Vangelo di Marco – Cap 2

Le cinque controversie

Gesù guarisce il paralitico - Giovanni Antonio PellegriniPrima controversia
Cap. 2,1-12: Il paralitico e la remissione dei peccati.

*Dopo alcuni giorni rientrò a Cafarnao, e si seppe che era in casa. *E si radunò tanta gente che non si poteva più accedere neppure all’ingresso. Ed egli annunciava loro la parola. *E vengono quattro uomini reggendo un paralitico per presentarglielo. *Non potendo portarglielo davanti a causa della folla, scoprirono il tetto dalla parte dove egli si trovava e, fatta un’apertura, vi calarono il lettuccio dove giaceva il paralitico. *E Gesù, veduta la loro fede, dice al paralitico: Figlio, ti sono perdonati i peccati. *Ma c’erano alcuni scribi là seduti e ragionavano dentro di sé: *Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può perdonare i peccati se non Dio solo? *Allora Gesù, resosi subito conto nel suo spirito che così ragionavano nel loro intimo, dice loro: Perché fate questi ragionamenti dentro di voi? *Che cosa è più facile, dire al paralitico: Ti sono perdonati i peccati, oppure dire: Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina? *Ora, affinché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra, dice al paralitico: Io te lo dico, alzati, prendi il tuo lettuccio e và a casa tua. * Quello si alzò e subito, preso il suo lettuccio, se ne andò davanti a tutti.

Il brano del vangelo che abbiamo letto ci porta a Cafarnao, nella casa di Pietro e di Andrea, scelta da Gesù come sua abitazione. C’è come una strana euforia in città: giovani e anziani, uomini e donne, sani e malati, in tanti si dirigono verso quella casa. Nei loro volti si legge la voglia di star bene e di essere finalmente felici. Anche se solo un gruppo riesce ad entrare, il clima è in ogni caso di festa. La presenza di Gesù allarga sempre il cuore alla speranza, crea tranquillità e gioia. Sembra che costoro vivano le parole del profeta: “Non ricordate più le cose passate…Ecco faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?” (Is.43,18-19). In verità quelle persone si erano accorte che stava sorgendo una cosa nuova.

E, infatti, la loro attenzione si era rivolta verso quel giovane profeta. La prima considerazione che mi viene da pensare e che mi chiedo: non dovrebbe essere così per ogni nostra parrocchia, per ogni nostra chiesa, per ogni nostra comunità? Non dovrebbe essere il cuore di ciascuno di noi come una porta per chiunque ha bisogno di amore e di sostegno? Il brano parla di quattro amici che portano un uomo malato davanti a Gesù. E questo mi sembra suggerire una seconda considerazione, a noi, spesso distratti ed egocentrici, che i malati e i poveri hanno bisogno che qualcuno li aiuti, che stia loro vicino, che s’interessi davvero della loro vita e della loro condizione. La situazione è drammatica dal momento che vi è un tale accorrere e pigiarsi della folla che gli ammalati non possono più raggiungere Gesù.

Ecco allora lo stratagemma dei quattro amici del paralitico: sfondano il tetto e calano il malato davanti a Gesù. Operazione piuttosto facile poiché si tratta di un’abitazione palestinese ad un solo piano con un terrazzo fatto di frascume e fango, che si può facilmente rimuovere. Davvero l’amore non conosce ostacoli, fa scovare strade anche le più impensate! Così il paralitico è posto al centro della casa. Per la gente è il centro fisico, per Gesù diviene il centro delle sue attenzioni. Il povero malato che nella speranza della guarigione si era lasciato trasportare in quel modo, si sente dire parole inaspettate: “Figlio, ti sono rimessi i peccati”.

La terza considerazione da fare è che l’uomo è inesauribile nel peccato, ma Dio lo è ancora di più nel perdono. L’incarnazione del suo Unigenito e l’opera redentrice di lui sono la testimonianza più chiara. Gesù ha mostrato in mille modi quanto Dio ami perdonare; anzi ha perfino anticipato il perdono prima che fosse chiesto. E’ il caso del paralitico della narrazione che stiamo meditando. Per l’ammalato, con ogni probabilità, non erano i peccati che lo preoccupavano in quel momento, ma la sua infermità.

Eppure è questo il primo miracolo che Gesù compie in lui: lo libera dal peso delle colpe che inceppano il suo spirito più di quanto la paralisi impedisca le sue membra. Ma l’invidia acceca. Tra i presenti ci sono degli scribi che pensano che quell’uomo aveva solo bisogno di salute, non di perdono, per il semplice motivo che “chi può perdonare i peccati se non Dio?” Allora per fare comprendere che tale gesto non è arbitrario, il Signore aggiunge con autorità: “affinché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere di rimettere i peccati sulla terra, dico a te, alzati, prendi il tuo letto e và a casa tua”.

La guarigione del corpo attesta la remissione dei peccati, è il segno esterno, controllabile da tutti, del perdono concesso, e nello stesso tempo dimostra la magnanimità del perdono di Dio il quale non solo distrugge i peccati dell’uomo, ma lo benefica in modo meraviglioso. Fratelli e sorelle, il paralitico aveva bisogno, come ciascuno di noi, di perdono e di guarigione. Del resto a che serve la salute fisica se si è cattivi nel cuore? A che serve guadagnare il mondo intero, se poi si perde l’anima?

Eppure il mondo è giunto sino a coniare quel povero e ridicolo detto: “Quando c’è la salute c’é tutto!” Il perdono dei peccati è iniziativa della misericordia infinita di Dio che cerca tutte le vie per salvare l’uomo, creatura del suo amore. Dio è fedele; ha voluto la salvezza dell’umanità e l’ha attuata in Gesù, il Cristo; in lui le sue promesse sono divenute realtà. Ecco il motivo per cui l’uomo deve decidersi a rispondere con la fedeltà alla fedeltà di Dio, col suo “sì” al “sì” di Lui.