Cristo patì per voi

Lectio Divina – 14

1^ Pietro 2,21-25

Introductio: Meditiamo un istante sulla presenza di Gesù in mezzo a noi riuniti nel suo Nome, lodandolo e ringraziandolo. Preghiamo la Madonna, con l’Ave Maria, perché ci assista nell’accogliere Lo Spirito Santo.

“Vieni, Spirito Santo, nei nostri cuori e accendi
in essi il fuoco del tuo amore. Vieni, Spirito Santo,
e donaci per intercessione di Maria che ha saputo
contemplare, raccogliere gli eventi della vita di
Cristo e farne memoria operosa, la grazia di
Leggere e rileggere le Scritture per farne anche
In noi memoria viva e operosa.
Donaci, Spirito Santo, di lasciarci nutrire da questi
Eventi e di riesprimerli nella nostra vita.
E donaci, Ti preghiamo, una grazia ancora più
Grande: quella di cogliere l’opera di Dio nella
Chiesa visibile e operante nel mondo”. Amen.

Lectio.

La prima lettera di Pietro è portatrice di un messaggio specifico che sovente è stato misconosciuto. Il suo vero valore viene in luce con tutta evidenza non appena si prende in considerazione lo stato di cose a cui la lettera si riferisce. Pietro non si trovava nella situazione di dovere porre i fondamenti della fede, ormai noti ai lettori ai quali egli si rivolgeva. Di fronte alle crescenti difficoltà che si presentavano alle comunità cristiane, si trattava piuttosto di esortare i battezzati ad essere perseveranti, a motivo della speranza che era stata loro annunciata.

A tale scopo, Pietro orienta lo sguardo dei suoi lettori su Gesù Cristo, affinché prendano ( o riprendano) coscienza della forza vitale nuova che è in loro; egli insiste pure sul carattere vittorioso della speranza che hanno ricevuto e che deve diventare sorgente di una perseveranza attiva e gioiosa nella vita d’ogni giorno. Pietro ha la certezza che i suoi lettori sono stati scelti da Dio in Gesù Cristo e fanno ormai parte del suo popolo. Egli vuole tuttavia renderli più profondamente radicati nell’opera compiuta dal loro Signore e Maestro. In questo senso, rammenta a loro il sacrificio di Gesù e le sue sofferenze, per spronarli a seguire il suo esempio. Per lo stesso motivo, insiste sulla vittoria di Cristo; vittoria che si estende a tutte le sfere dell’universo e alla quale neanche la morte può fare ostacolo. Ormai i credenti devono mantenersi uniti a colui che è la pietra angolare, il solido fondamento della comunità.

*Leggiamo attentamente i versetti in oggetto.

Meditatio.

“Cristo patì per voi, lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme:”

Il decisivo argomento che Pietro porta per dare l’esatta idea del cristianesimo, è la raffigurazione del signore stesso quale può essere dettata dal suo cuore colmo d’amore. Facendosi vittima per noi, Gesù Cristo ci ha, infatti, preceduti in questo nostro destino. Tutto ciò che è detto della passione di Gesù deve essere inteso come un modello da imitare. Ma se in tutto si deve seguire il suo esempio, occorre farlo anche nel suo patire “per voi”, in altre parole per noi. Anche noi, dunque, dobbiamo precedere coraggiosamente, con la nostra silenziosa costanza nelle difficoltà, altri uomini che, senza aiuto, si perdono d’animo. Anche noi dobbiamo indicare ad altri l’unica via, dovessimo pur segnare il cammino con orme di sangue! (pensiamo per un istante ai tanti missionari sparsi per il mondo! Ma ricordiamo anche coloro che si sono sacrificati anche in Italia, per la giustizia).

“…egli non commise peccato e non si trovò inganno sulla sua bocca,…”

Per meglio comprendere questo versetto e quelli che seguono, facciamo il parallelo tra le sofferenze degli schiavi (lo siamo tutti in una certa misura) e quelle di Gesù, per riportare poi lo sguardo da Gesù ai cristiani. L’immagine di Gesù sofferente che ne risulta non è soltanto quella di un esempio che rianima e incoraggia: essa risplende in tutta la sua divina grandezza. “Egli non commise peccato”, tuttavia, pur innocente, è stato sacrificato. Sulle sue labbra non vi fu mai parola avventata, falsa o odiosa. Noi lottiamo ancora contro i nostri difetti; ma Cristo poté porre a tutto il popolo e ai suoi discepoli, che erano con lui, la domanda: “Chi di voi mi convincerà di peccato?” (Gv.8,46). Nonostante questa assoluta innocenza, il Padre celeste gli fece percorrere la via del dolore, così poco comprensibile per voi, per noi, quella del servo di Jahvè, che Isaia aveva già descritto in modo impressionante.

“…oltraggiato non rispondeva con oltraggi, e soffrendo non minacciava vendetta…”

Davanti a noi sta un’immagine di Cristo sofferente, quale nessun evangelista del N.T. ha finora mostrato: un uomo che è ingiuriato e oltraggiato come uno schiavo che si sia immischiato in cose che non lo riguardano, che è ricoperto di critiche e di scherni, e continua a tacere. Traspare qui l’intima preoccupazione di Pietro per chi vuole esortare. E vi trapela anche tutto l’amore dell’amico di Gesù, che, dal suo temperamento focoso portato istintivamente a rispondere all’ingiuria con l’ingiuria, giunge ad intuire le tentazioni di Cristo durante la passione. Anzi, egli va più in là, e fa comprendere come sarebbe stato facile per il suo Maestro minacciare i suoi carnefici di una punizione divina (al contrario Gesù, sulla croce, pregherà il Padre di perdonarli, perché non sapevano ciò che facevano). Anche a noi verrebbe a volte la tentazione di invocare la vendetta di Dio per le offese da noi personalmente subite. Pietro interviene per ammonirci: così dunque imitate il Cristo?

“…ma rimetteva la sua causa a colui che giudica con giustizia.”

Pietro non fa riferimento al processo sostenuto da Gesù davanti al sinedrio e a Pilato; egli ci vuole comunicare: Gesù poneva se stesso, in pratica il suo “caso giuridico”, tutta la cura di fare giustizia dell’ingiustizia che gli era addebitata, al Padre celeste, offrendo in questo modo l’esempio a noi, di affidare a Dio la vendetta (Rom.12,19). Gesù non solo affidò al giudice eterno il suo caso giuridico, ma offerse anche se stesso all’ira divina quale vittima espiatrice. Quindi ci donò un esempio ancora più grande, prendendo umilmente su di sé una condanna sanguinosa che sarebbe toccata all’umanità. In questo modo fu “Parola” di Dio, che indica la via da percorrere. Ecco perché anche noi dobbiamo essere disposti a prendere sulle nostre spalle il dolore, senza chiedere se l’abbiamo meritato, coscienti del fatto che “ormai è tempo che cominci il giudizio della casa di Dio”. La storia dell’umanità, con tutte le sue sofferenze, che spesso proprio degli innocenti devono sopportare, diviene più comprensibile se noi la vediamo nella prospettiva quale giudizio grande e terribilmente severo sul peccato e sulla disubbidienza delle creature verso il loro Creatore.

“Egli portò i nostri peccati sul suo corpo sul legno della croce,…”

Gesù non solo portò sul Calvario il peso dei peccati dell’umanità, ma si fece egli stesso vittima espiatrice, nella sua incarnazione, mediante il suo essere uomo come noi. Dio fatto uomo, divenne quindi l’agnello sacrificale, prendendo su di sé “i peccati del mondo” (Gv.1,29). Pietro ha ancora davanti agli occhi la visione di Gesù che si trascina verso il Calvario, sul quale, già da lontano, spicca il legno, il palo impiantato verticalmente. E rammenta come egli portò il legno trasversale, come gli furono inchiodate le mani per poi essere issato sul palo verticale, pendendo da esso, da quel patibolo che divenne altare. Pietro non termina il versetto in seconda persona; non parla più dei vostri peccati: parla invece dei nostri peccati, perché si sente egli stesso coinvolto. E vuole pure sentirsi abbracciato, inserito nel disinteressato Amore umanato.

“…perché, non vivendo più per il peccato, vivessimo la giustizia;…”

L’attenzione in questo versetto è posto sulla meta positiva, per la cui realizzazione è presupposto il rifiuto del peccato: affinché viviamo per la giustizia. Gesù è il nostro modello anche sotto questo punto di vista. Infatti, egli visse per la giustizia, pronto com’era a soffrire per i peccati altrui e ripristinare l’ordine sconvolto. Fu il suo amore che lo spinse a ristabilire il vero e giusto rapporto tra Dio e l’umanità. Quindi, anche per noi, vivere per la giustizia significa vivere per l’amore, poiché l’amore cristiano ha assai poco a che fare con i sentimenti (anche se benedetti), ma è strettamente unito alla volontà di attuare la giustizia. Una vita vissuta per il prossimo, una vita che non indietreggia di fronte ad una croce da portare per altri, non è altro che un vivere per la giustizia. Si tratta, in ultima analisi, che del semplice adempimento di quel gran comandamento: “Ama il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutte le forze e con tutta la mente, e il prossimo tuo come te stesso” (Lc.10,27).

“…dalle sue piaghe siete stati guariti”.

Le piaghe sono il risultato della flagellazione e delle percosse sul corpo nudo di Gesù. Pietro si richiama a questo invitandoci a guardare la schiena di Cristo, che è simile alla nostra. Dunque, noi siamo stati risanati, come da un’amara medicina, per mezzo di queste piaghe. Prima eravamo malati, forse come quella prostituta alla quale Gesù disse: ”La tua fede ti ha salvata; va’ in pace!” (Lc.7,50). L’uomo a cui lei credette era, infatti, appunto, colui che più tardi, anche per lei, si sarebbe fatto mettere in croce. Coloro ai quali Pietro si rivolge, si ricordano forse di essere stati anch’essi guariti quando furono battezzati; perciò saranno forse più pronti, in avvenire, a sopportare per gli altri l’ingiustizia della flagellazione (in altre parole, le afflizioni della vita diretta o indiretta).

Contemplatio.

Con le sublimi parole di questo cantico, Pietro ci immette nuovamente a contatto con la realtà del mistero di Cristo, Uomo Dio, che ha sofferto indicibilmente per noi. E’ come se ci trovassimo alla presenza di una liturgia corale di ringraziamento, celebrata per l’occasione e con gratitudine verso Colui che ci ha redenti.

Noi siamo esposti a situazioni di angustia e da mille problemi: situazioni nelle quali il ricorso al Signore ottiene la divina risposta liberatrice. A volte nelle nostre esistenze è come se vagassimo nel deserto con le immancabili sofferenze finché impariamo a vedere, osservare, e gioire e comprendere la bontà del Signore nostro. Le sofferenze dobbiamo viverle come prove nell’unione alla Passione di Cristo. La santità ad imitazione di Cristo. Gesù soffre innocente per colpa dell’umanità. Il suo atteggiamento non è dettato dalla fiducia in un ricorso in appello che rimetterebbe le cose a posto. Gesù, al contrario, ha portato i nostri peccati per suscitare in noi colpevoli una trasformazione completa. Le rinunce di Gesù vogliono provocare le nostre. Le nostre, però, non sono rinunce d’innocenti, ma di colpevoli. Le piaghe di Gesù sono la nostra guarigione se l’orientamento della nostra vita cambierà direzione, volgendosi dall’egoismo al servizio.

Essere pronti a soffrire nella propria carne è la prova di una disponibilità non soltanto ideologica, ma effettiva. In modo più generale, la non violenza proclamata, infatti, da Gesù è il segno più alto della generosità e del rispetto umano.

Le parole di Pietro ci esortano a vivere sull’esempio di Gesù Cristo e a seguire una dirittura morale che, per noi cristiani, consiste anzitutto nell’amare il Signore, nell’amare come il Signore, nell’amare tutti quelli che ama il Signore.

Conclusio.

Le esortazioni di Pietro mi hanno insegnato che devo amare e non importa come, quando e dove. Poiché devo unirmi a Dio, in Cristo Gesù, il Signore della vita, verso tutti, buoni e malvagi: “Il Padre vostro celeste fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti. Se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani?”

Una simile politica dell’amore porta frutti a lungo termine, tuttavia, certo di avere accanto Gesù, non mi lascio vincere dal male, ma cerco di vincere col bene il male. E’ possibile immaginare che cosa sarebbe una società in cui tutti i conti siano regolati in un istante, un universo in cui ogni diritto fosse immediatamente e implacabilmente rivendicato? La pazienza nel sopportare “le piaghe” trova la sua giustificazione nel fatto che ha la possibilità di vincere il male con il bene.

E allora mi pongo la domanda: Come ne sarebbe dell’umanità dove imperasse il bene, in altre parole l’amore?”

Non lo so, però conosco molto bene l’umanità senza l’amore!

Signore Gesù, abbi pietà di me!

Amen.