Il razzismo

La persecuzione degli Ebrei

La religione del popolo ebraico, il Giudaismo, è stata la prima grande fede a sostenere che esiste un solo Dio. Tale monoteismo non è solo la sua pietra angolare ma anche quella del Cristianesimo e dell’Islam, che derivano molto delle loro tradizioni spirituali dall’Ebraismo. Fulcro del giudaismo è la bibbia ebraica (Pentateuco), nota ai cristiani come Antico Testamento, che narra le origini e lo sviluppo del popolo ebraico a partire dalla creazione del mondo da parte di Dio. Gli ebrei sono divisi per lo più in Ashkenaziti (ebrei tedeschi, centro-europei e russi) e Sefarditi (ebrei spagnoli, portoghesi, nordafricani, greci, italiani, etiopici, yemeniti e siriani). Seguono un modello di vita simile che afferma la loro identità come gruppo culturale e religioso; ma non sono una razza. Oggi, tra gli oltre tre milioni e mezzo di ebrei residenti nello Stato d’Israele, si trovano ebrei scandinavi biondi, russi slavi, yemeniti bruni, indiani e anche cinesi e giapponesi. Gli ebrei accettano i convertiti, ma nel giudaismo moderno non esistono movimenti missionari.

Nonostante le loro mutevoli sorti, gli ebrei di tutto il mondo sono saldamente legati da vari fattori. Vi è per esempio la loro fede in quanto popolo della Bibbia, come pure più di 3000 anni di monoteismo unito ad antichi riti e al senso d’identità di gruppo. E c’è la memoria dell’Olocausto, che dà agli ebrei la volontà di sopravvivere alle nuove avversità. Inoltre c’è lo Stato d’Israele, una patria per sostenere la rinascita della vita ebraica, nella stessa culla in cui sbocciò. Le credenze fondamentali del Giudaismo sono condivise da tutti i credenti ebrei e comprendono la fede in un solo e unico Dio, creatore dell’universo, che deve essere adorato (Deut.6,4-5). I Dieci Comandamenti (Esodo 20) costituiscono il codice di condotta centrale e dovrebbero guidare gli ebrei nel servizio al prossimo come alla propria famiglia. Gli ebrei credono che tutti gli uomini siano creati con la capacità di compiere atti giusti e ingiusti, ma l’inclinazione al bene può predominare sull’inclinazione al male. Durante l’oppressione di Roma nacque maggiormente negli ebrei la speranza per la venuta del Messia (Gesù era già venuto sulla terra, ma non lo riconobbero), l’Unto, che li avrebbe condotti alla vittoria sui loro nemici. Parallelamente si andava diffondendo la Chiesa primitiva di Cristo Gesù.

Tuttavia, alla fine, il malcontento e il rancore si manifestarono apertamente nella gran rivolta degli Zeloti del 66 d.C. Quattro anni più tardi, nel 70 d.C., i romani conquistarono Gerusalemme e distrussero il Tempio che non sarà più ricostruito. L’ultima frangia di resistenza degli ebrei si rifugiò nella fortezza di Masnada, ma anch’essa capitolò nel 73 d.C. L’indipendenza della nazione ebraica era finita. Ma il Giudaismo sopravvisse e si sviluppò ad Iannia (l’odierna Iavneh) sulla costa palestinese. Qui una scuola religiosa ebraica fondata dal rabbino Johanan ben Zakkai, il quale nel 68 era fuggito da Gerusalemme assediata, divenne il nuovo centro farisaico per l’insegnamento della cultura ebraica e un punto di riferimento per tutte le comunità sparse qua e là, mentre iniziò la grande dispersione in Medio Oriente e in Europa, soprattutto in Spagna. Erranti per il mondo conosciuto dal 70 d.C., gli ebrei sono bollati con il marchio di “deicidio”: la colpa di aver fatto condannare a morte il Figlio di Dio. Così, quando nel 313 Costantino, nel famoso editto di Milano, dichiara il cristianesimo religione di stato, iniziano le persecuzioni e le discriminazioni contro il “popolo maledetto da Dio”.

Con alterne fortune gli ebrei vissero per secoli nei paesi d’accoglienza e adozione, prosperando in alcuni casi, fino a quando attorno alla metà del VII secolo le conquiste degli arabi musulmani avevano modificato gli equilibri di potere nel Mediterraneo. All’inizio dell’VIII secolo l’esercito dei musulmani invase la Spagna e sconfisse i goti cristiani che avevano oppresso le comunità ebraiche locali. Sotto la dominazione araba gli ebrei Sefarditi potevano accedere alle varie professioni e alla vita culturale. Per molti secoli la cultura ebraica fu assai fiorente. Tuttavia, al tempo di Mosè Maimoide (Mosè ben Mayman, 1135-1204), il più grande maestro dell’epoca, l’atteggiamento dei musulmani verso gli ebrei si fece più aggressivo e intollerante. Nelle due Crociate del 1096 e del 1146, gli ebrei che rifiutavano di convertirsi potevano essere ammazzati impunemente (moriranno a migliaia). Nel 1215, il Concilio Lateranense li obbliga a portare un segno di riconoscimento (farà così anche Hitler), una rotella o un cappello, perché i cristiani li potessero individuare e difendersene.

Durante il XIII secolo l’esercito cristiano di Spagna iniziò la riconquista della Spagna musulmana. Sebbene la vita degli ebrei Sefarditi continuasse a prosperare, nonostante tutto, per un certo periodo di tempo, la crescente intolleranza religiosa alla fine si manifestò apertamente attraverso l’Inquisizione. Nei secoli XIV e XV gli ebrei iniziarono ad abbandonare la Spagna cristiana. Nel 1492, quando i cristiani riconquistarono Granata, l’ultima roccaforte musulmana in Spagna, fu presa la decisione di espellere tutti gli ebrei che non si fossero convertiti. Molti convertiti, desiderosi di riabbracciare il giudaismo dopo la conversione forzata al cristianesimo, emigrarono verso paesi come l’Olanda, la Turchia e la Palestina. L’età dell’oro era finita; ma altrove la vita degli ebrei Sefarditi continuava a crescere. Nel Medioevo furono accusati, come i lebbrosi, di diffondere le pestilenze. E quando veramente scoppia la Peste nera, il popolo non ha dubbi: colpa degli ebrei, che avrebbero avvelenato i pozzi con un intruglio di carne e sangue cristiani, e poi con lucertole e ragni, simboli del demonio.

In quel periodo sono sterminate 300 comunità israelitiche in Germania, Francia e Spagna. Nulla potrà fare l’ammonimento di Clemente VI, che definisce sedotti dal diavolo quanti credono alle calunnie antiebraiche. Gli ebrei seguitano ad essere accusati d’ogni sorta d’efferatezze: per i loro riti, dicono, rapiscono ed uccidono i bambini cristiani per togliere il sangue da mescolare al pane azzimo; e trafugano le ostie consacrate per profanarle. E’ in quel periodo che la diaspora ebraica si articola in due grandi branche: i Sefarditi della Spagna, Portogallo e dell’area del Mediterraneo e gli Ashkenaziti della Germania e dell’Europa centrale. Gli studiosi Sefarditi scrivevano in arabo, un’eredità che derivava dal loro contatto con l’Islam, e parlavano un dialetto ebraico-spagnolo chiamato ladino, mentre gli Ashkenaziti scrivevano in ebraico e parlavano un dialetto ebraico-tedesco detto yiddish. Gli ebrei Ashkenaziti dovettero affrontare molte avversità. Il sistema feudale più comune vietava agli ebrei di lavorare la terra e le corporazioni cristiane chiudevano loro l’accesso per tenerli lontani dai vari mestieri. E’ così che essi dovettero inventarsi, obbligati dalle circostanze, attività alternative quali l’usura. Nelle città furono costretti a vivere in aree circoscritte ed indipendenti, denominate ghetti. La persecuzione divenne pratica diffusa, specialmente nel momento delle crociate di cui ho detto. Si verificarono massacri, prima e durante le crociate verso la Terra santa, particolarmente nelle città di Metz, Spira, Works, Ma gonza, Praga e York. Inoltre gli ebrei subirono condanne a morte, molto comuni, per “omicidio rituale”.

Nel XIV secolo, in questa atmosfera di forte ostilità e persecuzione in tutta Europa, gli ebrei trovarono un luogo in cui rifugiarsi in Polonia durante il regno di Casimiro III il Grande (1333-1370). Tale ospitalità si protrasse sotto il regno del re Sigismondo Augusto (1548-1572), il quale nel 1551 concesse agli ebrei di autogovernarsi. Il Consiglio ebraico dei quattro paesi (Grande e Piccola Polonia, Leopoli e Lituania) approvò delle leggi che permisero la nascita di una comunità molto fiorente e colta. Più tardi, nel XII secolo, questo stato di cose favorevole cambiò e gli ebrei ancora una volta diventarono una minoranza povera e perseguitata. Essi si dedicarono allo studio del Talmud dove brillanti interpretazioni talvolta rimasero fini a se stesse. Sempre durante il Medioevo in Germania e nell’Europa centrale gli ebrei furono spesso espulsi da principati e città e finirono col dipendere da personaggi influenti per riceverne protezione. La figura più originale tra questi fu Josel di Rosheim (1478-1554), un ebreo di corte vissuto a contatto con gli imperatori Massimiliano I e Carlo V. Josel difese con ogni mezzo gli ebrei dalle sfide dei cattolici. Gli ebrei trovarono sollievo alle loro avversità nelle riflessioni mistiche, mantenendo viva l’ardente speranza che un discendente del re David, il Messia, li avrebbe liberati dai loro nemici per dare vita ad un mondo migliore. Il fatto di vivere in una perenne condizione di emarginazione fisica e psicologica all’interno dei loro ghetti servì a rafforzare la loro fede. Infine, durante il secolo XVIII gli ebrei iniziarono a lasciare la vita del ghetto per tuffarsi nel mondo esterno. Diedero importanti contributi di ordine intellettuale, culturale, scientifico, artistico, ma il mondo continuò a perseguitarli.