Il convito della sapienza

Lectio Divina – 28

LIBRO DEI PROVERBI

“Il convito della Sapienza”

9,1-6. 10-12

Introductio.

Lodiamo Dio nostro Padre che ci ha chiamato ad ascoltare la sua Parola. Preghiamo Maria Vergine Madre perché ci assista nel ricevere lo Spirito Santo.

Vieni, Santo Spirito, nei nostri cuori e accendi
In essi il fuoco del tuo amore. Vieni, Spirito Santo,
e donaci per intercessione di Maria che ha saputo
contemplare, raccogliere gli eventi della vita di
Cristo e farne memoria operosa, la grazia di
Leggere e rileggere le Scritture per farne anche
In noi memoria viva e operosa.
Donaci, Spirito Santo, di lasciarci nutrire da questi
Eventi e di riesprimerli nella nostra vita.
E donaci, Ti preghiamo, una grazia ancora più
Grande: quella di cogliere l’opera di Dio nella
Chiesa visibile e operante nel mondo. Amen.

Lectio.

Come si è formato il Libro? In linea generale si può ricostruire la storia in questi termini: partendo da un materiale popolare di detti e sentenze in genere brevi, incisivi e figurati. Al tempo di Salomone si raccolsero assieme i primi scritti, sotto l’influsso della civiltà egiziana con cui il figlio ed erede di David ebbe rapporti molto stretti (1 Re 4,3).

Il lavoro di raccolta ed elaborazione della sentenza, che in ebraico si chiama “masal”, perdura per tutta la monarchia e risente delle civiltà con cui Israele ha relazione.

Se leggiamo con attenzione il Testo, ne ricaviamo un quadro e un’idea della sapienza abbastanza particolare. Si tratta, infatti, di conoscenza della vita, di abilità tecnica, di comportamento sociale in cui non entra alcun elemento religioso specifico. Se vogliamo, è una sapienza laica, accessibile anche all’uomo assennato, retto ed esperto fuori della rivelazione (capp. 10-29).

Probabilmente questa parte del testo fu completata prima dell’esilio di Babilonia (587 a.C.). Il Libro, nella sua forma attuale fu invece completato un secolo dopo, in pratica ad esilio ultimato, per definire l’aspetto morale della nuova comunità. Fu allora che fu aggiunta la prima parte, capp. 1-9, nella quale è descritta la radice e la natura della Sapienza, o meglio, la Sapienza nel suo fondamento teologico, dove troviamo i versetti che preghiamo oggi.

Il popolo deve avvertire che non esiste per lui una morale, per così dire, laica, ma solo una risposta di fedeltà alle proposte di Dio che si rendono note attraverso la Sapienza. In altre parole, la sapienza umana sta nell’accogliere e nel rispondere alla Sapienza divina, ed alla radice il timore del Signore. Questa idea cardine del prologo intende, infatti, mostrare in che cosa il sapiente d’Israele è diverso dai sapienti degli altri popoli, benché si regoli sulle stesse massime. Di fatto, non sono queste che lo definiscono savio, bensì il temere Dio e l’aderire alla Sapienza (=Signore Sapienza o Signore Follia: dipende dalle scelte): poste queste condizioni, i criteri degli altri popoli possono valere per lui, non prima.

Se è importante leggerli sapendo che rappresentano un certo grado di maturazione della coscienza del popolo di Dio, è altrettanto importante cogliere che essi aspettano il loro compimento. Tale compimento è, evidentemente, in due direzioni: quella della Sapienza divina che si rivela nel Figlio Salvatore, e quella della sapienza umana che si realizza nell’accettarne il dono di salvezza.

Leggiamo il cantico tutti insieme attentamente.

Meditatio.

Nei primi capitoli del Libro sono riassunte in maniera plastica i quadri vivi della Sapienza e della Stoltezza (=Signora Sapienza e Signora Follia). Ognuna di loro invita l’uomo, scervellato e capriccioso, ad un banchetto festoso. La Signora Sapienza gli pone davanti la vita, mentre sulla tavola della Signora Follia c’è solo la morte. Noi mediteremo l’invito della Signora Sapienza con qualche accenno alla Signora Follia per meglio comprendere il senso dei versetti oggetto della preghiera.

Il Canto dell’invito della Signora Sapienza consiste di tre parti:

-Costruzione della casa e allestimento del banchetto vv.1-2;

-Invio delle ancelle ad invitare la gente vv.3-6;

-Scelta della vita o della morte vv.10-12.

Diciamo subito fuori metafora che l’uomo non è solo. Nessuno può illudersi di muoversi in un mondo asettico e vuoto in cui può vivere senza decidere e senza scegliere, ma ognuno ( e l’esperienza d’ogni giorno lo insegna) si muove in un universo popolato di voci contrastanti che lo chiamano e lo sollecitano, con maggiore o minore intensità, con inviti più o meno densi di contenuto, tanto che è necessario schierarsi: sperare di potere rimanere neutrali è un’illusione pura e semplice. Com’è un’illusione sperare di vivere saggiamente senza contrasti o follemente senza conseguenze.

Per questo motivo, confrontiamo subito i vv. 1-6. 10-12 (Signora Sapienza), con i vv.13-18 (Signora Follia); quasi fossero le due tavole di un dittico, tenendo presente però che le due protagoniste, non vi sono raffigurate staticamente, solenni come le immagini delle icone, ma come due personaggi vivi e dotati, ciascuno, di una propria vitalità.

La Signora Sapienza è una donna che si dà da fare secondo un ordine mentale, noi diremmo: secondo una gerarchia di valori e un chiaro obiettivo. Il suo progettare e agire sono identificati da sette verbi: Edificare, scolpire, macellare, mescolare (il vino nell’antichità non si bevevo mai puro, ma sempre mescolato con acqua, miele, aromi; perciò doveva essere assaggiato, come alle nozze di Cana, per sapere se era stato trattato al punto giusto), imbandire, mandare, proclamare.

Sette è un bel numero, confermato da quello delle colonne della casa della Signora Sapienza: significa che costei sa quel che vuole, appunto, e che sa come arrivarci, fino ai dettagli eleganti. Tanto che prende l’iniziativa di inviare messaggeri e sa offrire ai suoi invitati cibo e bevande di qualità. La Signora Sapienza agisce apertamente, invita perché ha delle proposte autentiche da fare, in cui non c’è nulla da tenere nascosto. Incarna quindi un modo di essere che si propone non come pura apparenza, ma come progetto che sa attuarsi, durare e proporsi.

Della Signora Follia diremo soltanto che benché abbia i tratti in comune con la Signora Sapienza, le due donne rappresentano due realtà molto diverse e, anzi, due direzioni opposte per chi transita sulla strada della vita. Esse usano a tratti un linguaggio simile, talché si richiede grande attenzione per discernere la verità dei loro discorsi.

Ascoltare e dare retta all’una o all’altra, accettare cioè di sedere alla loro tavola e di condividere il loro cibo, non è perciò cosa da prendere alla leggera: è questione di vita o di morte.

Rileggiamo il cantico in silenzio attenti ai suggerimenti dello Spirito santo.

Contemplatio.

O mio Dio, tu mi inviti nella casa della Sapienza, dove mi viene imbandita una mensa con pane e vino: cibi semplici ma che danno la vita. Il tuo è un invito chiaro ed insistente: saggio è colui che presuppone una relazione con Te, che ha un atteggiamento umile ed accogliente nei Tuoi confronti; stolto è colui che ti si oppone, che disprezza il Tuo invito, che orienta le proprie scelte su basi differenti. Signore, ti supplico, fammi sapere quel che vuoi da me; fammi intendere che quando voglio ciò che tu vuoi, allora voglio il mio maggior bene, perché certamente Tu non vuoi che il meglio per me.

Io sono spesso incoerente: ragiono di virtù e santità, ma agisco in conformità a passioni e vizi poco combattuti. Ho gran cura di non oltrepassare il limite del peccato.

Il pane e il vino, che ci offri alla mensa della Sapienza, è il Corpo ed il Sangue di Gesù, Tuo Figlio Unigenito, nostro salvatore, cibo della nostra vita eterna, ma devo accoglierlo con atteggiamento umile, seguendone l’esempio, come ci insegna Maria, la nostra Mamma Celeste.

“ O Gesù, tu sei la luce a coloro che aprono gli occhi per vederti; ma a quelli che li chiudono, sei pietra d’inciampo” (Bossuet, meditazioni sul Vangelo).

Conclusio.

Temere Dio ed aderire alla Sapienza è questo l’invito rivolto al discepolo. Timoroso è il discepolo che accetta la disciplina, è il giovane che accetta la correzione, è il saggio che non presume di sapere, ma pondera prima di decidere. Il rispetto del Signore fa spazio a Dio nell’ambito intellettuale e sapienziale, con la consapevolezza che nessuna sapienza umana regge di fronte a YHWH, perché l’uomo, nonostante la sua intelligenza, non è in grado di padroneggiare tutte le situazioni. Aderire alla sapienza vuol dire accogliere Gesù come Salvatore, come Colui che ci rivela i misteri di Dio, i Suoi piani di salvezza per l’umanità, il senso autentico delle Scritture.

Grazie Santissima Trinità per questa ora di preghiera.

Sia lodato in eterno il Tuo nome.