insegnamenti. Gesù è il Maestro che ha perdonato e perdona non solo in nome di Dio e ci tiene a farlo comprendere, ma perdona come Dio e quindi manifesta in se stesso Dio nell’atteggiamento del perdono, di misericordia e quindi non più l’errata conoscenza di colui che giudica, che castiga come un despota l’umanità, ma come un Padre che perdona i suoi figli.

Nei Vangeli c’è un episodio molto significativo in merito. Gesù si trova nella casa di Pietro, sta parlando, e la folla cerca in tutti i modi di entrare alla sua presenza. Alcuni trasportano una barella con un paralitico. La gente è tanta e non riescono a passare per avvicinare Gesù. Pensano così di salire sul tetto della casa, lo scoperchiano e calano la barella all’interno proprio davanti al Maestro. Dal canto suo, Gesù mosso a compassione nel vedere quell’infelice gli dice: “Ti siano rimessi i tuoi peccati”. Cioè ti perdono, Dio ti perdona. Naturalmente i Farisei presenti, furenti e scandalizzati, pensano come sia possibile che un uomo possa affermare una cosa che solo Dio può fare? Tuttavia Gesù fa capire che conosce il loro pensiero ed aggiunge: “Cos’è più facile per me dire che siano rimessi i peccati o dire a questo paralitico prendi le tue grucce e cammina; per farvi comprendere che io posso fare l’una e l’altra cosa: prendi le tue grucce, alzati e cammina”.

L’ammalato piano piano incomincia a muoversi, riacquista le forze, Gesù ha voluto dare un segno esteriore visibile, per far capire cosa avveniva nell’anima di quel poveretto, che era raggiunto dal perdono di Dio e quindi Lui è Dio che perdona, nessuno può vedere il perdono e lo scomparire del peccato, ma tutti possono vedere la guarigione, ecco perché afferma: “Io posso fare una cosa e l’altra”. Poi, in seguito, Gesù perdona l’adultera. E non si tratta di un perdono a buon mercato, Gesù richiede alla donna di non tornare più nel peccato. E altre guarigioni necessitano di perdono: “Va e non peccare più per non ritornare in un danno maggiore”. Gesù perdona anche Pietro, il quale lo ha rinnegato tre volte nelle stessa notte. Con uno sguardo ha fatto comprendere tutto a Pietro che scoppia in singhiozzi disperati. E quanti altri esempi di perdono, la Maddalena, il ladrone pentito.

Sulla croce perdona anche i suoi aguzzini: “Padre, perdona loro perché non sanno quel che fanno”. Vale a dire che non sanno il danno che compiono a se stessi.

Questi sono solo alcuni esempi delle guarigioni di Gesù con relativo perdono. E’ così che comprendemmo, con la Parola e la fiducia in Gesù, che il perdono ridà speranza, reintegra, restaura colui o colei che offende Dio col peccato. Per essere perdonati bisogna perdonare, come ha detto nella sua preghiera che ci ha insegnato: “Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori”.

Cambiò anche il significato del segno della pace durante la Messa. Si tratta di un segno di perdono nello scambiare la mano col vicino augurandogli pace. E’ vero che non costa niente l’augurio perché chi ci sta accanto non ci ha fatto nessun torto, tuttavia è un segno molto importante perché con esso accomuniamo chiunque possa avere espresso giudizi malevoli, tolto il saluto o provato rancore. Capimmo anche la misericordia del Signore. Il Padre rispetta la scelta delle sue creature e tollera con tanta sofferenza che i suoi figli compiano riprovevoli azioni permeate da malefiche convinzioni. Ma Lui è sempre in attesa, ci aspetta, attende i suoi figli, l’umanità tutta che come Adamo ha scelto di fare ciò che voleva anziché ubbidire, vale a dire di non cercarsi un altro Dio all’infuori di Lui, che possa guidare la nostra vita. Ma ecco la tentazione, l’orgoglio di pensare di poterne fare a meno, scegliere ciò che al momento piace, quello che è di gradimento, spingendoci contro la sua volontà. Questo è il peccato, paragonarsi a Lui. In quel preciso istante Dio sopporta la sofferenza dell’umanità, la ribellione della natura, tutte le tragedie, gli enormi drammi e tutto tollera perché rispetta sino alla fine la scelta fatta dall’umanità che ha rifiutato di seguirlo, ma che ha scelto ciò che Lui aveva prospettato e cioè: “Se tu mangerai quel frutto soffrirai, ti distruggerai, morirai”.

Tuttavia, Dio Padre, nella sua misericordia, nella sua infinita bontà, introdusse nella tragedia umana la salvezza, la possibilità di uscire dalla crudele condizione e ritrovare nuovamente la sua amicizia, di essere restituito a ciò che Lui ha voluto per gli esseri umani, la felicità, la gioia di essere accolti e perdonati dal Padre Creatore.

Questo era l’insegnamento di Gesù, e ciò che dovevamo trarre dai suoi Vangeli. Non dovevamo mai scordare che la nostra vita passata era stata perdonata. Riconoscendo i nostri torti, eravamo perdonati oltre misura, venendo riammessi nel suo popolo, manifestando in noi, pur conoscendo le nostre debolezze, pur sapendo che avremmo potuto offenderlo ancora, nondimeno Lui vede la sincerità di cuore, la buona volontà, l’impegno, vede la ricerca di affidarsi a Lui, la necessità della sua grazia, il bisogno del Suo aiuto dal momento che da soli non potremmo concludere niente.

Il fatto è che senza Gesù nessuno è in grado di meritare il perdono, non solo, senza la sua presenza non riusciamo neanche a donare il perdono al prossimo. Ecco quindi che scatta la necessità della preghiera per non ricadere nell’errore. Così come non ci meravigliammo delle difficoltà di giungere a tutte le gradazioni del perdono che iniziano con il non desiderare il male di colui che ci ha offeso, o arrecato danno, eliminando ogni sentimento di vendetta, ma anzi sopportare e dimenticare come Gesù scorda e cancella e il debito viene azzerato. Certo, dimenticare costa, costa far finta di nulla, costa non covare rancore, astio, livore e odio, ma è appunto per questi motivi che dobbiamo supplicare l’aiuto desiderato.

Comprendemmo che ci voleva una grande dose di amore per meritare il perdono e per potere donare il perdono. Dobbiamo amare il nemico, amare coloro che ci arrecano danno, poiché se non amiamo costoro siamo uguali ai “pagani” giacché essi ricambiano il male col male, e noi non possiamo divenire figli del Dio che fa sorgere il sole sui buoni e sui cattivi. Naturalmente se volevamo gustare in questa vita la gioia di cui parla Gesù con le parabole, quella stessa felicità che deve avere gustato anche Lui, dovevamo perdonare assicurandoci il perdono di Dio.

La conseguenza diretta del perdono, fu quella della volontà di non giudicare, ma di essere misericordiosi. Noi cristiani non dovremmo scordare la misericordia, nel senso che mai dovremmo condannare. Il male sì, la persona no. Verso il male dobbiamo essere molto radicali, molto decisi, ma non verso la persona, verso di lei dobbiamo usare la misericordia che tuttavia non significa giustificare, coprire, non avvedersi del male che c’é, perché se questo male è così evidente non possiamo fare gli struzzi e nascondere la testa nella sabbia, ma intervenire con la forza morale dell’amore ricevuto da Gesù.

Quindi anche nel parlare, nel riferire c’è qualcosa di questo condannare, di questo giudicare, il favorire un certo pettegolezzo, esprimersi senza riflettere, senza attenzione, scordando amore, carità, giustizia, rispetto nei confronti di Gesù perché ci arrogheremmo il diritto di giudizio che è solamente suo, perché il Figlio di Dio è Via, è Verità, è Vita, è la luce del mondo e conosce nell’intimo ed ha chiara la situazione delle persone, quindi anche dei peccatori.