Il razzismo

L’apartheid

Un altro caso emblematico di razzismo scientifico è rappresentato dal Sud Africa. Nel momento in cui il Sud Africa divenne indipendente nel 1910 dall’Impero britannico, scelse la via della segregazione. Vero è che fino a metà dell’800, i bianchi sudafricani avevano verso i neri un atteggiamento tutt’altro che razzista. Ne erano usi a considerare tutti gli indigeni come nemici. La degenerazione avvenne all’epoca dei sanguinosi scontri con i ferocissimi Zulu, da qui nacque l’idea, poi sviluppata in seguito, che fossero proprio i neri a respingere ogni integrazione e convivenza. I motivi portati dai governanti nazionalisti dal 1930 in avanti sono pressappoco questi: i bianchi e neri sono diversi, gli uni più sviluppati gli altri molto meno; in più c’è un’eredità di due secoli di lotte e di guerre, che potrà essere superata soltanto gradualmente, senza mettere subito a contatto le due comunità. Tuttavia la minoranza bianca temeva anche di essere spazzata via dal paese che aveva faticosamente edificato dalla maggioranza nera, se a quest’ultima era concesso il diritto di voto in un sistema pienamente democratico. Senza scordare che i neri, lungi dall’essere un blocco concorde ed unitario erano divisi in varie tribù in perenne lotta tra loro, mentre i bianchi avevano appena trovato un compromesso di convivenza tra olandesi, inglesi e francesi. E allora? Meglio procedere separati! E’ anche vero che non tutti i sudafricani bianchi ragionavano in questo modo. Molti estremisti, soprattutto tra i boeri, detestavano i neri con tutte le loro forze: tanto che riuscirono a fare emanare leggi e misure di chiaro stampo razzista. Nel 1944 il dottor Malan, leader boero e futuro primo ministro, chiese al Parlamento di “garantire la sicurezza della razza bianca e della civiltà cristiana mediante una corretta osservanza dei principi dell’apartheid”. E così, per 50 anni circa, il Sud africa dividerà i suoi abitanti in cittadini di serie A e serie b, con distinzioni di tipo sociale, razziale e geografico-territoriale, e con leggi speciali. Gli afrikaaner hanno sfruttato la manodopera nera mantenendo la popolazione indigena 2segregata2 in riserve, da cui essa poteva entrare e uscire soltanto per andare a lavorare, con una paga naturalmente inferiore a quella dei bianchi che svolgevano il medesimo lavoro. Col tempo la situazione divenne intollerabile, tanto che, nonostante l’energico regime poliziesco, scoppiarono le rivolte. Una delle più violente avvenne nel ghetto di Soweto, uno di quei quartieri di baracche in cui il regime bianco rinchiudeva ogni sera i neri.

Il termine universalmente usato per indicare la disumana condizione in cui viveva questa gente è “apartheid”. Tale termine non dice tutto, ma è espressivo ed è ormai entrato nell’uso comune. Ed il fatto che sia entrato nel linguaggio di tutti i popoli è sintomatico della durata nel tempo della penosa condizione dei neri. Ad un certo punto il nero non ne poteva più ed esplose con tutta la rabbia accumulata da diverse generazioni. E’ marginale, anche se offensivo, per un nero essere costretto a vivere nel ghetto, dovere usare il lasciapassare per entrare ed uscire da questa vera e propria “riserva”, non potere frequentare certi ristoranti e certi locali riservati ai soli bianchi ecc…Divenne assolutamente intollerabile, invece, l’essere sfruttato, l’essere comandato e perseguitato, incarcerato (Nelson Mandela, 28 anni di carcere duro), non essere libero nella propria terra. Sono molti in Sud Africa a considerare il nero un essere inferiore, ai confini dell’umano, un delinquente e, nella migliore delle ipotesi, un essere incapace di creare le condizioni di un progresso civile per il paese; quindi si deve punirlo anche con la morte e di guidarlo verso la luce della civiltà. Ma se il nero è abbruttito è tale perché la sua vita è senza speranza, perché è costretto a lavorare per salari da fame, perché, nella miseria più nera, deve lasciare morire i suoi figli ammalati, perché la disperazione l’ha annientato moralmente. E’ un delinquente perché la violenza è il solo mezzo che gli rimane per continuare ad esistere; è un incapace perché la tanto decantata civiltà bianca gli ha impedito categoricamente di elevarsi oltre il gradino infimo della schiavitù. Pertanto le sole cose che la civiltà bianca ha donato con larghezza al nero sono state la miseria, l’ingiustizia, il carcere, le condanne a morte, le repressioni.

E’ comprensibilissima, a questo punto, la rivolta di Soweto. Ma ancora una volta il regime poliziesco ha accusato il nero d’assassinio. Strano, ma vero, guarda caso, la pelle dei caduti, colpiti da armi automatiche, è nera. Ma ogni cosa ha una fine. L’unica incertezza è come. Tra le proteste dei nazionalisti boeri, gli ultimi due presidenti, Botha e De Klerk, e in seguito con Mandela, liberato, dichiarano morta e sepolta l’era dell’apartheid. Inizialmente a piccoli passi, poi con mosse rapide e coraggiose, è smantellato il muro della segregazione. Oggi, grazie ad uomini di buona volontà, è un lontano ricordo.