Beati gli affamati e assetati di giustizia

La Bibbia parla sovente degli ansiosi di fare la volontà di Dio. E non soltanto in riferimento alla esperienza fisica della fame e della sete. L’immagine della fame e della sete è assunta per significare il bisogno dell’uomo nei confronti di Dio. I profeti parlano della fame e della sete come di una esperienza misteriosa dell’uomo.

“O voi tutti che siete assetati, venite nelle acque, e voi che non avete denaro venite ugualmente, comprate e mangiate” (Is.55,1). “Attingerete acqua con gioia alle sorgenti della salvezza” (Is.12,3).

Anche i Salmi parlano della fame e della sete di Dio, che il pio israelita sperimenta in sé: “Come la cerva anela ai corsi d’acqua, così l’anima mia anela a te, o Dio. L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente..”(Sal.41,2-3).

Vedete, in genere sotto l’immagine della fame e della sete è espresso l’atteggiamento dell’uomo che ha bisogno, che va cercando, ed è tormentato da tanti desideri e aspirazioni.

E’ difficile che un uomo sia sazio. L’uomo di ogni tempo, anche e del nostro tempo, ha fame e sete. Anche nella civiltà del consumismo nella quale viviamo circondati da ogni genere di cose, c’è ancora fame e sete. Non soltanto perché i beni della terra sono distribuiti male e ingiustamente, ma anche perché l’uomo più ha e più vorrebbe avere.

C’è dentro in lui una specie di insaziabilità.

La fame e la sete dell’uomo in questo senso figurato non hanno, però, una direzione univoca. C’è chi ha sete di denaro e c’è chi ha sete di potere, c’è chi ha sete di amore e c’è chi ha sete di esperienze, di virtù o di vizio. Questo dinamismo dell’uomo che si apre e vuole essere colmato da qualche cosa che è al di sopra di lui, almeno idealmente, e al di fuori di lui, è una esperienza radicale.

Da questa fame e sete costituzionali dell’uomo deriva lo sviluppo della storia, della scienza, della civiltà, della tecnica. Se gli uomini non avessero desideri e aspirazioni, tutto si fermerebbe. L’uomo invece è una realtà aperta, che tende sempre, magari inconsciamente, verso orizzonti che sono il superamento di se stesso. Proprio i maggiori cultori e assolutizzatori del valore dell’uomo hanno coniato il termine “super uomo”, cioè “realtà sopra l’uomo”.

Ci possiamo domandare, senza perderci in un discorso filosofico, ma rimanendo nei limiti della nostra fede, che significa questo. Sant’Agostino diceva, con una espressione tanto significativa: “Signore, tu ci hai fatto per te e il nostro cuore è inquieto fino a che non riposa in te” (Confessioni).

L’uomo nella sua esperienza può mettere al posto di Dio tutti gli idoli che vuole. Ma ce li mette in questa prospettiva. Se non è orientato verso il Signore passa da un idolo a un altro. E la inquietitudine continua.

La beatitudine evangelica: “Beati gli affamati e gli assetati” (coloro cioè che vogliono fare la volontà del Signore) è in questo ordine di idee.

Ecco perché il discorso di Gesù si inserisce nel perenne discorso biblico dove la fame e la sete vengono assunte a similitudine di una esperienza interiore. In Matteo, Egli specifica:” Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia”.

Questa giustizia, di cui parla la beatitudine, non è riducibile soltanto alla giustizia di cui noi parliamo tanto. Noi abbiamo dato al termine giustizia tanti contenuti relativi.

Alla luce della fede nessuno è giusto tranne Dio. Dio è giusto nel senso che è santo, ma anche nel senso che Dio, essendo il principio di tutte le cose, ne è anche l’Ordinatore, colui che le finalizza. La giustizia quindi è partecipazione alla giustizia di Dio, alla vita di Dio giusto, di Dio Santo; ed è anche realizzazione del rapporto con Dio secondo il suo disegno. Abbiamo, quindi, una giustizia di carattere oggettivo, che è il partecipare della santità di Dio. E abbiamo una giustizia di carattere, per così dire, finalistico, nella quale includiamo il nostro rapporto, sia personale che collettivo, con l’ordine di Dio. Nella misura in cui noi partecipiamo della vita e della santità di Dio, non possiamo non essere in sintonia con i disegni del Signore.

Dio è giusto anche perché nei suoi rapporti con noi creature, rispetta ciò che ha fatto, cioè la nostra natura. Vuole pure che noi rispettiamo la nostra condizione e che entriamo sempre più nel progetto da lui voluto. Soprattutto i rapporti interpersonali devono essere secondo giustizia per non cadere nella demagogica esperienza quotidiana, e il nostro punto di riferimento non può non essere che la Giustizia di Dio, il Giusto.

Gesù ha detto: ” Siate perfetti come è perfetto il vostro Padre celeste” (Mt.5,48). Se le persone consacrate a Dio vi sono tenute in modo particolare, i semplici fedeli non ne sono per questo dispensati perché “il mondo non può essere trasfigurato e offerto a Dio senza lo spirito delle beatitudini”.

Senza autentico spirito di povertà, senza amore alla croce, senza mitezza, come senza fame e sete di giustizia, nessun cristiano può vivere con pienezza le istanze del suo battesimo e diffondere intorno a sé lo spirito evangelico. Eppure non sono molti i cristiani così affamati e assetati di fare la volontà di Dio per cui nella loro vita la ricerca del regno di Dio e della sua giustizia è sempre in prima linea. Infatti, nel credente sono sempre vive la fame e la sete delle cose terrene, la cui intensità fa deviare il cuore in cerca di soddisfazioni umane chiudendo alla fame di quelle celesti. Ecco perché bisogna pregare e ascoltare la Parola per conseguire la grazia di una vera povertà di spirito che libera il cuore dall’impaccio di tanti legami terreni e lo dispone ad un’unica fame, ad un’unica sete, quelle lodate dal Signore.

Allora il cristiano abbandona ogni desiderio di essere satollato dai beni terreni e diventa sempre più affamato a assetato di Dio, di comunione con lui, di dedizione, di amore.

Totalmente preso da questa fame e da questa sete, egli non può concedersi riposo; per quanto faccia per Dio gli pare sempre di fare troppo poco, e mentre non tollera in sé la minima infedeltà alla grazia, s’impegna con tutte le forze per accendere in altri cuori la fame e la sete di cui soffre.

“L’amore di Cristo ci spinge” (2^Cor.5,14), diceva San Paolo, e ardeva dal desiderio di prodigarsi per la gloria di Dio e per il bene delle anime. Solo Dio sazia questa fame, inizialmente qui in terra e compiutamente nella vita eterna quando la sua presenza ne placherà ogni ansia.