Vangelo di Marco – Cap 1


Giovanni Domenico Tiepolo - Predicazione di Giovanni Battista

Capitolo 1,1-8

*Inizio dell’evangelo di Gesù Cristo, Figlioli Dio. *Come sta scritto nel Libro del profeta Isaia: Ecco, io mando il mio messaggero dinanzi a te a prepararti la via. *Una voce grida nel deserto: Preparate la via del Signore, appianate i suoi sentieri. *Giovanni stava battezzando nel deserto, e predicava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. *Accorrevano a lui da tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme, e si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. *Giovanni portava un vestito di peli di cammello, con una cintura di cuoio intorno ai fianchi, si nutriva di locuste e di miele selvatico. *predicava dicendo: Dopo di me viene uno che è più forte di me e al quale io non sono degno di chinarmi per sciogliere i lacci dei suoi sandali. *Io vi battezzo nell’acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo.

L’azione misteriosa di Dio si fa storia e assume i ritmi della storia. Ha un inizio preciso e si svolge fino al suo compimento. Non è l’inizio di un libro o di una predica su Gesù Cristo, il Figlio di Dio, quello che evidenzia Marco nella prima frase del suo scritto, ma il primo avvio e il maturarsi storico di un avvenimento decisivo per tutta la storia umana. E’ l’inizio del “vangelo” che ha per protagonista e punto focale Gesù Cristo.

“Come sta scritto..” Egli ci parla di Giovanni il Battista. Avrebbe potuto cominciare dicendo: In quel tempo lungo il Giordano, si presentò Giovanni Battista. Invece il Vangelo di Marco inizia dal passato, con una meditazione profonda, e così facendo invita tutti noi a riflettere in profondità.

Giovanni è il banditore che prepara la strada per il “Signore”, che si mette alla testa di tutti gli esuli per condurli alla liberazione definitiva. Marco ha dato questo significato profetico e anticipatore alle parole e ai gesti di Giovanni il Battista nel deserto della Giudea, nei pressi del Giordano. Si tratta dell’invito ad un cambiamento radicale di vita, espresso pubblicamente mediante un gesto simbolico d’immersione nell’acqua mentre si ricordano le infedeltà tradizionali del popolo d’Israele, delle quali si rendono solidali i penitenti.

Il gesto simbolico di Giovanni è interpretato con una terminologia chiaramente cristiana. Infatti, dietro a questa rilettura c’è la ferma convinzione che con la predica e l’azione di Giovanni nel “deserto” è iniziato il tempo decisivo della salvezza portata dal “Signore”. Essa richiede un nuovo orientamento di tutta la propria esistenza, con la certezza che Dio può cambiare radicalmente il passato in forza delle sue promesse di perdono e purificazione.

Lo stesso Giovanni con la sua foggia del vestire e nello stile di vita rievoca le figure austere degli antichi profeti, suscitando una vasta reazione popolare. L’immagine del “più forte” evoca le antiche speranze messianiche dell’eroe divino che in maniera efficace e coraggiosa interviene nella storia per liberare gli oppressi.

L’eccezionale dignità di “colui che viene dietro” fa saltare completamente lo schema del rapporto maestro-discepolo. Il salto qualitativo tra il compito del profeta e quello del Messia è espresso da una nuova antitesi: battesimo mediante l’acqua, battesimo mediante lo Spirito Santo.

Una prima riflessione personale che dobbiamo porci è: Che cosa devo fare della mia vita? Un’altra domanda che dobbiamo porci è: Ascolta il vangelo e cerca di capire come Gesù è in rapporto con Dio e come Dio è stato in rapporto con Gesù. Questo è decisivo per la nostra vita: Non le azioni e le nostre scelte, ma che Dio ci salva.

La grandezza massima della nostra vita viene da Dio. Ecco perché Marco inizia il suo vangelo con i versetti dicendo: “Ecco, io (Dio), mando il mio messaggero (Giovanni il Battista) davanti a te che sei Gesù. Lui, Giovanni, ti preparerà la strada, lui sarà voce di uno che grida nel deserto: preparate il cammino per il Signore”.

Notate il rapporto tra il Padre e Gesù, è un punto decisivo. La frase è bellissima, la traduzione corretta sarebbe non “preparate la strada del Signore”, ma “preparate la strada per il Signore”. Non semplicemente la strada che piace al Signore, ma la strada in cui il Signore viene a camminare. Giovanni Battista prepara il cammino che Gesù farà, ma è il cammino che Dio viene a fare con il suo popolo. Questa è la chiave di lettura dei primi versetti.

Capitolo 1,9-13

*In quei giorni Gesù venne da Nazareth di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. *E uscendo dall’acqua vide il cielo aperto e lo Spirito discendere come colomba su di lui. *E dal cielo si fece sentire una voce: Tu sei il Figlio mio, il diletto, in te mi sono compiaciuto. *Subito lo Spirito lo spinse nel deserto. *E rimase nel deserto quaranta giorni, tentato da satana; e stava tra le fiere e gli angeli lo servivano.

Il Vangelo di Marco inizia con un titolo scarno, ma preciso, circa l’identità di Gesù: “Inizio del vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio”. Segue poi la presentazione di Giovanni il Battista e il racconto del battesimo di Gesù. Si tratta indubbiamente di un fatto storico, Gesù è battezzato da Giovanni il Battista. Ci sono pochi passi nel vangelo importanti come questo, perché in tutto ciò che accade il Padre parla a suo Figlio che sta iniziando il cammino e gli dice quelle bellissime parole e al tempo stesso terribili. Marco non narra nulla dell’infanzia di Gesù. Egli lo mostra già adulto mentre è battezzato nel fiume Giordano, e mentre riceve ufficialmente dal Padre il mandato per la sua missione di salvezza. Si dimostra che Gesù è il vero Figlio di Dio, incaricato dal Padre di salvare gli uomini di tutti i tempi.

“Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto”. L’espressione dell’evangelista è costituita da due parti: la presentazione che il Battista fa di Gesù e la narrazione del battesimo di Gesù. Il senso è chiaramente isaiano e prelude alla passione del Messia. Nella trasfigurazione la voce dal cielo lo presenterà a pochi intimi come Figlio, tuttavia Marco ci fa comprendere che gli uomini possono riconoscerlo come Figlio solo se accettano il calvario.

Facendosi battezzare, Gesù riceve ufficialmente l’investitura messianica; lo Spirito Santo discende su di lui. Il battesimo inaugura la sua vita pubblica e contiene in potenza tutto l’itinerario che egli dovrà percorrere. La sua opera sarà quella del Servo, quella dell’Agnello di Dio che libera il mondo dalla schiavitù del peccato. Ecco perché questo primo battesimo riceverà il suo vero significato solo nel giorno del battesimo della morte: “Devo ricevere un battesimo, e quale non è la mia angoscia fino a quando non sia consumato” (Lc.12,50).

Questo battesimo nella morte stabilirà Gesù come primogenito del vero popolo di Dio, come la pietra angolare di un mondo nuovo. Per incorporarsi all’edificio del regno, ogni essere umano è invitato a ricevere, in un vincolo con Gesù, il battesimo nello Spirito Santo.

Tutto ciò è il cuore del Vangelo di Marco e il cuore del cristianesimo.

Ora chiudiamo gli occhi e proviamo ad immaginare, immedesimandoci, nel luogo del battesimo. Pensiamo al fiume Giordano che scorre lentamente sotto il sole cocente della valle per lo più desertica che prende il suo nome. Qualche rara pianta fa capolino tra la folla che attende il turno per presentarsi al Battista. Tra questi vi è Gesù. Cammina lentamente, andando avanti.

Si avvicina in silenzio e ascolta la voce stentorea di Giovanni il penitente del deserto. Gesù è fra i tanti, proprio come se si trattasse di uno che doveva mondarsi per prepararsi per la venuta del Messia. E’ confuso nella folla, popolano tra i popolani. Tuttavia, Giovanni avverte qualcosa , forse un’emozione spirituale speciale. Osserva chi gli si fa incontro e individua la fonte del turbamento che gli procura un fremito. Proviamo a percepire la tensione.

Colui che doveva preparare la via del Signore, se lo trova dinanzi. Gli sguardi s’incrociano fissandosi un attimo, solo i cuori emettono parole e sentimenti. Il Battista, dopo quegli istanti interminabili ed estasianti, esclama: “Ecco l’Agnello di Dio. Com’è che viene a me viene il mio Signore?” Gesù risponde: “Per compiere il rito di penitenza”. Quindi il cielo si aprì e lo Spirito Santo scese su Gesù sotto forma di colomba.

Dal cielo poi venne una voce: “Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto”. La frase sottende molti brani dell’A.T., come abbiamo già detto, soprattutto il Salmo 2. Ma qui la tonalità si fa più intima, è più sull’affettuoso. Forse perde in solennità, ma acquista in tanta tenerezza.

Un commentatore che sa rendere stupendo il messaggio evangelico, potrebbe scrivere: “E in quel momento la Trinità danzò di felicità”. Tutti noi siamo battezzati nella morte e resurrezione di Gesù. Col battesimo diventiamo tutti figli di Dio nell’unico Figlio Gesù. Col battesimo che riceviamo al fonte battesimale il Padre partecipa in Cristo Gesù la sua stessa natura divina. Noi siamo realmente figli di Dio e non solo per modo di dire. Poiché formiamo una sola cosa con Cristo, anche su di noi il Padre pronuncia quella frase piena d’intimità, amore e tenerezza. Su ciascuno di noi Egli dice: “Tu sei il mio figlio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto”. Così che anche per noi quel possibile commentatore potrebbe scrivere: “E in quel momento la Trinità danzò di felicità”.

Poi lo Spirito lo mandò nel deserto.

L’episodio è contraddistinto dalle tre tentazioni. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, ebbe fame. L’avversario allora gli si accostò e gli disse: -“Se sei Figlio di Dio, dì che questi sassi diventino pane”. Gesù rispose: “Sta scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo, ma d’ogni parola che esce dalla bocca di Dio”.

Allora l’avversario lo condusse con sé nella città santa, lo depose sul pinnacolo del tempio e gli disse: -“Se sei Figlio di Dio, gettati giù, poiché sta scritto: Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo, ed essi ti sorreggeranno con le loro mani, perché non abbia ad urtare contro un sasso il tuo piede”. Gesù rispose: “Sta scritto anche: non tentare il Signore tuo Dio”.

Di nuovo l’avversario, il tentatore, lo condusse con sé sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo con la loro gloria e gli disse: -“Tutte queste cose io ti darò se, prostrandoti, mi adorerai”. Ma Gesù rispose: “Vattene, satana! Sta scritto: Adora il Signore Dio tuo e a lui solo rendi culto” .

Anche se Marco non le cita direttamente, noi le tre tentazioni le abbiamo ricordate. Perché Gesù le ha vinte per noi, per ogni uomo e ogni donna della terra, e il tutto è denso di significato molto importante per la storia dell’umanità. Queste tre domande, sono tali che non solo corrispondono alla grandezza dell’evento in sé, ma esprimono in tre sole parole, in tre di sole frasi tutta la storia del mondo e dell’umanità.

Pensiamo forse che tutta la sapienza della terra riuscirebbe ad escogitare qualcosa di paragonabile, per forza e per profondità, a quelle tre domande che realmente furono proposte, quel giorno, nel deserto, dal possente e penetrante spirito maligno nella terra assetata? Se ben ci pensiamo, in queste tre domande è riassunta in blocco e predetta tutta la futura storia umana. Esse rappresentano un simbolo di tutte le tentazioni umane. Delle crisi, delle sofferenze dell’umanità. Gesù si avvia nel deserto per lasciarsi tentare da satana e inizia un periodo di quaranta giorni di digiuno.

Quaranta giorni che evocano la marcia eroica, al limite delle forze, estenuante, del popolo d’Israele che cammina nel deserto. Il deserto è il luogo della solitudine, dello smarrimento, della fame, ed è pure il luogo del silenzio e della preghiera. Gesù si rifugia nella solitudine e vive il digiuno, la penitenza, l’austerità, la fatica, la preghiera, il silenzio.Ma il deserto è anche luogo dove si compiono delle scelte, perché l’uomo è posto di fronte alle domande esistenzialmente più drammatiche. Gesù sta per iniziare la sua vita pubblica e, in occasione di questo lungo ritiro in silenzio e in solitudine vuole decidere il suo programma: non penserà a sé, non si preoccuperà del suo corpo, non approfitterà del suo potere miracoloso, ma sarà il messia umile, obbediente, ascoltatore della parola di Dio.

In Marco il brevissimo episodio del deserto inerente alle tentazioni di Gesù, è tuttavia carico e ricco di simboli e d’allusioni, come abbiamo visto. Gesù è posto al centro della narrazione; lo Spirito lo sospinge (non solo lo conduce); infine c’è satana; poi le fiere e gli angeli. In poche righe sono descritti il cielo, l a terra, l’inferno, ed è raro che nei testi evangelici ci sia una simile ricchezza di personaggi terrestri, infraterrestri, uomini e animali. A tutto ciò va aggiunto che chiunque ascolta queste parole, e chiunque le vive, diventano in tutto e per tutto personaggio del racconto.

Capitolo 1,14-19

*Poi, quando Giovanni fu messo in prigione, Gesù venne nella Galilea e predicava l’evangelo di Dio dicendo: Il tempo è compiuto, il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete all’evangelo. *E mentre camminava lungo il mare di Galilea vide Simone e Andrea suo fratello che gettavano le reti in mare, perché erano pescatori. *E Gesù disse loro: Venite con me, io vi farò pescatori di uomini. Ed essi, lasciate all’istante le reti, lo seguirono. * E avanzatosi un poco vide Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, anch’essi nella barca a rassettare le reti. *Subito li chiamò ed essi, lasciando il loro padre Zebedeo nella barca coi garzoni, lo seguirono.

In questa breve sintesi Marco utilizza il linguaggio della catechesi cristiana: Vangelo di Dio, convertirsi e credere. Pare, a prima vista, che il modo di rappresentare l’attività di Gesù non differisca molto dal modo usato da Matteo, tuttavia ha delle precisazioni molto espressive. Anzitutto la dichiarazione: “Il tempo è compiuto”. Vale a dire che è passato il tempo delle promesse e dell’attesa: il Messia è venuto e sta iniziando il suo ministero. In altre parole è la sua presenza che colma i tempi rendendoli veicolo della misericordia di Dio Padre e storia della salvezza. Per questo motivo “il regno è vicino”, però non è ancora realtà completa, bensì in fase d’attuazione; la vicinanza diventerà presenza attuale, possesso personale quando l’uomo, accogliendo l’invito di Gesù avrà realizzato in sé le condizioni necessarie per entrarvi.

Condizione primaria è la conversione, il cambiamento profondo della vita che esige anzitutto la lotta contro il peccato, la ripulsa di tutto ciò che fa deviare dall’amore e dalla legge di Dio. Conversione simile a quella che Dio aveva chiesto a Ninive per mezzo di Giona e che i Niniviti accolsero abbandonando la loro condotta perversa (Giona 3,10). Questa è la condizione richiesta per prendere parte a questa nuova possibilità, in pratica la decisione di cambiare, di convertirsi, e il coraggio di rischiare la vita su questa offerta annunciata: credere nel Vangelo. Una rottura con le paure e le schiavitù del passato e un’apertura piena e liberà al nuovo futuro offerto da Dio.

E’ necessario aderire positivamente al vangelo con una fede vivificata dall’amore che non si accontenta di accettarlo in teoria, ma lo traduce in esistenza, lo mette in pratica. E’ quindi necessario deporre quella mentalità terrestre per cui l’uomo vive e agisce unicamente in vista d’interessi e felicità temporali. “Passa la figura di questo mondo” (1 Cor. 7,31) ci ammonisce San Paolo; non è cristiano attaccarsi al mondo come ostriche allo scoglio.

Occorre farsi una mentalità evangelica capace di produrre desideri, intenzioni, abitudini, comportamenti del tutto conformi al vangelo di Gesù. Ciò è urgente giacché “il tempo ha avuto una svolta”, determinata appunto dalla venuta di Gesù perciò ora non resta che una fase della storia: quella che separa l’oggi dalla venuta finale di Gesù Cristo. Il tempo ormai non ha che un senso solo: ritmare il passo dell’uomo, come individuo e come comunità, nel suo cammino verso l’eterno.

Nell’annuncio di Gesù è concentrata tutta la serietà e l’urgenza della parola di Dio come risuonava negli oracoli dei profeti. Ma ora essa non permette più rimandi cavillosi, né astuti compromessi, perché si presenta con la concretezza di una persona: il regno di Dio è qui, ora, in Gesù, il Cristo. Pace, felicità, salvezza caratterizzano l’irrompere del regno di Dio nei cuori e nella storia. E’ concluso il tempo dell’attesa, il tempo è compiuto, il momento è decisivo, l’occasione propizia e favorevole è giunta. Nella parola e nell’azione di Gesù si fa vicino il regno di Dio. Esso è qui ora, a portata di mano, come reale possibilità offerta a tutti, di liberazione, di giustizia, di pace e felicità. “Il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al Vangelo”.

L’annuncio è rivolto a tutti, e tutti sono invitati a “cambiare”. Ma qualcuno riceve un invito particolare: un invito pressante e impegnativo, perché si tratterà di lasciare tutto per un ideale che non è ancora ben chiaro: ecco gli apostoli, che accoglieranno in maniera sempre più definitiva l’invito di Gesù. Infatti, i primi discepoli incontrarono Gesù mentre erano intenti alla loro occupazione quotidiana di pescatori nel lago di Galilea. Senza essere preparati, e con scarsa deliberazione, essi lasciano le loro occupazioni e le loro famiglie per seguire Gesù, e la risposta immediata dei primi discepoli – “Subito” – indica quanto doveva essere attraente l’invito a restare con Gesù.

Ma essere discepoli implica anche la partecipazione alla missione di Gesù – “Pescatori di uomini” – e anche questa dimensione è evidenziata fin dal principio. Il modo in cui Gesù chiama i suoi discepoli al suo seguito è caratteristico dello stile nuovo che il giovane rabbi vuole imporre ai suoi. Non convoca attorno a sé, come facevano i rabbini e capiscuola del suo tempo, ma invita a seguirlo. Non è dunque un maestro di pensiero seduto alla sua cattedra e che riunisce ferventi uditori ai suoi piedi, ma un rabbi itinerante, in cammino incessante per andare dal più povero e dal più lontano. E’ precisamente ciò che Gesù esige ancora oggi dai suoi: gente che “fa”, che opera, che si pone a servizio dei più poveri, generosamente, con amore.
Capitolo 1,21-39

*Ed entrano in Cafarnao e subito, il sabato, entrato nella sinagoga, si mise ad insegnare. *E si meravigliarono del suo insegnamento, poiché insegnava loro come chi ha autorità e non come gli scribi. *Ora, c’era nella loro sinagoga un uomo posseduto da uno spirito immondo, il quale urlò dicendo: *Perché ti intrometti, Gesù nazareno? Sei venuto per distruggerci. So chi sei, il Santo di Dio! *Ma Gesù gli intimò: Taci ed esci da costui. *Allora lo spirito immondo, contorcendolo e gridando a gran voce, uscì da lui. *E tutti rimasero stupiti tanto da interrogarsi l’un l’altro: Che è mai questo? Un insegnamento nuovo dato con autorità! Comanda anche agli spiriti immondi e gli obbediscono. *Così la fama di lui si diffuse dovunque in tutta la regione della Galilea. *Uscito dalla sinagoga, andò nella casa di Simone e Andrea, insieme con Giacomo e Giovanni. *Ora la suocera di Simone era a letto febbricitante. Subito gli parlarono di lei. *Egli, accostatosi, la prese per mano e fattala alzare, la febbre la lasciò, ed essa si mise a servirli.
*E venuta la sera, dopo il tramonto del sole, incominciarono a portargli tutti gli ammalati e gli indemoniati. *E davanti alla porta si era radunata tutta la città. *Egli guarì molti colpiti da variate malattie, scacciò molti demoni e non permetteva ai demoni di parlare, perché essi lo conoscevano. *L’indomani, quando era ancora molto buio, egli si alzò e se ne andò in un luogo solitario e là pregava. *Ma Simone lo seguì con quelli che erano con lui *e, trovatolo, gli dissero: Tutti ti cercano. *Rispose loro: Andiamo altrove, nei villaggi vicini, affinché predichi anche là, perché sono venuto per questo. *E andò per tutta la Galilea predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demoni.

Marco ci presenta nei dettagli la cronaca di una giornata tipo di Gesù. Ci troviamo a Cafarnao, un villaggio di pescatori, sulla riva nord del lago di Tiberiade. Nel villaggio abitano Pietro e Andrea, e Gesù è ospite nella loro casa. Con lui ci sono anche Giacomo e Giovanni, anche loro residenti nello stesso villaggio. L’evangelista Marco blocca in un solo racconto l’insegnamento e i segni liberatori di Gesù.Seguendo la successione degli episodi scopriamo come Marco ha costruito la narrazione dei primi fatti della vita pubblica di Gesù attorno ad una sequenza capace di farci conoscere una giornata tipica di Gesù, dal giorno festivo del sabato fino all’alba del giorno dopo.

Potremmo quasi affermare che Marco c’invita a stare 24 ore con Gesù, portandoci dentro la sua giornata, e la sequenza che lui ci fa conoscere si può descrivere in questo modo: il sabato Gesù partecipa alla celebrazione nella sinagoga; poi va a casa di Pietro; al tramonto “tutta la città era radunata davanti alla porta” e lui incontra e guarisce molti; la mattina presto, dopo qualche ora di sonno, si ritira in un luogo solitario a pregare.

Già all’inizio della sua vita pubblica Gesù manifesta la differenza tra il suo insegnamento e quello degli scribi, tra la sua opera e quella dei capi del suo popolo (farisei). Tale diversità è rilevata dalla folla prima ancora che Gesù dimostri la sua potenza sopra gli spiriti immondi. La liberazione dell’indemoniato conferma l’autorità di cui Gesù è investito dall’alto; anzi il demonio stesso gliela riconosce. Marco stabilisce un certo rapporto tra questa potenza e la risurrezione, segno della potenza di Gesù sulla morte: i segni (miracoli) appaiono così come le prime scaramucce di un combattimento che sarà combattuto in pieno sole nella morte e resurrezione. Questo è il Cristo nel quale crediamo e per il quale viviamo. Le nostre vittorie sul male e sul peccato sono possibili perché è lui che lotta con noi e in noi.Ora seguiamo Gesù durante questa giornata.

Al Mattino, in sinagoga

E’ sabato e Gesù, come ogni Ebreo, si reca nella sinagoga a pregare. Solitamente nella preghiera del sabato si ascoltano versetti dagli antichi rotoli dei profeti, si cantano inni, salmi e s’innalzano lodi e preghiere a JHWH, l’Altissimo. Quando era presente un ospite di riguardo, gli si affidava il commento delle Scritture. Così è accaduto in quel sabato a Gesù.

I presenti restano stupiti dell’insegnamento che odono, perché Gesù insegna come uno che ha autorità e non come gli scribi. Il pubblico ha davanti a sé uno che parla chiaro, che usa parole che riescono a comprendere, che nel profondo dell’animo diventano vive, parla il loro linguaggio. Per la prima volta in sinagoga non sono echeggiate le solite prediche pesanti che invece di far sentire più vicino Dio, lo mettono definitivamente in disparte perché presentato come un essere sempre più pretenzioso ed esigente da norme, precetti, comandi, divieti: erano queste cose a dipingere il volto di Dio.

Al contrario, colui che hanno davanti, parla un linguaggio nuovo. Soprattutto crede in quello che afferma e fa percepire nuovamente Dio dalla parte del povero. Nelle sue parole c’è novità!

Purtroppo Marco non ci ha riportato ciò che Gesù ha detto: ci sarebbe piaciuto sapere quale discorso aveva fatto quella mattina. Per Marco questo è un silenzio intenzionale. Lì sta la possibilità di conoscerlo. Le sue non sono parole, non sono prediche, ma sono l’invito a leggere dentro la propria vita ciò che è annunciato.

Lo dice chiaramente l’episodio dell’uomo posseduto dallo spirito immondo: “So chi sei, il Santo di Dio!” Si tratta di una conoscenza che non modifica niente, anzi che si ribella all’azione di Gesù. Infatti, a Gesù non interessa una conoscenza teorica della sua identità. Se c’è rifiuto della comunione, non serve a nulla sapere chi è Gesù. Conoscere chi è Gesù equivale a lasciarsi trasformare l’esistenza da lui. Questo è il vero problema.

Di fronte alla proposta del vangelo il primo moto che proviamo è quello di mettere istintivamente in essere una resistenza adducendo i soliti pretesti: è troppo esigente, può andare bene per alcuni, sono d’accordo per alcune cose ma per altre…e così via!E allora le parole: “Perché ti intrometti, Gesù nazareno? Sei venuto per distruggerci?”, probabilmente hanno un senso anche per noi. Il fatto è che l’essere umano è troppo abituato a sentirsi un tutt’uno con ciò che determina le proprie schiavitù, alcune nemmeno si riconoscono tanto sono radicate o sono giustificate come parte del carattere, delle abitudini, dei fatti che sono occorsi nell’arco degli anni.

Questi brevi versetti hanno la stupefacente capacità di separare l’uomo – a cui Gesù vuole ridare piena dignità – dallo spirito immondo che lo separa interiormente, affinché tra l’uomo e ciò che lo tiene prigioniero possa inserirsi la potenza liberatrice della Parola.

“Taci ed esci da costui!” Non è ciò che opprime l’uomo che deve parlare, ma è la Parola che crea a dover agire. Come all’inizio della creazione, quando Dio separava la luce dalle tenebre, il cielo dalla terra, e dava un ordine ad ogni cosa, così anche per l’uomo della sinagoga avviene un’esperienza di separazione. Il perentorio comando di Gesù s’impone a ciò che divide interiormente ogni uomo.

Lo fa anche con noi, con autorità, ripetendo una parola che ci separa da tutto ciò che ci tiene lontani da Dio. Ed ogni separazione può avere un prezzo assai alto in termini di sofferenza, come testimonia il “contorcimento” che subisce l’uomo della sinagoga prima di recuperare la propria libertà. Il fatto è che per individuare quali sono le realtà che più operano questa divisione in noi, per comprendere quali sono le contraddizioni che ci portiamo dentro, a volte senza saperlo; esige un serio e paziente cammino di conoscenza di se stessi operando una battaglia spirituale.

E’ facile, per esempio, affermare che amiamo tutti, ma è più difficile compiere gesti d’amore realmente liberi dalla “ricevuta di ritorno”! E’ altrettanto facile dirci disponibile per gli altri, ma è un’amara scoperta capire che perdiamo la stima di noi quando non veniamo considerati o valorizzati come vorremmo.

Gesù ci libera dalle divisioni, dalle contraddizioni che ci portiamo dentro…ma non ci toglie il dolore che questa liberazione comporta. Il confronto con la sua Parola evidenzia la nostra divisione interiore, ci fa intravedere la strada per fare unità dentro di noi, ci chiede se siamo disponibili a fare tutto ciò che è necessario per smascherare i nostri piccoli o grandi egoismi.

Uscito dalla sinagoga andò a casa di Simone

Gesù compie un altro segno. Gli parlano della suocera di Simone che è a letto con la febbre. Gesù, in una sola volta, infrange tre tabù: come uomo non potrebbe venire a contatto con una donna, eppure si “accosta a lei”, come Rabbi non potrebbe toccare chi è impuro, in questo caso la donna ha la febbre, e lui la “prende per mano”; come osservante della Legge sa che di sabato è assolutamente proibito curare e guarire, ma lui infrange le norme che non liberano. Perché Gesù compie questo miracolo? Perché il vero miracolo operato nella suocera di Simone non è solo la liberazione dalla febbre ma la conseguenza della guarigione: Marco dice “la febbre la lasciò ed essa si mise a servirli”.

Succede sempre così quando s’incontra Gesù e ci si lascia guarire da lui: si viene liberati dal male più brutto, quello di volerci godere la vita da soli, egoisticamente.Gesù ci libera donandoci la possibilità di “servire” i fratelli. Il vero miracolo, il segno importante non è nulla di strabiliante: si tratta, in fondo, della capacità di amare.Nella suocera di Simone è nascosta la nostra vicenda umana di discepoli: ripiegati su noi stessi obblighiamo gli altri a servirci o, in altre circostanze, ci serviamo del prossimo perché ci sentiamo inadeguati e senza forze. Il contatto con Gesù ci trasforma rendendoci simili a lui, che del servizio ha fatto il suo stile abituale di vita.Servire può sembrare una piccola cosa e invece è ciò che trasforma la nostra realtà. L’amore ricevuto da Gesù ha senso solo se diventa amore donato.

E venuta la sera, dopo il tramonto del sole…

Appena terminato il riposo del sabato, tutta la popolazione della città di Cafarnao si raduna davanti alla porta di casa di Simone. Infatti, si è sparsa la voce su Gesù, e gli sono portate tutte le persone più malate e bisognose.Gesù ha una parola di conforto per chi ha bisogno di consolazione; per altri ha una parola di perdono; per molti ha anche una parola di guarigione. A tutti però Gesù impone il silenzio, il divieto di divulgare i suoi segni miracolosi.

Perché questo divieto di dire chi è Gesù? Per evitare il rischio che sia fraintesa la sua opera. Gesù sa bene che dentro di ciascuno è racchiusa come una smania di seguire ai “venditori di fumo”: guaritori, maghi, veggenti, lettori delle foglie di tè e dei fondi di caffè…non ne mancavano ai suoi tempi, così come non ne mancano ai nostri…( e questo rispecchia tutta l’insicurezza di fronte alla vita e al futuro).

Tuttavia ciò che compie Gesù in favore degli uomini profondamente feriti nelle malattie del corpo e dello spirito, non è uno show per farsi pubblicità, ma realtà messianica.La sottolineatura “Tutta la città era riunita davanti alla porta”, non è un’indicazione geografica, per farci sapere dove Gesù stava. Al contrario, davanti alla porta di casa di Simone, Gesù compie il suo giudizio di salvezza per tutti quelli che erano considerati “niente” dalla società. Ecco, è così che Marco inizia a farci comprendere che, dove c’è Gesù, qualcosa sta realmente cambiando.

Non dobbiamo scordare un altro particolare di questi versetti che c’interpellano direttamente. Marco dice: “gli portarono tutti gli ammalati e gli indemoniati”. Nessuno va da Gesù per conto suo, o gli ammalati sono portati, o è Gesù a recarsi da loro. In rapida sequenza sono narrati tre casi (il lebbroso, Mc.1,40; l’emorroissa, Mc.5,25; la donna sirofenicia, Mc. 7,24) di persone cha hanno libero accesso da Gesù, ma lo hanno perché sono il simbolo di tutti i più esclusi e degli emarginati.La logica di Dio è di avere bisogno degli uomini per incontrare gli uomini. Dio ha necessità di ciascuno di noi per incontrare chi ha bisogno di lui.

…se ne andò in un luogo solitario e là pregava.

Gesù dopo l’intensa giornata trascorsa tra la predicazione in sinagoga, e l’incontro con gli ammalati, necessita di fare un riassunto, cioè di riprendere in mano il suo progetto di vita, di pensare e pregare per compiere scelte sempre più autentiche. Per questo “al mattino si alzò quando ancora era buio e, uscito di casa, se ne andò…”

Gesù non cerca l’applauso e l’entusiasmo della gente. E’ cosciente che il successo potrebbe allontanarlo dalla missione affidatagli dal Padre. In lui è forte il desiderio di “riordinare” le cose secondo il disegno di Dio. Anche a Simone è piaciuta quella giornata intensa e faticosa, ma “riuscita”, una giornata in cui è possibile concludere: “finalmente! Si vede qualcosa di concreto!” E per questo si mette sulle tracce del maestro e invita Gesù alla concretezza: “Tutti ti cercano!”, come a consigliare Gesù di non negarsi alla folla, ormai euforica, che ha ancora molte cose da chiedergli.

Gesù, in quei momenti, ha necessità di “interpellare il Padre”.Gesù è anche Maestro di discernimento, anche lui vuole capire cosa è meglio per tutti.L’incontro notturno con il Padre gli permette di non dare una risposta sull’onda dell’emozione ma realmente di “scegliere” sull’onda della volontà del Padre. La sua strada è la via della missione, non quella del successo e dell’affermazione personale. La comunione con il Padre gli fa scegliere di stare dalla parte degli uomini per servirli. Si tratta di una grande scuola di vita. Di una grande testimonianza per le nostre esistenze. In definitiva il criterio di come saper scegliere.

Noi forse siamo troppo abituati a ricercare ciò che ci piace. Ad essere al centro di tutto ciò che facciamo, sempre più insoddisfatti perché non riusciamo a sfondare, che entriamo in crisi perché “non tutti ci cercano”…siamo discepoli di un Maestro che ha rivisto quello che faceva, ha pregato, ha preso delle decisioni conseguenti a ciò che aveva capito essere nella volontà del Padre, ha ripreso, infine,il cammino. Similmente, anche noi, come discepoli, dobbiamo vedere e imparare. La preghiera non è un accessorio in più nella nostra vita, non è un lusso che ci possiamo concedere ogni tanto: è il luogo dove fare verità, riordinare la vita, scegliere il meglio, rimettersi in cammino!
Cap. 1, 40-45

*Ora venne da lui un lebbroso e lo pregava buttandosi in ginocchio e dicendogli: Se vuoi, puoi mondarmi. *Allora, mosso a compassione, stese la mano, lo toccò e gli disse: LO voglio, sii mondato.*E all’istante la lebbra sparì e fu mondato. *Poi con un ordine perentorio lo mandò via subito, dicendogli: *Bada di non dirlo a nessuno; ma và, mostrati al sacerdote e offri per la tua guarigione ciò che Mosé ha stabilito, perché serva loro di testimonianza. *Ma quello, partito, incominciò a proclamare e s divulgare il fatto, tanto che a Gesù non era più possibile entrare pubblicamente in una città, ma doveva restare fuori in luoghi solitari; ma venivano a lui da ogni parte.

Con questi versetti, inizia il primo ciclo dei segni (miracoli) di Gesù che offre una dimostrazione del suo potere sulla lebbra, la paralisi, la febbre e la possessione demoniaca. Egli, infatti, mostra misericordia nei confronti degli emarginati della società giudaica: lebbrosi, pagani, servi, donne e indemoniati.Il contesto si sviluppa in una richiesta di guarigione da parte del lebbroso, la risposta di Gesù e la guarigione miracolosa, infine l’ordine perentorio all’uomo guarito di presentarsi ai sacerdoti del tempio.

Il gesto di guarigione di Gesù assume un particolare rilievo. E’ un segno rivelatore della potenza di Gesù, ma soprattutto dell’irrompere del regno di Dio nella sua persona. La guarigione di un lebbroso nell’ambiente giudaico era paragonata alla risurrezione di un morto. Tutti questi segni ed altri gesti simili sono da considerarsi come il compimento del tempo messianico annunciato dai profeti.

L’attuale racconto di Marco risente delle risonanze profonde del gesto compiuto da Gesù. Se l’episodio nella sua articolazione appare abbastanza semplice, la rilettura che ne fa Marco rende più difficile la comprensione del messaggio. Colpisce all’istante l’atteggiamento contraddittorio di Gesù verso l’ammalato: da una parte l’accoglienza del lebbroso e l’adesione pronta alla sua domanda, dall’altra l’ordine perentorio di tacere e l’allontanamento rude e violento: lo mandò via; qui Marco usa lo stesso verbo usato per indicare la cacciata dei demoni; inoltre la guarigione, o meglio purificazione, compiuta da Gesù con un gesto palesemente contrario alle norme rituali di segregazione dei lebbrosi, contrasta apertamente con l’ordine di mostrarsi al sacerdote e di fare l’offerta secondo le prescrizioni legali. Si potrebbe aggiungere ancora la contrapposizione tra l’ordine tassativo di non dire nulla a nessuno e la violazione clamorosa di quest’ordine nella proclamazione del fatto e nella propaganda del miracolato.

Come spiegare questo strano accostamento di contrasti? Non è sufficiente una spiegazione letteraria che spezza il racconto di Marco in due episodi distinti. E’ preferibile cercare la ragione attuale del racconto tenendo conto della prospettiva di Marco. L’intenzione dell’evangelista, anche a costo di ripetersi e contraddirsi, di rilevare il silenzio o il mistero che deve circondare il gesto di Gesù. Invece deve diventare manifesto il significato di tale gesto: l’uomo è reintegrato, purificato, deve essere riammesso nella comunità. Là dove arriva il regno di Dio cadono le barriere e le esclusioni; i tutori dell’antica legislazione devono riconoscere che questo è una prova e testimonianza del tempo nuovo. Il lebbroso guarito, allora può diventare un “annunciatore della parola”, in pratica colui che comunica il messaggio nuovo racchiuso nel gesto di Gesù.

Quindi Gesù non può entrare nei centri abitati, ma deve stare riparato. Nonostante questo, Marco nota che la gente accorre da Gesù da ogni parte. Vale a dire che come il lebbroso ha cercato Gesù, ora la gente va a cercarlo.

A questo duplice movimento di convergenza corrisponde il duplice atteggiamento di Gesù: riserva e accoglienza. Vedete, cari fratelli e sorelle, l’incontro con i gesti di Gesù può essere ambiguo e falso come ogni tentativo di catturare e bloccare il regno di Dio in un fenomeno di consumo immediato. Solo l’incontro con la sua persona (Gesù), che rimanda ad un’identità più profonda, provoca l’uomo ad un’apertura che lo trasforma ogni volta in un annunciatore del regno che viene.

Indice Vangelo di Marco