Il Santo Rosario: Misteri Gioiosi

Lunedì

Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
O Dio, vieni a salvarmi.
Signore, vieni presto in mio aiuto.

Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo: Com’era nel principio, ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen.

Gesù mio, perdona le nostre colpe, preservaci dal fuoco dell’inferno, porta in cielo tutte le anime, specialmente le più bisognose della tua misericordia

Sono i misteri: dell’Incarnazione, dell’infanzia di Gesù, della sua vita domestica, del suo lavoro, del suo silenzio fino a trent’anni.

Sono i misteri: della verginità e maternità di Maria, della sua fede e della sua ubbidienza, della sua vita di donna di casa, dei suoi primi dolori.

Devono diventare i misteri: della nostra infanzia spirituale, della nostra ricerca di Dio, della nostra vita di famiglia, del nostro lavoro, della nostra preghiera, del nostro raccoglimento, della nostra speranza.

Nel primo mistero gioioso si contempla: “L’Angelo porta a Maria l’annuncio: sarà Madre del Salvatore”.

Riflessione:
Perché il Santo Rosario si apre con il mistero dell’Annunciazione?
Perché il mistero della concezione verginale?
E’ impossibile cogliere il segreto della storia umana, senza subito comprendere che all’inizio di questa storia, vi è stata una gran tragedia: il peccato originale!

Tale peccato ha lasciato delle tracce in tutto il genere umano, nella creazione stessa. E’ da tale maledizione, osiamo dire, che nel sì della Vergine Maria, è penetrata, per volere di Dio, nel suo smisurato amore per l’umanità, la generazione verginale dell’uomo eterno!

Che cosa significa? Il mistero dell’Annunciazione, non consiste soltanto in una glorificazione sentimentale della SS. Vergine, si tratta di un atto fondamentale pensato nella storia dei tempi, in mente Dei, per la redenzione del genere umano, cioè la possibilità del ritorno all’innocenza eterna. E’ per questo fine che la Santa Vergine è stata concepita Immacolata, ha concepito da Dio in modo puro, privo di peccato, ha generato pur rimanendo vergine, ha seguito Suo Figlio fino alla croce e nella Sua Ascensione con la propria Assunzione.

La concezione misteriosa di Gesù Cristo, il mistero dell’Annunciazione, contiene un oceano di possibilità d’adorazione e di meditazione, e questo non è per suscitare speculazioni filosofiche, falsi sillogismi, ma soltanto una vibrazione nella nostra anima ogni qual volta all’inizio della preghiera del S:Rosario, pronunciamo le parole….”nel primo mistero gaudioso sì contempla….” Ecco ciò che occorre veramente contemplare!
Solo così, ogni volta che terminiamo di pregare il Santo Rosario, possiamo affermare di rinascere spiritualmente nella contemplazione dei santi misteri della vita di Gesù Cristo.

Questo deve costituire il quadro intimo del nostro personale cammino in seno al movimento d’evangelizzazione: essere missionari nel mondo ritrovando nel Fiat dell’Annunciazione, il nostro Fiat quotidiano, significa scorgere nella nostra vita la possibilità d’amare e seguire Cristo fino alla croce, soffrire come la Santissima Vergine ai piedi di questa croce, tutto quello che Dio vorrà, per ottenere alla fine la vita eterna.
La Chiesa, nel corso della sua storia, prosegue il cammino e chiama incessantemente ognuno di noi nella via aperta dall’ Ecce Ancilla Domini dell’Annunciazione.

Fratelli e sorelle, ascoltiamo la Parola di Dio specialmente nella Santa Messa e viviamola ogni giorno.

1 Padre nostro….
10 Ave Maria….
1 Gloria al Padre….
1 Gesù mio, perdona….

Nel secondo mistero gioioso si contempla: “Maria visita la cugina Elisabetta”.

Riflessione:
Il Magnificat è il cantico dell’estasi dell’umiltà di Maria.
” L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio mio Salvatore!”

Tutto in Maria Vergine glorifica Dio: i suoi sguardi, i suoi pensieri, le sue intenzioni, i suoi affetti, le sue opere. Perché l’anima possa dire con la Santissima Vergine, magnificat anima mea Dominum, è necessario che essa operi con umiltà in tutto, è necessario che il nostro io entri in un cammino di spogliamento, di profondità interiore. Procuriamo dunque di pronunciare anche noi, lasciando modo all’anima di vibrare, le medesime parole della Madonna per la glorificazione di Dio Padre.

Come poter ridire negli istanti che si sommano agli istanti della nostra esistenza, l’anima mia magnifica il Signore?
” L’abisso chiama l’abisso” (Salmo XLI, 7), dice il salmista.
Ebbene, l’abisso che è formato nell’anima dal vuoto di tutto ciò che è passeggero e di se stessa, chiama, attira un altro abisso; quello delle grazie di Dio. Altro Egli non ci chiede per dilatare le nostre anime, per farle cantare e prorompere di gioia, se non che gli presentiamo dei vasi vuoti. Vasi vuoti ma colmi di speranza, vasi che desiderano di svuotarsi, per essere riempiti da Lui. Dobbiamo esaminare frequentemente di cosa ha fame Cristo, cosa voleva dire Maria Vergine quando pone l’accento nel Magnificat “ha ricolmato di beni gli affamati”. Di quale fame soffrono le nostre anime?

Ecco perché è anzitutto necessario ricevere nei nostri cuori questa vibrazione misteriosa del Magnificat, che nessuna speculazione può suscitare. Altrimenti siamo come i Farisei e gli Scribi che vedevano il Cristo, lo ascoltavano parlare, ma non lo capivano perché nelle loro anime vi era il rumore d’altri suoni e il cantico del Magnificat non poteva prevalere.
Che cerchi, dice Tommaso da Kempis, di là dal Regno, di là dall’eternità?
E risuona nelle nostre anime ancora una volta la parola eterna: “Di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono!”

“La giustizia dell’uomo è sempre l’indulgenza di Dio”, dice San Bernardo.
La misericordia di Dio apre il cantico alla spiegazione delle immense realtà concesse dall’Eterno agli uomini proseguite nel Magnificat:
“ha spiegato la potenza….Ha rovesciato i potenti….
Ha innalzato gli umili…Ha ricolmato….”

Proviamo a ripetere tutti i verbi incontrati nel cantico e a trasformare la nostra preghiera in un rendimento di grazie più che in richieste d’aiuto da parte di Dio. Tante volte, tutti noi facciamo esperienza della riduzione della nostra preghiera in semplici richieste di bisogni che tante anime ci domandano, ma certe volte emerge la questione: ….Quante volte diciamo a Dio, lodandolo, grazie anziché avrei bisogno di….? Quante volte nella nostra preghiera formuliamo l’espressione: “Signore, non ho nulla da chiederti e nulla da domandarti, ho solo bisogno di lodarti e dirti grazie e di ripeterti che ti amo!”

Allora ci accorgeremmo che ogni verbo di cui è composto il cantico del Magnificat diverrà nostro, perché la nostra esistenza stessa si trasformerà in rendimento di lode e di grazie.
Fratelli e sorelle, abituiamoci al rendimento di lode e di grazie e le nostre grigie esistenze canteranno anch’esse “Magnificat anima mea Dominum”, come Maria Vergine quando incontrò Elisabetta.
Che cosa fece scattare nel cuore della Madonna il bisogno di cantare se non la gioia dell’Onnipotenza di Dio che stava prendendo forma nel seno della cugina? Il piccolo Giovanni che le stava crescendo dentro, era la prova tangibile dell’amore, della grandezza dell’Eterno, poiché la Madonna si beava di quell’eternità.

Due donne s’incontrano, ognuna porta nel suo grembo un gran mistero: Una del Figlio dell’uomo, l’altra quello del più grande uomo tra i nati di donna!”
Prima che l’intelligenza possa meditare e approfondire i fatti e le parole che Maria ed Elisabetta si sono scambiate per circa tre mesi, è necessario che l’uomo apra il proprio cuore e riceva l’amore per la Parola, questa è la legge che concerne tutti i fatti della storia sacra dell’umanità.

Sappiamo che nel grembo d’Elisabetta, Giovanni ha trasalito allo sguardo che gli occhi delle due donne si sono scambiati, perdendosi uno nell’altro nella profondità della conoscenza di Dio. Maria ed Elisabetta, avevano in pratica fatta esperienza dell’amore dell’Eterno che va oltre la nostra schematicità e riduzione intellettuale. Elisabetta ormai non più in grado di generare per la sua età avanzata, ora stava per divenire madre, una fanciulla di Nazareth di nome Maria, senza avere conosciuto uomo, ora attendeva un bambino.

C’è da meditare carissimi fratelli e sorelle, occorre che ci fermiamo su questo punto con la stessa gioia, lo stesso entusiasmo, la stessa capacità di meraviglia che ha vibrato nel seno d’Elisabetta. Siamo chiamati a liberarci dalle nostre contraddizioni che complicano il nostro modo di vivere la fede.
Rechiamoci anche noi ad Ebron, stabilendo nelle nostre anime, come ci ricorda Santa Caterina da Siena, una cella interiore ove nessuno entri se non Dio e ritorniamo nuovamente con la Madonna a Nazareth al nostro lavoro, alle nostre occupazioni, alle nostre case. Forse non risolveremo i problemi, ma certamente potremo ridurre le stonature del nostro canto interiore e ripetere con la stessa felicità di Maria: “Magnificat anima mea Dominum!”

Fratelli e sorelle, siamo disponibili e gentili con tutti e impegniamoci nell’apostolato.

1 Gloria al Padre….
1 Padre nostro….
10 Ave Maria….
1 Gesù mio perdona….

Nel terzo mistero gioioso si contempla: “Gesù nasce a Betlemme”.

Riflessione:
Nel silenzio che avvolge il mistero dell’Incarnatus est, mistero della nascita di Cristo, domandiamoci quali furono i primi attimi dell’anima di Gesù, nel momento del Fiat, nel sentirsi unita ipostaticamente al Verbo.
Che cosa dovette provare il Figlio di Dio, nell’essere ricevuto, per la sua unione con il Verbo nel seno del Padre, nel Sancta Sanctorum della Divinità?

Maria, non poteva essere distratta, modello dell’anima orante, immobile, restava in ginocchio, con il capo chino sul petto, con tutto il suo essere avvolto in un silenzio di quiete e d’adorazione, contemplava nel suo seno, il mistero incomparabile dell’Incarnatus est!

La vita della piccola fanciulla di Nazareth, dopo l’Incarnazione fu una triplice orazione continua: orazione di quiete, orazione di passione, orazione d’amore.
Orazione di quiete poiché in nessuno dei suoi atti, Maria ricercava se stessa. Cercava solo Gesù. In loro restava silenziosa, lontana da se stessa, nessun’azione la poteva ormai distrarre, dalla contemplazione del Verbo.
Orazione di passione, poiché pur presagendo le sofferenze, le incomprensioni di Giuseppe, adempiva l’Ecce ancella Domini, libera da ogni giudizio che le avrebbe causato la nascita del Figlio di Dio.
Orazione d’amore, poiché vivendo completamente di là di se stessa, senz’altra occupazione che quella di amare il Verbo Incarnato nel suo seno, s’inabissava sempre di più in questo mistero per mezzo di un abbandono totale, e ad ogni istante ripetuto nel soffio dello Spirito Santo che ormai l’abitava interamente.

Il suo seno verginale fu dunque la prima grotta di Betlemme, il primo tabernacolo. Era lei la Betlemme di Dio, la casa del pane dell’Eterno, poiché il suo grembo, dopo il misterioso Fiat, aveva scaldato, nutrito, accolto il Verbo, ancora prima della reale stalla della piccola città della Giudea.
Se l’uomo non è invaso da questo sacro mistero dell’Incarnazione del Cristo, trasmesso con tanta dolcezza, rimane estraneo al messaggio del terzo mistero gaudioso.

E’ necessario, per ogni tempo e più particolarmente per quest’inizio del terzo millennio della storia, poter entrare con tutto il nostro essere nel più profondo segreto che riguarda l’universo intero, altrimenti la grotta di Betlemme, i pastori, i magi, l’asino e il bue, sembrano una leggenda.
E’ necessario, fratelli e sorelle, che la certezza di un Dio che s’incarna nel seno di una vergine, diventi una realtà, un atto di vita e d’amore per ognuno di noi.
Per accettare queste grandi realtà, per riceverle con certezza e amore, fiducia, gioia e con liberazione, bisogna avere compreso che non vi è soluzione di pace, di vita eterna, di là della morte senza la venuta di un Essere nuovo.

Perché la razza umana fosse trasformata ontologicamente (che concerne l’essere perché tale), quest’Essere, non doveva provenire unicamente dalla stirpe adamitica.
E così Dio è entrato nell’umanità pur rimanendo Dio e divenendo uomo perfetto.
Nella città di Betlemme, in quella notte misteriosa, una stella illuminò l’universo, gli angeli spiegavano nel cielo il loro volo, cantando:
” GLORIA A DIO NELL’ALTO DEI CIELI E PACE IN TERRA AGLI UOMINI DI BUONA VOLONTA”!

Ecco, fratelli e sorelle, il messaggio del mistero della Natività, lasciato direttamente da Dio, al piccolo uomo della terra: sii un uomo di buona volontà e avrai parte nel Regno.

1 Padre nostro….
10 Ave Maria…..
1 Gloria al Padre….
1 Gesù mio perdona….

Nel quarto mistero gaudioso si contempla: Gesù è presentato al tempio.

Riflessione a cura di un Padre ortodosso:

“Quello che personalmente mi commuove molto in questo mistero è la figura del vecchio Simeone. Viveva sulla terra, mangiava, camminava, con una sola attesa: vedere il Salvatore!
Non aveva alcun altro scopo, né altro sostegno. Aveva senza dubbio qualche amico o parente, ma viveva tali rapporti e tale sostegno umano in un’attesa stabile e quando ha visto colui che attendeva ha chiesto di morire: ” O Signore, ora che hai mantenuto la tua promessa lascia che io, tuo servo, me ne vada in pace” (Lu.2,29).

In questo mistero è anche molto commovente la figura della Santissima Vergine, che passa come un’ombra, molto umile attraverso questo avvenimento. E’ andata verso il Signore per adempiere la Legge. Noi scriviamo molti libri e lungo i secoli di discorre e si discute per sapere perché la Santa Vergine dovesse andare a purificarsi, quale significato avesse tale purificazione. Credo che La Vergine in quel momento non sapesse esattamente il significato dal punto di vista intellettuale dei segni, dei simboli, delle allegorie della Legge…
Ha inteso tuttavia, la parola profetica: “…Quanto a te, Maria, il dolore ti colpirà come colpisce una spada”.

Il testo evangelico non afferma che Maria pronunciò delle parole, ma dall’insieme della narrazione, dal profumo di questo passo della Scrittura, emana la certezza che la parola di Simeone penetrò la Santissima Vergine e in quel momento Ella ha assunto e compiuto con la sua accettazione, tutto il mistero di quel dolore.
Quando Maria e Giuseppe ebbero adempiuto la Legge, le profezie che erano state loro annunciate, riguardavano l’avvenire, la Passione. Ritornarono in Galilea nella città di Nazareth e ripresero la vita ordinaria senza movimenti e fatti esteriori straordinari.

Per quanto ci riguarda sovente la vita d’ogni giorno ci appare insopportabile, abbiamo sempre bisogno di cose straordinarie per sentirci di buon umore e ottimisti. Ma è bene pensare che le cose straordinarie passano, mentre quelle eterne non passano. Il segreto della vita eterna è che non ha eventi straordinari, essa è continua.
Ad ogni istante della vita, dobbiamo fare come la Santissima Vergine e San Giuseppe: andare, venire, sull’autobus, per strada, al lavoro con la certezza che il segreto della vita eterna è il vivere nell’attesa.

1 Padre Nostro…
10 Ave Maria…
1 Gloria al Padre…
1 Gesù mio, perdona…

Nel quinto mistero gioioso si contempla: “Gesù è ritrovato nel tempio”.

Riflessione:
Quest’episodio della vita di Gesù, rompe il silenzio degli anni di Nazareth e serve ad indicare la vera identità di Gesù e la sua missione. Il nostro centro d’interesse nella frase profetica di Gesù al Tempio: ” Non sapevate che io debbo stare nella casa del Padre mio?”

Fratelli e sorelle, Gesù ci rivela il suo rapporto unico con Dio, il Padre, com’era stato annunciato dall’Angelo. Il legame profondo col Padre diventa il principio guida delle sue scelte. In questa prima frase di Gesù al Tempio si sentiamo già il timbro delle parole che dirà nella sua esistenza pubblica, quando interpreterà la sua missione salvifica per gli uomini. Tutti gli altri particolari dell’episodio del quinto mistero, la festa di pasqua, la presenza nel Tempio tra i maestri, la domanda della madre, sono subordinati al motivo centrale e da questo ricevono nuovo significato.

Non scordiamo che il pellegrinaggio delle famiglie a Gerusalemme per la pasqua rientrava nelle usanze religiose ebraiche. La partecipazione del giovane Gesù, nell’anno che precede il riconoscimento della maturità religiosa del giovane ebreo, fissata a tredici anni, rende comprensibile anche la sua permanenza nelle adiacenze del tempio, dove i maestri tenevano le loro lezioni sulla Legge religiosa per i giovani che dovevano essere riconosciuti “adulti”, con il diritto di leggere la torah nella sinagoga. Gesù partecipa alla discussione, ascoltando e ponendo domande, secondo il metodo d’insegnamento in uso nelle scuole rabbiniche.

Noi, tuttavia, rileggiamo questi dati alla luce della rivelazione successiva di Gesù. Egli non è soltanto pieno di sapienza, ma è la sapienza stessa, vale a dire la rivelazione piena della divina volontà. In tale situazione anche la permanenza di Gesù a Gerusalemme, nel tempio, la ricerca angosciosa di Maria e Giuseppe, sono tratti allusivi al dramma della passione che si svolgerà a Gerusalemme tre anni più tardi.

La domanda della madre, formulata secondo un’espressione stereotipa della letteratura biblica, perde ogni sfumatura di rimprovero. Essa rivela, se mai, stupore e un oscuro presentimento del futuro. Maria non comprende la risposta di Gesù, come non la comprenderanno gli apostoli che rimarranno stupiti e impauriti davanti all’annuncio della passione. E questo non è redazione, non un’osservazione di carattere psicologico, ma un invito alla riflessione per tutti gli uomini.

La realtà profonda di Gesù, in particolare la sua missione, che passa attraverso la morte per arrivare alla gloria, può essere accolta soltanto per mezzo della fede. Questo è precisamente l’atteggiamento di Maria di Nazareth: una fede riflessiva e attenta, una fede progressiva che matura e si approfondisce fino all’esperienza pasquale.
Fratelli e sorelle, ritorniamo a Nazareth per salvare la sanità della famiglia e la dignità del lavoro.

1 Padre nostro…
10 Ave Maria…
1 Gloria al Padre….
1 Gesù mio perdona…
1 Salve, o Regina, madre di misericordia; vita, dolcezza e speranza nostra, salve.
A te ricorriamo, noi esuli figli di Eva: a te sospiriamo gementi e piangenti in questa
Valle di lacrime.
Orsù dunque, avvocata nostra, rivolgi a noi quegli occhi tuoi misericordiosi. E mostraci
Dopo questo esilio Gesù, il frutto benedetto del tuo seno. O clemente, o pia, o dolce
Vergine Maria.

Il Santo Rosario – Indice: