Il Santo Rosario: Misteri Gloriosi

mercoledì, sabato e domenica

Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
O Dio, vieni a salvarmi.
Signore, vieni presto in mio aiuto.

Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo:
Com’era nel principio, ora e sempre nei secoli dei
Secoli. Amen.

Gesù mio, perdona le nostre colpe, preservaci dal
Fuoco dell’inferno, porta in cielo tutte le anime,
Specialmente le più bisognose della tua misericordia.

Sono i misteri: della risurrezione, dell’ascensione, della regalità di Cristo, della discesa dello Spirito Santo, della sua avanzata nella storia, della sua vita nelle anime, della Chiesa militante sulla terra, della gloria degli Angeli e dei Santi.

Sono i misteri: della partecipazione di Maria SS. Alla gloria di Cristo, alla grazia dello Spirito Santo, alla vita della Chiesa, alla santificazione delle anime, alla glorificazione degli eletti, dei quali essa è la prima rappresentante, vittoriosa sul tempo, sul male, sulla morte, assunta e glorificata in cielo, Regina dell’universo.

Devono diventare i misteri: della nostra fede, della nostra speranza, della nostra carità, della nostra vita di grazia, della nostra vita con la Chiesa, del nostro lavoro per il regno di Dio, della nostra devozione a Maria SS., della nostra perseveranza finale, della nostra gloria in cielo.

Nel primo mistero glorioso si contempla: “Gesù risorge da morte”.

Riflessione:
Allo straziante grido di Gesù in croce, “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”, grido che riassume tutte le situazioni d’afflizione dell’umanità, risponde nella notte del sabato santo e nel giorno di Pasqua, un gioioso grido di fede, di speranza e d’amore: “Cristo è risorto!”.
Di fede perché annuncia ciò che per sempre è accaduto in Cristo, di speranza perché annuncia ciò che attende tutti gli uomini e le donne della terra, d’amore perché annuncia la grandezza, la pienezza e la bontà di Dio nei confronti dell’umanità intera quando vedremo Gesù risorto nella sua sfolgorante gloria.

Ecco come lo descrive il Vangelo di San Matteo 28,5-8:
” L’angelo parlò e disse alle donne: “Non abbiate paura, voi. So che cercate Gesù, quello che hanno inchiodato alla croce. Non è qui, perché è risorto, proprio come aveva detto. Venite a vedere dov’era il suo corpo. Ora andate, presto! Andate a dire ai suoi discepoli: “E’ risuscitato dai morti e vi aspetta in Galilea. Là lo vedrete”.Ecco, io vi ho avvisato”.

Gesù è risorto! Con la sua morte ha dimostrato di essere vero uomo, con la sua risurrezione dimostra di essere vero Dio. La risurrezione di Gesù è un fatto storico, di significato cosmico, è l’inizio della trasformazione globale del mondo; è un evento di significato epocale perché trasforma il senso della storia e ne indica la vera direzione. Un evento unico e insieme un evento che rivela un’attesa costante e universale, scritta nel cuore d’ogni uomo e ogni donna.

Nell’ora delle tenebre pareva che il “mistero dell’iniquità”avesse riportato la definitiva vittoria sull’umanità: vittoria della menzogna, dell’odio, del dolore e della morte. La risurrezione di nostro Signore proclama invece che l’ultima parola della storia universale e di ognuno di noi non è la menzogna ma la verità, non è l’odio ma l’amore, non è la sofferenza ma la felicità, non è la morte ma la vita eterna nell’amore di Dio.

E’ vero che abbiamo iniziato il terzo millennio, questo nuovo orizzonte per l’umanità derivato dalla risurrezione di Gesù, col dolore e le sofferenze dei popoli, con la fame dei popoli, con la miseria dei popoli, con l’odio dei popoli, con la fatica dei popoli, con la violenza dei popoli, con la guerra dei popoli, perciò è naturale chiedersi: ma dov’è il cambiamento che avrebbe operato il Risorto? La risposta è semplice: la Pasqua di Cristo non ci trasferisce automaticamente nel regno dei cieli; ci raggiunge nel cuore per farci percorrere con gioia e speranza quel cammino di purificazione e autenticità, di verifica del nostro comportamento, che ha come traguardo la certezza di una vita che non muore più.

La risurrezione non ci restituisce ad un mondo irreale, bensì ad un’esistenza autentica, un’esistenza di fede, di speranza, d’amore, in tutto e per tutto come la SS.Maria, lei che ha sempre creduto contro ogni apparenza, anche davanti alla morte del Figlio, da allora è la prima a godere, con lui, la gioia della vittoria e, con noi, la gioia della redenzione.
Cari fratelli e sorelle, rinnoviamo la fede nella divinità di Cristo e nella risurrezione dei morti. Poiché anche noi siamo candidati alla risurrezione, rispettiamo il nostro corpo e viviamo in modo da essere degni di risorgere per la gloria e non per la dannazione.

Oremus:
“Gesù, che hai vinto il peccato e la morte, fa che tutti ti riconoscano come vero Dio e unico Salvatore; rivelati ai maomettani, ai buddisti, agli animisti e riporta alla verità quelli che sono ingannati dalle sette, dai maghi e dall’ateismo consumistico”.

1 Padre nostro…
10 Ave Maria…
1 Gloria al Padre…
1 Gesù mio, perdona….

Nel secondo mistero glorioso si contempla: ” Gesù ascende al cielo”.

Riflessione:
“Poi li condusse fuori verso Betania e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e fu portato verso il cielo. Ed essi, dopo averlo adorato, tornarono a Gerusalemme con gran gioia; e stavano nel tempio lodando Dio” (Lc.24,50-51)
” Andate dunque e di tutti i popoli fate discepoli: li battezzerete nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo e insegnerete loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. E io sono con voi per sempre, sino alla fine del mondo” (Mt. 28,19-20).

Secondo una tradizione che risale ai primi secoli del cristianesimo, il mistero dell’Ascensione del Signore, avvenne a mezzogiorno, l’ora stessa in cui Cristo era stato innalzato in croce.
Ecco che dopo l’ultimo sguardo di tenerezza verso i suoi amici più cari, verso coloro che lo avevano seguito seppur nei loro limiti, nei loro tradimenti, nella loro povertà umana fino a questo momento, Gesù elevò le mani su di loro per avvolgerli nella Sua eterna benedizione.

Fu proprio a questo punto che i suoi piedi si staccarono da terra ed Egli iniziò ad innalzarsi verso il cielo. I presenti lo seguivano con lo sguardo, ma presto Egli entrò in una nube che lo nascose ai loro occhi. I discepoli guardavano ancora il cielo, quando improvvisamente due angeli si presentarono loro dicendo: “Uomini di Galilea, perché fissate nel cielo lo sguardo? Come l’avete visto salire al cielo, così il Signore ritornerà!”

Tutto il destino della Chiesa è compreso in questa verticalità ascensionale di un movimento biunivoco, che va dal basso verso l’alto e dall’alto verso il basso. Quale compito immenso e misterioso è affidato ai discepoli. Sorge allora un’obiezione: se non è più visibile, come sarà creduto nel mondo, come faremo noi uomini a sapere di questa sua presenza? Egli ha voluto rendersi visibile attraverso i suoi discepoli. Sia nel Vangelo sia negli Atti, l’evangelista san Luca associa strettamente all’Ascensione il tema della testimonianza. “Di questo voi siete testimoni” (Lc.24,8).

Quel “voi” indica in primo luogo gli apostoli che sono stati con Gesù. Difatti, dopo la Pentecoste, essi non fanno altro che rendere testimonianza a Cristo. Proclamano a tutti: “Dio lo risuscitò e nei ne siamo testimoni” (At.1,22). “La vita si è fatta visibile, noi l’abbiamo veduta e di ciò rendiamo testimonianza”: così comincia la Prima lettera di san Giovanni. Dopo gli apostoli, questa testimonianza per così dire ufficiale, cioè legata all’ufficio, passa a tutti i successori, papi, vescovi, sacerdoti, cioè alla Chiesa. Ma quel “voi”, in senso più ampio, sono tutti i battezzati e i credenti in Cristo.

Ogni persona deve essere davanti al mondo un testimone della risurrezione e della vita del Signore Gesù e un segno del Dio vivo” (Lumen gentium 38).
Celebre è diventata l’affermazione di Paolo VI: “Il mondo ha bisogno di testimoni, più che di maestri”. Verissimo! E’ relativamente facile essere maestro, assai meno essere testimone. Il mondo brulica di maestri, veri o falsi, ma scarseggia di testimoni. Il testimone è uno che parla con la vita. In questo senso il modello d’ogni testimonianza è Cristo stesso che, davanti a Pilato, si definì “testimone della verità” e che la Scrittura chiama “il testimone fedele” (Ap.1,5). Egli infatti ha vissuto fino all’ultima virgola quello che ha insegnato e ha sacrificato la vita per rendere testimonianza alla verità.

Un papà e una mamma credenti devono essere “i primi testimoni della fede” presso i figli. Con il loro modo di correggere e perdonare il bambino e di perdonarsi tra loro, di parlare con rispetto degli assenti, di comportarsi amorevolmente di fronte ad un povero che chiede l’elemosina, coi commenti che fanno alla presenza dei figli nell’ascoltare le notizie del giorno, i genitori, senza forse proporselo, hanno la possibilità di rendere una splendida testimonianza della loro fede. L’anima dei bambini è una lastra fotografica: tutto quello che vedono e ascoltano negli anni dell’infanzia si incide in essa e un giorno “si svilupperà” e porterà i suoi frutti, buoni o cattivi.

Gesù sa benissimo che da soli noi non siamo capaci di rendere testimonianza. Lasciati da soli, non possiamo che ripetere quello che fece Pietro durante la Passione, e cioè dire di Cristo, coi fatti e con le parole: “Non lo conosco; non so chi è!” Ecco perché, prima di scomparire dai loro sguardi, Gesù fa agli apostoli, e a tutti gli uomini d’ogni tempo, una promessa: ” E io sono con per sempre, sino alla fine del mondo”.

La missione del cristiano, dopo l’Ascensione è chiara, così come fu chiara ai discepoli. Soli, dovranno tornare a Gerusalemme. Eppure il loro cuore non è triste, hanno con sé Maria, la Vergine, e la generosità di questa madre incomparabile si comunica alle loro anime. Adorano il Maestro, d’ora in avanti questo culto d’adorazione sarà di pensare che il Maestro ha preceduto tutti per preparare un posto. Ecco il perché della gioia….E’ la letizia una delle caratteristiche più importanti di un credente. È la felicità, la sfumatura più delicata della celebrazione dell’Ascensione, improntata ad una dolce malinconia, ma nella quale si respira la grazia del trionfo di Cristo sulla morte.

Questa festa, questo rito espressivo, annuncia il principio della missione della Chiesa e avverte i credenti, che d’ora in avanti, la missione specifica di ognuno è testimoniata e realizzata con l’adorazione, stare nel tempio, lodare e tornare alla Gerusalemme delle nostre esistenze per portare a tutti il lieto annuncio.

Oremus:
” Signore, tu sei “tutto in tutti” (1Cor.15,28), ma il secolarismo che domina la società dei consumi pretende di vivere come se tu non ci fossi e vuole emarginare Gesù e la sua Chiesa. Ti preghiamo: riporta gli erranti alla verità perché “conoscano te e colui che hai mandato, Gesù Cristo” (Gv.17,3).

1 Padre nostro…
10 Ave Maria…
1 Gloria al Padre…
1 Gesù mio perdona…

Nel terzo mistero glorioso si contempla: “Lo Spirito Santo discende sugli apostoli e su SS.Maria riuniti in preghiera nel cenacolo”.

Riflessione:
Ecco come ci testimonia la discesa dello Spirito Santo San Luca in Atti 2,1-4: “Quando venne il giorno della Pentecoste, i credenti erano riuniti tutti insieme nello stesso luogo. All’improvviso si sentì un rumore in cielo, come quando tira un forte vento, e riempì tutta la casa dove si trovarono. Allora videro qualcosa di simile a lingue di fuoco che si separavano e si posavano sopra ciascuno di loro. Tutti furono riempiti di Spirito Santo e si misero a parlare in altre lingue, come lo Spirito Santo concedeva loro di esprimersi”.
La gran giornata che compie l’opera divina sull’umanità, riluce finalmente sul mondo. Dopo la gran solennità dell’Ascensione (Anastasis) di Cristo, ecco il giorno dove è imposto l’ultimo carattere e ricevere “la pienezza di Dio”.

Già nell’Antico Testamento, Israele segnò la gloria futura e sotto gli auspici dell’Agnello pasquale, il suo passaggio attraverso le acque del Mar Rosso. Altre sette settimane erano trascorse nel deserto per giungere alla Terra Promessa, ed il giorno che seguì, fu quello in cui strinse l’alleanza tra Dio e il suo popolo. La Pentecoste (il cinquantesimo giorno), fu segnata dalla promulgazione dei dieci comandamenti della Legge divina, e questo gran ricordo restò in Israele, insieme alla commemorazione annuale di tale avvenimento.

Ma, come la Pasqua, la Pentecoste era profetica: vi doveva essere una seconda Pentecoste, per tutti i popoli, come vi fu una seconda Pasqua per il riscatto del genere umano.
Al Figlio di Dio, vincitore della morte, la Pasqua, con tutti i suoi trionfi; allo Spirito Santo, la Pentecoste, che lo vede entrare come legislatore del mondo, posto ormai sotto la sua Legge.
Quale differenza tra le due Pentecoste!
La prima, ordinava una legge impressa su tavole di pietra, la seconda, accarezzava il cuore e l’intelligenza dell’uomo impadronendosi del suo spirito.

Il cielo non si oscura, non si odono fulmini e tuoni, i cuori degli uomini non sono atterriti dallo spavento come sul Sinai, pulsano, al contrario, sotto l’impressione del pentimento e della riconoscenza. L’ora è giunta…E’ dunque l’ora predestinata da tutta l’eternità: l’ora Terza, in cui la fiamma eterna ed incerata che è nelle Tre persone divine, discende dal cielo per adempiere gli intenti misericordiosi dell’Emanuele, per stare con il piccolo uomo della terra fino alla fine del mondo.
Improvvisamente un vento scuote la terra, sibila al di fuori e abita nel Cenacolo. Già il Cristo, aveva detto di lui: “Il vento spira dove vuole, e tu ne senti la voce!” (Gv.3,8), potenza invisibile, Spirito eterno dell’amore e della presenza di Dio.

Non meravigliamoci che la Chiesa abbia segnato nella liturgia, un posto così privilegiato alla Pentecoste, quanto quello conferito alla stessa Pasqua, essendo l’importanza di questo mistero, così considerevole nell’economia del cristianesimo. La Pasqua è il riscatto dell’uomo per mezzo della vittoria di Cristo: nella Pentecoste lo Spirito Santo prende possesso dell’uomo redento. L’Ascensione è il mistero intermedio. Da un parte è il completamento della Pasqua, perché stabilisce l’uomo-Dio vincitore della morte e capo dei fedeli alla destra del Padre; dall’altra determina la venuta dello Spirito Santo sulla terra.

Questa discesa non poteva avvenire prima della glorificazione di Gesù, e i padri ce né danno numerose ragioni che ci aiutano a comprendere. Bisognava, infatti, che il Figlio di Dio, che con il Padre è il principio della processione dello Spirito Santo, nell’essenza divina, inviasse anche personalmente questo Spirito sulla terra. Questo Spirito che infiamma e unisce, è chiamato nella Sacra Scrittura il “Dono di Dio”; ed è in questa circostanza che Padre e Figlio lo inviano.

A partire da questo momento liturgico, avviene un’effusione di fuoco che copre la terra; lo Spirito Santo anima tutto, agisce in ogni luogo. Noi che conosciamo il Dono di Dio, non dobbiamo far altro che lasciare spazio nel nostro cuore e lasciarci avvolgere da questa sacra brezza.
“Egli è fuoco, fuoco che consuma” (Deut.4,24).
A Maria l’arcangelo Gabriele aveva detto: “Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo” (Lc.1,35).
Arricchiti dallo Spirito Santo nel battesimo, nella Cresima, negli altri sacramenti e nella preghiera, formiamo in lui “il Cristo totale”, cioè la Chiesa, da mare più di noi stessi.

Oremus:
Spirito divino, anima i tuoi fedeli perché siano luce del mondo, sale della terra e fermento della massa, pronti a tutto osare per portare Gesù nella cultura, nelle arti, nelle leggi e soprattutto nei poveri, negli afflitti e nei perseguitati il tuo amore che consola”.

1 Padre nostro…
10 Ave Maria…
1 Gloria al Padre…
1 Gesù mio perdona…

Nel quarto mistero glorioso si contempla: ” Maria è assunta in cielo”.

Riflessione:
“Apparve nel cielo un segno grandioso: una donna vestita di sole, la luna sotto i suoi piedi e una corona di dodici stelle sul suo capo: aveva un bimbo in seno e gridava per le doglie, nel travaglio del parto. Poi apparve nel cielo un altro segno: un grande dragone, rosso scarlatto, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi; la sua coda si trascinava dietro la terza parte delle stelle e le scaraventava sulla terra. Il dragone si fermò davanti alla donna che era in procinto di partorire, pronto a divorarle il bambino” (Ap.12,1-4).

A Maria assunta in cielo si applicano le parole dell’apocalisse. Nella visione profetica di San Giovanni questa donna eccezionale appare nella attesa di un figlio e in lotta con il dragone, l’eterno nemico di Dio e degli uomini.

Questo quadro di luce e d’ombre, di gloria e di battaglia fa pensare alla realizzazione della promessa messianica contenuta nelle parole rivolte da Dio al serpente ingannatore: “ostilità io porrò tra te e la donna, e tra il tuo seme e il seme di lei: esso ti schiaccerà la testa” (Gn.3,15).

Tutto ciò si è attuato per mezzo di Maria, la Madre del Salvatore contro il quale Satana si è scagliato, ma dal quale è stato definitivamente vinto. Cristo, Figlio di Maria, è il Vincitore; tuttavia perché l’umanità possa godere in pieno della vittoria da lui riportata è necessario che, come lui, sostenga la lotta. In questo duro combattimento l’uomo è sostenuto dalla fede in Cristo e dalla potenza della sua grazia; ma lo è pure dalla materna protezione di Maria che dalla gloria del cielo non cessa di intercedere per quanti militano alla sequela del suo Figlio divino.

Essi vinceranno in virtù del sangue dell’Agnello (Ap.12,11), il sangue che gli fu donato dalla Vergine Madre. Maria ha dato al mondo il Salvatore, per mezzo del suo sangue “è giunta la salvezza, la forza e il regno di Dio e la potenza del suo Cristo”. Così è avvenuto perché tale è stata “la volontà di Colui che ha stabilito che tutto noi avessimo per mezzo di Maria”.

Mentre la visione apocalittica mostra il figlio della donna “rapito verso Dio e verso il suo trono”, presenta la donna stessa in fuga verso il “luogo preparato da Dio”, figura dell’assunzione di Maria nella gloria dell’Eterno. Maria è la prima a partecipare in pieno alla sorte del suo Figlio divino; legata a lui come madre e “compagna generosa” che “cooperò in modo del tutto singolare” alla sua opera di Salvatore, ne condivide la gloria, assunta in cielo in anima e corpo.

Gesù ha voluto sua madre sempre e totalmente unita a sé: Tutta di Dio nell’Immacolata concezione, tutta per Gesù nella consacrazione verginale, tutta con Gesù nella divina maternità, nella vita nascosta di Nazareth, nella passione e nella morte. Era giusto e doveroso che gli restasse unita nella gloria in anima e corpo.

Maria ha raggiunto la gloria prima di tutte le creature, ha realizzato in modo perfetto il disegno di Dio sull’uomo ed ora cammina con l’umanità e la guida sulle strade del Redentore, verso la salvezza eterna.
Noi rinnoviamo la nostra devozione alla Madonna. Come lei, mettiamo tutta la nostra gloria nel rimanere uniti a Cristo nella vita e nella morte; a lei consacriamo il nostro amore di figli. Onoriamola, imitiamola, preghiamola specialmente con la preghiera del santo Rosario.

Oremus:
” Signore, che hai tanto amato e onorato la Madre tua, concedi a tutti i suoi devoti, specialmente popoli in guerra, di ritrovare la via della pace e dell’unità con la tua Chiesa”.

1 Padre nostro…
10 Ave Maria…
1 Gloria Padre…
1 Gesù mio perdona…

Nel quinto mistero glorioso si contempla: “Maria è coronata regina del cielo e della terra”.

Riflessione:
Maria è stata “dal Signore esaltata quale Regina dell’universo, perché fosse più pienamente conformata col Figlio suo, Signore dei dominanti e vincitore del peccato e della morte”. Maria che durante la sua vita terrena fu strettamente associata a Cristo e a lui conforme fino ad avere l’anima trafitta dalla sua passione e ad offrirlo morente al Padre, doveva essergli unita anche nella gloria. Ecco perché la Liturgia le riconosce il titolo di Regina e come tale la celebra assisa accanto al Re suo Figlio: “Risplende la Regina alla tua destra” (Salmo 45,10) .

Maria risplende per la sua concezione immacolata, per la pienezza di grazia che l’adorna, per il suo privilegio di Madre di Dio, per il doloroso martirio sofferto insieme al Figlio, per la fede senza confronti, per la verginità intatta, per l’umiltà profondissima, per l’amore che si dona senza misura. Queste prerogative costituiscono Maria Regina degli apostoli e dei martiri, dei confessori e delle vergini, di tutti i santi e perfino degli angeli.
La regalità di Maria è tutta pervasa da una soave umiltà che la fa essere assai più madre che Regina.

Tuttavia è madre regale, di una regalità benigna e dolcissima della quale si vale per portare agli uomini la salvezza meritata dal Figlio. La sua regalità materna la rende potente sul cuore di lui per ottenere grazie di conversione e di perdono; la rende potente per richiamare i peccatori, sostenere i deboli, infondere coraggio agli avviliti e fortezza ai perseguitati, per attirare i lontani e i dispersi., per donare guarigione fisica nel nome di Gesù.
Il popolo di Dio la invoca con fiducia e la supplica perché “esaltata in cielo sopra i beati e gli angeli…intercede presso il Figlio suo, finché tutte le famiglie dei popoli…siano felicemente riunite in una sola Chiesa, a gloria della santissima e indivisibile Trinità”.

Ecco perché scende spesso sulla terra e attira nei suoi santuari milioni di figli per consolarli e riportarli al Figlio, con ognuno mostrandosi madre.
Noi non siamo più “stranieri né ospiti ma concittadini dei santi e familiari di Dio” (Ef.2,19). Noi che abbiamo ricevuto “uno spirito di adorazione filiale che ci fa esclamare: “Abbà, Padre” (Rm.8,15), non separiamoci mai da questa gloriosa famiglia, camminiamo con i nostri fratelli e sorelle, amiamo la Madre, obbediamo al Padre.

Oremus:
” Dio che anche ai nostri giorni susciti nella tuo popolo tanti santi laici, religiosi, sacerdoti, vescovi e papi, fa che la santità cristiana sia ideale, ricchezza e gloria di tutte le nazioni; fa che Gesù e Maria siano da tutti glorificati e portino a tutti i popoli prosperità e pace”

1 Padre nostro…
10 Ave Maria…
1 Gloria al padre…
1 Gesù mio perdona…
1 Salve Regina…

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