Il Santo Rosario: Misteri della Luce

Giovedì

Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
O Dio, vieni a salvarmi.
Signore, vieni presto in mio aiuto.

Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo:
Com’era nel principio, ora e sempre nei secoli dei
Secoli. Amen.

Gesù mio, perdona le nostre colpe, preservaci dal
fuoco dell’inferno, porta in cielo tutte le anime,
specialmente le più bisognose della tua misericordia.

Sono i misteri: del battesimo, del primo miracolo, della proclamazione del regno, della trasfigurazione e dell’istituzione dell’Eucaristia.

Sono i misteri: della rivelazione di Dio agli uomini, del cammino di Gesù, Figlio di Dio, verso Gerusalemme, in espiazione dei peccati del mondo.

Devono diventare i misteri: del nostro percorso spirituale, fino al compimento nell’eternità e della nostra professione cristiana pubblica.

Nel primo Mistero della Luce si contempla: “Gesù, al fiume Giordano, si fa battezzare.

Riflessione:

Il Vangelo di Marco inizia con un titolo scarno, ma preciso, circa l’identità di Gesù: “Inizio del Vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio”. Segue poi la presentazione di Giovanni il Battista e il racconto del battesimo di Gesù. Marco non narra nulla dell’infanzia di Gesù. Egli lo mostra già adulto mentre viene battezzato nel fiume Giordano, e mentre riceve ufficialmente dal padre il mandato per la sua missione di salvezza. Si può affermare che il racconto del battesimo è la solenne illustrazione del titolo, con la quale Marco dimostra che Gesù è il vero Figlio di Dio, incaricato dal Padre di salvare gli uomini di tutti i tempi.

“Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto”. L’espressione dell’evangelista è costituita da due parti: la presentazione che il Battista fa di Gesù e la narrazione del battesimo di Gesù. Il senso è chiaramente isaiano e prelude alla passione del Messia. Nella trasfigurazione la voce dal cielo lo presenterà a pochi intimi come Figlio, tuttavia Marco ci fa comprendere che gli uomini possono riconoscerlo come Figlio solo se accettano il calvario.

Facendosi battezzare, Gesù riceve ufficialmente l’investitura messianica; lo Spirito Santo discende su di lui. Il battesimo inaugura la sua vita pubblica e contiene in potenza tutto l’itinerario che egli dovrà percorrere. La sua opera sarà quella del Servo, quella dell’Agnello di Dio che libera il mondo dalla schiavitù del peccato. Ecco perché questo primo battesimo riceverà il suo pieno significato solo nel giorno del battesimo nella morte: “Devo ricevere un battesimo, e quale non è la mia angoscia fino a quando non sia consumato” (Lc.12,50). Questo battesimo nella morte stabilirà Gesù come primogenito del vero popolo di Dio, come la pietra angolare di un mondo nuovo.Per incorporarsi all’edificio del regno, ogni essere umano è invitato a ricevere, in un vincolo con Gesù, il battesimo nello Spirito santo.

Ora chiudiamo gli occhi e proviamo ad immaginare, immedesimandoci, nel luogo del battesimo. Pensiamo al fiume Giordano che scorre lentamente sotto il sole cocente della valle per lo più desertica che prende il suo nome. Qualche rara pianta fa capolino tra la folla che attende il turno per presentarsi al Battista. Tra questi vi è Gesù. Cammina lentamente, andando avanti. Si avvicina in silenzio e ascolta la voce stentorea di Giovanni il penitente del deserto. Gesù è tra i tanti, proprio come se si trattasse di uno che doveva mondarsi per prepararsi per la venuta del Messia. E’ confuso nella folla, popolano tra i popolani.

Tuttavia Giovanni avverte qualcosa, forse un’emanazione spirituale speciale. Osserva chi gli si fa incontro e individua la fonte del turbamento che gli procura un fremito. Provate a percepire la tensione. Colui che doveva preparare la via del Signore, se lo trova dinanzi. Gli sguardi s’incrociano fissandosi un istante, solo i cuori emettono parole e sentimenti. Il Battista, dopo quegli attimi interminabili ed estasianti, esclama: “Ecco l’agnello di Dio. Com’è che a me viene il mio Signore?
Gesù risponde: “Per compiere il rito di penitenza”.
Quindi il cielo si aprì e lo Spirito Santo scese su Gesù sotto forma di colomba. Dal cielo poi venne una voce: “Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto”.

La frase sottende molti brani dell’A.T., soprattutto il Salmo 2. Ma qui la tonalità si fa più intima, è più sull’affettuoso. Forse perde in solennità, ma acquista in tanta tenerezza. Un commentatore che sa rendere stupendo il messaggio evangelico, scrive: “E in quel momento la Trinità danzò di felicità”.

Fratelli e sorelle, noi siamo battezzati nella morte e resurrezione di Gesù. Col battesimo diventiamo tutti figli di Dio nell’unico Figlio Gesù. Col battesimo che si riceve al fonte battesimale il Padre partecipa in Cristo Gesù la sua stessa natura divina. Noi siamo realmente Figli di Dio e non solo per modo di dire. E siccome formiamo una sola cosa con Cristo, anche su di noi il Padre pronuncia quella frase piena d’intimità, amore e tenerezza. Su ciascuno di noi Egli dice: “Tu sei il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto”. E anche per noi quel commentatore potrebbe scrivere: “E in quel momento la Trinità danzò di felicità”.

Se trovassimo un momento per riflettere su questa verità, scopriremmo che si tratta della sostanza del cristianesimo dalla quale scaturisce tutta una vita.

Fratelli e sorelle, dedichiamo un po’ di tempo alla riflessione della Parola di Dio.

1 Padre Nostro….
10 Ave Maria….
1 Gloria al Padre….
1 Gesù mio, perdona….

Nel secondo Mistero della Luce si contempla: “Gesù alle nozze di Cana si svela”

Riflessione:

Si tratta di un racconto che sotto un’apparente facilità di comprensione nasconde, in realtà, un significato molto ricco.
L’evangelista Giovanni si preoccupa di concludere la narrazione con una frase che rivela chiaramente l’intenzionalità del fatto: “Questo fu il primo dei segni compiuti da Gesù in Cana di Galilea. Manifestò la sua gloria e i suoi discepoli cedettero in lui”.

Nel Vangelo la presenza di Maria è normalmente taciuta, ma compare da protagonista nei momenti salienti, anzi strategici della missione del Figlio Gesù. Del resto è compito di una mamma esserci sempre, è suo dovere non mancare alle svolte decisive della vocazione dei figli.

Uno di questi momenti fondamentali accade a Cana, luogo in cui Gesù inizia la sua predicazione e compie il suo primo miracolo. Cana è situata sul percorso esistenziale di Maria e di Gesù dalla volontà di Dio, perché qui deve avvenire qualcosa di profetico.
La conversione dell’acqua in vino avvenuta a Cana è l’immagine della rigenerazione avvenuta nel battesimo con il dono della figliolanza divina dentro di ciascuno di noi.

Giovanni non si limita ad annotare i particolari ma, al contrario, dimostra di sapere distinguere tra particolare e particolare. Infatti, nel dichiarare quasi all’improvviso “non hanno più vino”, l’apostolo dà un peso particolare, fattuale e decisionale all’esaurimento della loro disponibilità di vino per mantenere il tenore della festa entro i confini della gioia, della trasformazione, del cambiamento e dell’azione successiva.

I diretti responsabili della festa nuziale non sanno cosa fare. Come ovviare al disagio incombente? Il banchetto nuziale è sull’orlo del collasso e della vergogna. La mancanza di vino è la rovina della festa. A questo punto del racconto Giovanni introduce i nuovi protagonisti: Maria e Gesù.
Una madre intuisce le paure nascoste, i problemi e le preoccupazioni dei figli. In lei esiste un sesto senso, quello delle intuizioni: Maria, Madre di Gesù, percepisce col cuore di mamma, lo scoramento e forse anche l’inquietudine degli sposi. Si alza e va da Gesù. Essa sa come rivolgersi al Figlio di Dio, perché Madre e perché anche conosce la sua missione, e dice: “Non hanno più vino”.

Maria è sollecita per i suoi ospiti come per tutte le persone bisognose, insiste dolcemente presso suo figlio. Lo Spirito Santo la ispira e le suggerisce le parole più convenienti, dandole coraggio. Essa chiede un favore per gli altri, intercede per gli altri, e non per se stessa.
Le risponde Gesù: “Che vuoi da me, donna? La mia ora non è ancora venuta”.

La risposta esprime una chiara reticenza, tuttavia la comunicazione di Maria suona alle orecchie di Gesù come una sollecitazione e prendere a cuore la situazione, ad intervenire con la carità del suo cuore. E anche la precisazione di Gesù a proposito della sua “ora”, rappresenta una difficoltà interpretativa più per noi che per Maria. La risposta è evidentemente profetica, proprio nel momento in cui Gesù inizia la sua missione, il suo pensiero è rivolto al momento finale, cioè all’esaltazione della Croce.
A questo punto gli occhi di Maria si riempiono di luce e di timore nell’ascoltare la risposta del Figlio suo perché di portata profetica, “una lama ti trapasserà il cuore”. Ma nonostante ciò raccomanda ai servi: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela!”

Il passo successivo è da approfondire, oltre le apparenze, il comportamento di Gesù .
In lui, dopo che Maria, che ormai ha predisposto le cose e gli animi all’accoglienza dell’opera divina del Figlio di Dio, sembra in atto un raccoglimento interiore che richiama alla mente i grandi silenzi biblici, quando Dio si consulta prima di intervenire nella guida del suo popolo. Gesù sa di porsi oltre il possibile umano, mettendo nel ritmo del quotidiano il ritmo del “tutto è possibile a Dio”.
Comunque i servitori riempirono le giare d’acqua fino all’orlo, com’era stato loro ordinato.

Quindi Gesù aggiunse: “Attingete e portatene al direttore di mensa”.
L’acqua è convertita in vino sotto gli occhi meravigliati dei servitori chiamati ad attingere vino dalle giare. Non ci sono parole di fronte al miracolo della vita di Dio con noi.
La conversione dell’acqua in vino, compiuta da Gesù a Cana, intende far capire ai discepoli, attraverso i segni, il mistero della sua Persona, la sua origine dal Padre, il suo totale abbandono a Lui, il suo cammino verso “l’ora”.
Così Gesù ha manifestato la sua gloria e i suoi discepoli hanno creduto in lui. Cioè i discepoli si fidano di Gesù, allo stesso modo con cui Maria Madre si fida del figlio. Gesù, cari fratelli e sorelle, è una scuola, una dimora vivente dello Spirito divino, è il Messia, è il Salvatore, è il nuovo Adamo, è il restauratore del regno di Dio in terra: “ Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino, convertitevi e credete al Vangelo” (Mc.1,15).
La fede, perciò, è conversione, apertura al nuovo, disponibilità, sensibilità all’ascolto della voce di Dio che parla attraverso Gesù Cristo, suo Figlio unigenito, il Verbo fatto carne.

Fratelli e sorelle, ripartiamo da Dio ogni giorno, in quell’unione d’amore che lega Maria a Gesù, e scopriamo che senza Dio “non abbiamo senso e speranza, perché senza futuro”.

1 Padre Nostro….
10 Ave Maria….
1 Gloria al Padre….
1 Gesù mio, perdona….

Nel terzo Mistero della Luce si contempla: “La buona notizia del regno di Dio”

Riflessione:

“Gesù venne dalla Galilea predicando il Vangelo di Dio e diceva: “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al Vangelo” (Mc.1,14-15).

In questa breve sintesi Marco utilizza il linguaggio della catechesi cristiana: vangelo di Dio, convertirsi e credere. Pare che il modo di presentare l’attività di Gesù non differisca molto dal modo usato da Matteo, tuttavia ha delle precisazioni molto significative. Anzitutto la dichiarazione: “Il tempo è compiuto”. Vale a dire che è passato il tempo delle promesse e dell’attesa: il Messia è venuto e sta iniziando il suo ministero. Cioè è la sua presenza che colma i tempi rendendoli veicolo della misericordia di Dio e storia della salvezza. Per questo motivo “il regno dei cieli è vicino”, tanto vicino che il Figlio di Dio è tra gli uomini per insegnare e aprire ad essi la via che vi conduce. Il regno è “vicino”, però non è ancora realtà completa, bensì in fase di attuazione; la vicinanza diventerà presenza attuale, possesso personale quando l’uomo, accogliendo l’invito di Gesù, avrà realizzato in sé le condizioni necessarie per entrarvi.

Condizione primaria è la conversione, il cambiamento profondo della vita che esige anzitutto la lotta contro il peccato, la ripulsa di tutto ciò che fa deviare dall’amore e dalla legge di Dio. Conversione simile a quella che Dio aveva chiesto a Ninive per mezzo di Giona e che i Niniviti accolsero abbandonando la loro condotta perversa (Giona 3,10).
Questa è la condizione richiesta per prendere parte a questa nuova possibilità, cioè la decisione di cambiare, di convertirsi, e il coraggio di rischiare la vita su questa offerta annunciata: credere nel Vangelo. Una rottura con le paure e le schiavitù del passato e un’apertura piena e libera al nuovo futuro offerto da Dio.

L’uomo, fratelli e sorelle, deve aderire positivamente al Vangelo con una fede vivificata dall’amore che non si accontenta di accettarlo in teoria, ma lo traduce in esistenza, lo mette in pratica. E’ quindi necessario deporre quella mentalità terrestre per cui l’uomo vive ed agisce unicamente in vista di interessi e felicità temporali. “Passa la figura di questo mondo” (1 Cor.7,31) ci ammonisce San Paolo; non è cristiano attaccarsi al mondo come ostriche allo scoglio.Occorre farsi una mentalità evangelica capace di produrre desideri, intenzioni, abitudini, comportamenti del tutto conformi al Vangelo di Gesù. Ciò è urgente giacché “il tempo ha avuto una svolta”, determinata appunto dalla venuta di Gesù per cui ora non resta che una fase della storia: quella che separa l’oggi dalla venuta finale di Gesù Cristo. Il tempo ormai non ha che un senso solo: ritmare il passo dell’uomo, come individuo e come comunità, nel suo cammino verso l’eterno.

Nell’annuncio di Gesù, è concentrata tutta la serietà e l’urgenza della parola di Dio come risuonava negli oracoli dei profeti. Ma ora essa non permette più rimandi cavillosi, né astuti compromessi, perché si presenta con la concretezza di una persona: il regno di Dio è qui, ora, in Gesù, il Cristo.

Fratelli e sorelle, pace, felicità, salvezza caratterizzano l’irrompere del regno di Dio nei cuori e nella storia. E’ concluso il tempo dell’attesa, il tempo è compiuto, il momento decisivo, l’occasione propizia e favorevole è giunta. Nella parola e nell’azione di Gesù si fa vicino il regno di Dio. Esso è qui ora, a portata di mano, come reale possibilità offerta a tutti, di liberazione, di giustizia, di pace e felicità.

1 Padre Nostro….
10 Ave Maria….
1 Gloria al Padre….
1 Gesù mio, perdona….

Nel quarto Mistero della Luce si contempla: “La trasfigurazione di Gesù sul monte Tabor”

Riflessione:

Il racconto della trasfigurazione, nella struttura del Vangelo di Marco rappresenta un momento vertice, corrispondente alla narrazione del battesimo. Qui Gesù, nuovamente, viene proclamato dalla rivelazione divina “il Figlio diletto”. Però stavolta si tratta di una rivelazione fatta ai discepoli, in un momento decisivo e critico dell’attività pubblica di Gesù.

Davanti ai tre prediletti, che saranno pure testimoni del Getsemani, Gesù si trasfigura, come i corpi gloriosi dopo la resurrezione. Il monte Tabor ci ricorda il monte Sinai; la voce del Padre proclama Gesù Figlio, perciò Mosè ed Elia, i due rappresentanti dell’A.T. della legge e dei profeti, testimoniano che l’antica alleanza la scia il posto alla nuova. Il Figlio prediletto perpetuerà la gloria momentanea attraverso il sacrificio (servo di Jahwè, Is.42,1).

Tutti lo devono ascoltare, seguendolo per la strada del sacrificio personale già percorsa dai precursori tra cui Giovanni Battista, se vogliono raggiungere con lui la gloria eterna dei figli di Dio.
La trasfigurazione è la seconda delle tre grandi rivelazioni che scandiscono la lotta sofferta ma vittoriosa del regno di Dio nella persona di Gesù. Il battesimo ne era stato il preannuncio divino, la passione e la resurrezione ne saranno il compimento. Di mezzo la rivelazione ai discepoli: in Gesù, Messia sofferente e vittorioso, Dio manifesta la sua gloria e la sua potenza di salvezza.

La trasfigurazione è una viva esortazione ad ascoltare Gesù quando parla delle sue sofferenze e della sua morte, senza cessare di riconoscerlo come Messia definitivo, come il Servo fedele di Dio.
L’incomprensione dei discepoli prima della risurrezione resta profonda. La Chiesa e i credenti sono chiamati a “incarnarsi” nel mondo, a essere presenti nelle sue strutture, ma solo per trasformarle, accettando di morire a ogni successo terreno, a ogni auto-sicurezza. La loro vittoria apparirà solo quando, spezzati dalla morte, risorgeranno in un mondo che essi avranno aiutato a trasfigurare.

Ma c’è da considerare anche la proposta di Pietro: “Rabbi, si sta bene qui; facciamo dunque tre tende: una per te, una per Mosè e una per Elia”. Essa esprime molto bene la reazione umana di fronte all’esperienza del mondo escatologico: “Non sapeva però che cosa dicesse!”.
Marco sottolinea la frase forse per scusare la gaffe di Pietro, ma anche per evidenziare l’estraneità e la distanza della nuova esperienza rispetto al livello di comprensione dei discepoli, i quali reagiscono con spavento davanti alla manifestazione del mistero di Gesù.

Come nell’Esodo, la nube è un simbolo caratteristico della presenza misteriosa e intima di Dio. La parola celeste di rivelazione riprende il salmo 2,7, alla luce del quale la comunità cristiana esprime la sua fede in Gesù risorto.

E’ qui che emerge il messaggio centrale di tutto il racconto. Il cammino di Gesù verso la morte non è rassegnata sottomissione a una fatalità storica, non è il fallimento di un progetto, ma la rivelazione piena della sua identità. Si tratta dell’esplosione del suo amore e della sua piena libertà di Figlio fedele; quell’amore e quella libertà rimandano ad un mondo che già traspare nei suoi gesti e nelle sue parole quotidiane, ma che i discepoli nell’intimità con Gesù in modo privilegiato hanno potuto intravedere.
Scriverà Giovanni: “Noi contemplammo la sua gloria, gloria come di Unigenito dal Padre, pieno di grazia e verità” (Gv.1,14).

Fratelli e sorelle, non la contemplazione estatica del meraviglioso, né la paura paralizzante di fronte al divino, ma l’adesione piena e impegnata all’insegnamento di Gesù ci darà al salvezza: Ascoltiamolo!

1 Padre Nostro….
10 Ave Maria….
1 Gloria al Padre….
1 Gesù mio, perdona….

Nel quinto Mistero della Luce si contempla: “Gesù istituisce l’Eucaristia”

Riflessione:

“Prendete, e mangiatene tutti:
questo è il mio Corpo
offerto in sacrificio per voi.

Prendete, e bevetene tutti:
questo è il calice del mio Sangue
per la Nuova ed eterna Alleanza,
versato per voi e per tutti
in remissione dei peccati.

Fate questo in memoria di me.

Nella Santa Messa, il momento della consacrazione dovrebbe essere visto alla luce del Vangelo di Giovanni, dal capitolo 14 al 16 che sono fra i più belli e intimi del N.T. Noi cristiani siamo chiamati non soltanto al servizio, ma anche alla consacrazione, poiché Gesù ci ama: “Io vado a prepararvi un posto; quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io” (Gv.14,2-3). “Ma il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto” (Gv.14,26).
Come possiamo notare si tratta di qualcuna fra le tante consolazioni promesse da Gesù agli apostoli e di un preludio alla consacrazione del pane e del vino.

Mentre il pane e il vino si trasformano nel Corpo e nel Sangue di Gesù, avviene contemporaneamente una trasformazione spirituale in noi credenti che partecipiamo al rito Eucaristico: un’intensa emanazione di energia divina che produce una purificazione nei presenti.
L’Eucaristia rappresenta la presenza perpetua di Dio in questo mondo, è la forma di vita che plasma l’uomo.

Nell’Eucaristia siamo chiamati ad essere discepoli di Gesù, e intraprendiamo un cammino contrassegnato dall’anno liturgico, con cui ripercorriamo gli eventi della sua vita.
Alla domenica, Giorno del Signore, siamo tutti invitati al banchetto che Gesù Risorto prepara per noi. Rispondendo alla sua chiamata, ci ritroviamo insieme a celebrare l’Eucaristia per rinnovare la nostra comunione con Lui e fra di noi nella condivisione della medesima Parola e nell’unico Pane. Memoriale di Gesù, morto e risorto per donarci la vita, la celebrazione eucaristica ci educa ai principali atteggiamenti della vita cristiana: l’accoglienza, la riconciliazione, l’ascolto, l’annuncio, la condivisione, la lode, l’offerta, la comunione, la missione.

Essa ci appare, così, come un’efficace scuola di vita, che ci aiuta a verificare e rilanciare la nostra esistenza. Accolti dal Signore, che ci riunisce nella sua casa, ci apriamo all’accoglienza verso tutti, amando ogni persona con la stessa carità di Gesù. Perdonati dal Signore, davanti al quale riconosciamo i nostri peccati, ci facciamo strumenti di riconciliazione, diffondendo attorno a noi la pace del Risorto. In ascolto del Signore, che ci rivolge la sua Parola, diventiamo suoi discepoli e testimoniamo la bellezza di un’esistenza guidata da questa Luce di verità.

Presentando al Signore il pane e il vino, condividiamo con tutti i nostri beni, riconoscendoli come doni che abbiamo ricevuto da Dio. Facendo memoria della Pasqua di Gesù, lodiamo il Signore per le sue grandi opere, nella certezza che egli continua ad agire anche oggi, guidando la nostra storia e quella dell’intera umanità. Offrendo al Padre il corpo e il sangue di Gesù, offriamo la nostra vita insieme alla sua, affinché anche noi possiamo diventare un sacrificio gradito a Dio. Facendo comunione con Gesù, Pane della vita, viviamo in comunione con tutti, camminando verso un’unità arricchita dalle diversità esistenti fra noi, in dialogo con tutte le espressioni ecclesiali e con gli uomini di buona volontà. Accogliendo il mandato di Gesù, operiamo nel mondo come missionari del suo amore, attraverso la testimonianza della nostra vita.

Ogni volta che ci nutriamo del corpo di Cristo, riceviamo la pienezza dello Spirito Santo, con cui il Padre rinnova la nostra vita.
Con il suo aiuto, riprendiamo il cammino di ogni giorno cercando di rispondere sempre meglio alla vocazione che abbiamo ricevuto nel battesimo come fedeli laici. Ma si tratta anche di una vocazione profetica, che ci chiama a saper interpretare la nostra esistenza e a leggere la storia alla luce della Parola del Signore. Per questo, sentiamo la necessità di vivere momenti di formazione, illuminati dalla Parola, e orientati a rendere sempre più adulta e matura la nostra fede. E’ anche una vocazione sacerdotale, che ci spinge a trasformare la nostra vita e ogni realtà umana in un’offerta gradita a Dio. Da Gesù, che nell’Eucaristia si offre totalmente a noi, riceviamo la forza per donare noi stessi a Lui e ai fratelli rinnovando al nostra adesione alla volontà del Padre.

In questa esperienza di vita Eucaristica contempliamo la Vergine Maria, madre di Gesù, che condivise la vita dei discepoli in preghiera nel Cenacolo e in cammino sulle vie del mondo.
Come lei, ci lasciamo guidare dallo Spirito Santo affinché, docili alla sua azione, possiamo contribuire efficacemente all’avvento del Regno di Dio.

1 Padre Nostro….
10 Ave Maria….
1 Gloria al Padre….
1 Gesù mio, perdona….
1 Salve Regina…

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