L’aborto

Analisi del problema

Ho narrato questa testimonianza reale per introdurre l’argomento dell’aborto. Necessita affermare che per aborto procurato dobbiamo intendere l’uccisione diretta cosciente di un feto vitale o provocandone volutamente l’espulsione prematura dal grembo materno o impiegando mezzi meccanici (raschiamento, aspirazione o quant’altro). Ovviamente non si tratta in questo caso, d’arresto spontaneo della gravidanza o di perdita involontaria del feto, ma della irresponsabile soppressione di esso.

Qual’ è allora la gerarchia di motivazioni dell’aborto intenzionale? Forse le difficoltà finanziarie? Famiglie numerose? Abitazioni poco spaziose? Attività professionale della madre? L’assurdità di certi movimenti femministi che propugnano “l’utero è mio e lo gestisco io”? Discriminazione sociale delle ragazze madri? Oppure semplicemente dobbiamo pensare che si tratta solo d’egoismo banale ed irresponsabile la causa principale?
Il dibattito sulla questione aborto, dura ormai da molti decenni, e si è giunti a far prevalere la liceità dell’aborto a certe “condizioni” o “indicazioni”.

In medicina la parola stessa significa comunemente una notifica basata sulla salute e che giustifica un intervento terapeutico. L’aborto, voglio ripeterlo, non è una terapia. E’ triste che si tenti sempre di distorcere il significato reale della parola “indicazione” per assumerla come motivazione che fa apparire ad una madre l’aborto come “indicato”.

Procediamo nell’analisi. La scienza medica progredisce sempre più con nuove scoperte, per cui la scelta “vita della madre o vita del bambino” diviene sempre più rara, anche se non è estirpata totalmente. Le complicazioni della gravidanza sono ormai limitate ad alcuni casi difficili da psicosi da gravidanza, di tubercolosi polmonare, di patologie cardiovascolari, malattie renali della madre. Esiste anche l’indicazione eugenetica che suppone il nascituro sotto la minaccia di malattie ereditarie o costituzionali. Cito anche l’indicazione etica, nel caso in cui la donna è in stato di gravidanza a causa di stupro, incesto, o addirittura dopo rapporti sessuali con un partner incapace di intendere. Infine parlo della indicazione sociale, vale a dire che l’aborto è giustificato quando sussiste uno stato di causa economica della famiglia o della madre.

Vedete quante giustificazioni di “indicazione” abbiette e immorali trova l’efficienza atea delle nostre società?
Non scordiamo mai che tutte le religioni umanistiche, dal buddismo al giudaismo, dall’islamismo al cristianesimo, sono elaborazioni di un unico grande principio di valore assoluto: “Rispetto della vita”.

“Chi sparge il sangue dell’uomo, il suo sangue sarà sparso, perché ad immagine di Dio, Egli ha fatto l’uomo” (Gn.9,6).

Questo è il principio etico assoluto. Ossia, la dignità dell’uomo fondata sulla sua somiglianza con Dio, che l’uomo da sé non può né darsi né riprendersi, è inviolabile. Ma per i cristiani c’è di più: Gesù con la sua morte redentrice è il “Salvatore di tutti gli uomini, soprattutto di quelli che credeno” (1^ Tm.4,10), nell’unica verità rivelata. Per noi cristiani non c’è vita d’essere umano che sia senza valore e, mi ripeto, nessuno può scrivere la parola fine, se non Dio stesso. Conseguentemente è indifferente se la persona si trova in stato inconscio, come in chi dorme, come nel malato fisico o psichico, nascosta, come nell’embrione. Sono convinto che l’uomo civile, oggi, si distingue dal barbaro perché rispetta la persona umana anche sotto questi aspetti.

La Dottrina degli apostoli, nella Chiesa primitiva, già condannava gli uomini “che uccidono l’immagine di Dio nel grembo materno”. La nascita non pone un taglio netto nel giudizio di valore tra una vita umana in formazione e una vita umana già completa. E qui sorge spontanea la domanda: “Quand’è il momento in cui il feto è animato e diventa persona”?