Nel Getsemani: Giuda

…con un bacio tradisci il figlio dell’uomo (Lc.22,48).

Il bacio di Giuda offusca i cuori di tutte le creature del cielo e della terra. Le nubi si preparano al nubifragio più grande della storia, intorno alla collina del Calvario nell’attesa della crocifissione. “Come se fossi un brigante siete usciti con spade e bastoni. Quando ogni giorno ero con voi, nel tempio, non stendeste le mani sopra di me. Ma questa è l’ora vostra e il dominio delle tenebre” (Lc.22,51-53).

Cari cristiani parrocchiani, anche nella nostra vita di credenti incontriamo l’ora in cui le tenebre hanno il sopravvento. Si parla allora di crisi religiosa, morale, dottrinale, sociale, umana, interiore, esteriore; di crisi dell’uomo interiore con l’uomo esteriore, del finito con l’infinito.

La crisi del cristiano parrocchiano col parroco e viceversa imperversa o in positivo o in negativo, a seconda che essa abbia come fine un cammino di fede in chiave soggettiva e privata ( quindi in negativo, perché significa percorrere una strada che non uno sbocco al dialogo comunitario), oppure che abbia come fine un cammino di fede in chiave comunitaria, orientata alla comunione ecclesiale, all’unità di fede e di carità di fronte alle risposte da dare alle sfide del laicismo moderno.

C’è l’ora in cui trovarsi nella Chiesa-parrocchia non basta per conoscersi, amarsi, mettersi al servizio gli uni gli altri come la carità di Cristo esige, perché qualcosa di diabolico s’introduce inavvertitamente nella coscienza razionale e cristiana del credente, causando il disagio, il conflitto e la rivolta permanente. Questo accade quando l’orgoglio gonfia le ragioni dell’adulto, per questo si ritiene libero di decidere della propria fede e dei rapporti con Dio a proprio piacimento.

La crisi è molto più radicale. Essa tocca l’oggettività di Dio. E’ Dio in Persona che parla all’uomo, da cui dipende l’oggettività della dottrina e della morale con le sue norme, del Vangelo, della Chiesa-parrocchia. Perciò la rivelazione di Dio non può essere ridotta dal cristiano parrocchiano, o dal parroco, al modo di sentire le fede in termini personali ed individuali.

“Il rifiuto di sentirmi legato a questa comunità di fede è un diritto – afferma sempre più spesso qualcuno – a me piace scegliere il Dio che mi piace, il Papa, il Vescovo, il Vangelo, i fratelli e le sorelle nella fede che condividono la mia maniera di esprimerla. La religione parte da me, dal Dio che io reputo tale e che io sento vivo in questo o in quest’altro modo. Io questo Dio non lo tradisco, non lo rifiuto, mentre respingo il Dio che mi ha consegnato, fin da bambino, una certa Chiesa. Il Giuda del Vangelo è per me un protagonista importante della vicenda che riguarda Cristo, ma non riesco a trovare la connessione con il mio modo di esprimere la fede. Giuda è altro da me e io sono altro da Giuda”.

La crisi della fede, quindi, trova la causa prima nella mancanza di conoscenza vera e profonda dei testi evangelici. La responsabilità colpisce la Chiesa, Madre e Maestra, i catechisti, gli annunciatori del Vangelo, i sacerdoti in cura d’anime o piuttosto una bene precisa concezione, secondo la quale il rapporto con Dio, com’è impostato oggi nella Chiesa, non è praticabile dalla psicologia dei cristiano d’oggi.

Forse, cari cristiani parrocchiani dell’epoca elettronica, è scomparso in noi il coraggio di scoprire il Giuda che è in noi?
Quel Giuda del Vangelo che si perpetua nel nostro stile di vita nei confronti di Cristo, nostro amico, e che noi ci ostiniamo a considerare con la mente rivolta agli interessi immediati o a calcoli che con la fede non hanno nulla da spartire? Cristo si può vendere, ma non si può togliere dalla coscienza.

Si può combattere Cristo per tutta la vita; non è possibile, però, buttarlo fuori della storia e dalla vicenda umana, perché Egli è il centro del cosmo e della storia:
“Quando sarò alzato da terra attirerò tutti a me” (Gv.12,32).

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