Ringraziamo con gioia Dio

Lectio Divina – 10

Colossesi 1,3.12-20

Introductio: Preghiamo la Madonna, con l’Ave Maria, perché ci assista nell’accogliere lo Spirito Santo.

“Vieni, Spirito Santo, nei nostri cuori e accendi
In essi il fuoco del tuo amore. Vieni, Spirito Santo,
E donaci per intercessione di Maria che ha saputo
Contemplare, raccogliere gli eventi della vita di
Cristo e farne memoria operosa, la grazia di
Leggere e rileggere le Scritture per farne anche
In noi memoria viva e operosa.
Donaci, Spirito Santo, di lasciarci nutrire da questi
Eventi e di riesprimerli nella nostra vita.
E donaci, Ti preghiamo, una grazia ancora più
Grande, quella di cogliere l’opera di Dio nella
Chiesa visibile e operante nel mondo”. Amen.

Lectio. Leggiamo il testo con attenzione

L’evangelizzatore dei Colossesi non fu personalmente Paolo, bensì Epafra, un ricco greco della città che era stato convertito al cristianesimo da Paolo in Efeso… Anche nelle città vicine sorsero comunità cristiane, ma in nessuno di questi centri cristiani Paolo era conosciuto di persona non essendovi mai recato. Tuttavia egli nutriva grande affetto per quelle comunità, seguendone con ansia le sorti. La comunità cristiana era composta in massima parte di pagani convertiti, ma non mancavano gli Ebrei, piuttosto numerosi nella Frigia. Bisogna tenere presente questa composizione della Chiesa per rendersi conto, almeno in parte, dello strano errore che è iniziato a serpeggiare nella comunità e che Paolo combatte decisamente nella lettera.

La comunità di Colossi era minacciata dal “sincretismo”, vale a dire la tendenza a mettere sullo stesso piano della verità cristiana idee provenienti da altre filosofie e altre religioni, fenomeno che anche oggi tenta molte persone (vedi New Age, per esempio).

I cristiani, sebbene si conservassero saldi nella fede e fervorosi nella carità, tuttavia mostravano un’eccessiva tendenza a mischiare, speculativamente, le abitudini pagane locali e in parte anche da dottori giudei, i quali influivano sulla comunità cristiana dal di fuori. Si speculava sul mondo angelico considerato quale intermediario fra il Dio invisibile e gli esseri visibili, e che era chiamato col termine di “Plèroma” (=pienezza); si studiavano i rapporti fra questo Plèroma e il Cristo Gesù, giacché era stato suggerito – con ogni probabilità dai dottori giudei – che il Cristo non poteva essere superiore all’intero Plèroma angelico ma tutt’al più ad alcune sue schiere meno eccelse, non già però a quelle nobilissime dei Troni, delle Dominazioni, dei Principati e della Potestà.

Per respingere questi suggerimenti subdoli alla fede cristiana, e in genere per moderare la tendenza alle speculazioni sincretiste, Paolo espone nella lettera alcune idee fondamentali della cristologia; così pure respinge prescrizioni di cibi e bevande, e di festività da calendario, suggerite sempre dai dottori giudei.

Perciò, la lettera include parecchie istruzioni su ciò che si deve evitare e su ciò in cui ci si deve impegnare e istruzioni specifiche per le famiglie cristiane. La prospettiva generale in cui la vita cristiana deve essere vissuta è caratterizzata da Paolo come: “Rendimento di grazie” .

Meditatio.

Il primo sentimento che prova Paolo è un’intima soddisfazione e gioia spirituale che lo porta a

“ringraziare” Dio, “Padre del Signore nostro Gesù Cristo” (v.3), per tanta fioritura di bene e di virtù nella Chiesa di Colossi; la “fede”, il cui oggetto centrale e la cui sorgente sono Cristo, e la “carità” verso i fratelli sono alimentate e sorrette dalla fiduciosa “speranza” dei beni immortali, che essi un giorno riceveranno “nei cieli” e che fin dal presente sono loro assicurati e come messi “in serbo” in Paradiso.

La fonte poi di tutti questi beni è il Vangelo, che è “parola di verità” e dono gratuito (“grazia”) di Dio nello stesso tempo. Quando esso è devotamente “ascoltato” e accettato nell’interezza della sua “verità”, non può non “fruttificare” e “crescere” come un albero robusto (vedi parabola del chicco di senapa”).

Ma non basta. Com’è grato Paolo verso il Signore, così lo devono essere i cristiani per i benefici della loro salvezza. E’ Dio, infatti, che li ha “resi capaci” e ha dato loro la grazia di entrare a far parte della “eredità dei santi” (v.12), di appartenere cioè al “popolo” di Dio, da lui amato e protetto e che costituisce ormai il “regno del Figlio dell’amore suo” (v.13), la Chiesa.

Notiamo la stupenda definizione di Cristo “Figlio dell’amor suo”, che non riteniamo sia soltanto un ebraismo, equivalente a “Figlio dilettissimo”, ma qualcosa di più forte. Cristo, infatti, è il termine dell’amore del Padre; è per amore che il Padre gli partecipa la sua stessa natura divina e lo fa centro d’incontro e di attuazione dei suoi disegni di perdono e di amore verso l’umanità. La “eredità dei santi nella luce” (v.12), oltre che designare i cristiani militanti, indica forse anche gli angeli e i redenti che già vivono nella “luce” della gloria celeste.

E’ chiaro che la salvezza è già presente poiché il Padre ci ha liberato dal potere delle tenebre; ci ha portato nel regno di suo Figlio. Per mezzo dell’azione salvifica del Figlio di Dio noi abbiamo già la redenzione, che qui è descritta come la “remissione dei peccati”.

A questo punto della discussione sul ruolo di Cristo nel piano salvifico di Dio, Paolo aggiunge un intero blocco di materiale innico riguardante Cristo. Come l’inno cristologico di Fil.2,6-11, quest’inno è una delle più importanti esposizioni teologiche sulla persona di Cristo nel Nuovo Testamento.

Cristo è esaltato come l’icona o l’immagine di Dio invisibile, in altre parole, egli manifesta nella sua persona la presenza di Dio. Egli è chiamato il primogenito di tutta la creazione perché ogni cosa è stata creata attraverso la sua mediazione. Egli esisteva perciò prima di tutta la creazione e possiede il primato su tutte le creature. A questo punto Paolo aggiunge alcune espressioni per mostrare qual è la piena visione della creazione. Inizia con alcune antitesi – cielo e terra, visibile e invisibile – e continua con i sinonimi di potere e potenza, specialmente con riferimento agli esseri spirituali – Troni o Dominazioni, Principati o Potestà. Tutto questo non è stato creato soltanto in lui o per mezzo di lui, ma anche in vista di lui. Tutte le cose sono a lui soggette, ed è per mezzo della sua continua potenza creatrice che la creazione stessa non cessa di esistere. Niente è lasciato al caso, tutto è sotto il controllo di Cristo.

In tal modo egli esercita le funzioni di vero “capo” di tutto il corpo che è la Chiesa suo prolungamento e manifestazione visibile e quasi replica di lui stesso. Poiché capo, egli è “principio” (v.18) e sorgente di vita per tutti gli uomini, i quali proprio nella sua “resurrezione” trovano il modulo e la segreta efficacia anche per la loro resurrezione, spirituale prima e quindi anche corporale alla fine dei tempi.

Tutto questo gli conferisce il “primato” assoluto su tutte le cose. E non poteva essere diversamente, dal momento che Dio si è compiaciuto di far “abitare” in lui “ogni pienezza” di divinità, con i relativi attributi e poteri, fra cui precipuo quello della “santificazione” che è presentata come “riconciliazione (v.19), ristabilimento cioè di rapporti amichevoli e “pacifici” (v.20). Se la divinità aveva valore infinito ad ogni azione di Cristo, di fatto egli ci ha ottenuto la “riconciliazione” con Dio “mediante il sangue” versato per noi sulla croce.

Contemplatio.

“Noi rendiamo grazie continuamente a Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo”

Anche noi rivolgiamo una preghiera continua di rendimento di grazie rivolta a te Dio che ti sei rivelato come il Padre di Gesù, nostro Signore. Da lui viene ogni dono perfetto; quindi le virtù teologali, “fede – speranza – amore”, costituiscono anche per noi la trama portante dell’esistenza e riconosciamo che esse sono frutto della tua bontà e della generosità di te Padre più che come conseguenza dello sforzo ascetico di noi credenti. Noi, infatti, non ci vantiamo di quello che siamo e di cosa facciamo, perché tutto proviene da te Padre. Ecco perché dal cuore sale alle labbra la lode e benedizione rivolte a te Padre.

“Ringraziando con gioia il Padre che ci ha messi in grado di partecipare alla sorte dei santi…”

Il tuo amore Padre è efficace e trasformi in azione quanto prometti. Tu non ti accontenti di rivolgerci l’invito ad entrare nell’intimità della tua famiglia: ci “metti in grado” di partecipare alla sorte dei santi. Oggi abbiamo compreso che l’aspetto ascetico della nostra vita cristiana, lo sforzo richiesto alla nostra buona volontà, l’impegno delle nostre energie per vivere all’altezza della vocazione di tuoi figli sono soltanto una risposta alla tua iniziativa di grazia che ci precede e ci rende possibile l’ingresso nella “luce” incorruttibile della vita divina. In altre parole, non sono i nostri sforzi a guadagnarci la tua benevolenza, ma viceversa è il tuo amore per noi che ci pone in grado di operare il bene. Ecco perché ti ringraziamo con gioia Padre, in Cristo Gesù.

“E lui infatti che ci ha liberati dal potere delle tenebre…”

L’umanità intera (e noi con loro) è sottoposta, a causa del peccato e della propria ribellione a te Padre, al potere tenebroso dell’egoismo e della morte. E’ su questo sfondo di tenebre che rifulge la tua misericordia o Dio: tu ci risani nel profondo, ci redimi e ci concedi la remissione delle colpe, così che non dobbiamo più ritenerci schiavi del potere del male, né condannati a ricevere passivamente un perdono che ci lascia nella nostra precedente condizione di radicale incapacità a compiere il bene. Tu, Padre, hai trasferito la nostra cittadinanza in un nuovo regno, quello in cui il tuo amato Figlio, Gesù Cristo, esercita la piena signoria su ogni cosa.

“Egli è immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni creatura…”

Noi oggi affermiamo il primato di Gesù Cristo su tutta la creazione. Egli non è soltanto all’origine di tutto, ma costituisce altresì il fine d’ogni cosa. La creazione trova in Cristo il senso e lo scopo della sua esistenza. La tua incarnazione Gesù non è dunque un tardivo rimedio che sopraggiunge dopo il peccato a riparare ciò che non ha funzionato nel primitivo piano del Padre. Fin da “prima della creazione del mondo”, tu Padre hai voluto che ogni cosa fosse ricapitolata in Cristo tuo Figlio. Gesù sei il cuore del mondo e riveli agli occhi umani il volto del Padre e il senso di tutte le cose: “La grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. Dio nessuno l’ha visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel Padre, lui lo ha rivelato” (Gv.1,17-18).

“Egli è il capo del corpo, cioè della Chiesa; il principio…”

Noi oggi, esultanti, sappiamo che Cristo è il capo della Chiesa, del popolo dei redenti. “Capo” nel senso che la vita scaturisce da te ed è orientata e guidata verso la resurrezione, verso la sconfitta definitiva dei nemici del male. L’ultimo nemico ad essere vinto sarà la morte, frutto tragico del peccato, quando ritornerai, “alla fine” d’ogni esistenza umana e “alla fine” di questo mondo, e affermerai il tuo primato su ogni cosa. Darai vita a cieli nuovi e terra nuova, nei quali avrà dimora stabile la “giustizia”. Giustizia, nel senso cristiano del termine, che è il frutto di liberazione e di salvezza proveniente dall’amore salvifico del padre che tu Gesù sei venuto a rivelare nella sua pienezza e hai messo a disposizione di tutti attraverso il dono ineffabile del tuo Spirito Santo.

“Piacque a Dio di far abitare in lui ogni pienezza e per mezzo di lui riconciliare…”

La tua incarnazione, pensata da sempre dal Padre come il centro e il cuore pulsante di tutta la creazione, acquista il suo carattere drammatico e cruento perché non si tratta soltanto di manifestare la verità del Padre in un mondo “molto buon”2 (Gn.1,31) così come scaturito dalle mani sue. Tu hai “riconciliato” ciò che era stato diviso, ciò che aveva perso il suo primitivo splendore e la sua pace. La riconciliazione d’ogni cosa col Padre ha risalito l’abisso di dispersione e di morte nella quale il peccato aveva fatto precipitare anzitutto l’umanità e, a seguito della ribellione, tutte le cose del creato, disarticolando la loro armonia originaria e frantumando la loro verità. Tu Gesù, Figlio di Dio, incarnato sei dovuto scendere fino alla morte e alla morte di croce; hai dovuto sconfiggere il male, attirando su di te tutte le sue conseguenze, per riportare la pace nell’universo intero.

“Signore, quanto è grande il tuo amore per noi!”

Conclusio.

Ti lodo Padre con i timpani, canto a te, o Signore, con i cembali. Elevo a te l’accordo del salmo e della lode; ti esalto e invoco il tuo nome. Poiché tu, Signore, sei il Dio dell’amore.

Innalzo a te Padre un canto nuovo: Signore, sei unico e glorioso, mirabile nella tua magnificenza.

Canto inni al mio Dio, canto inni; canto inni al mio Re, canto inni; perché tu Padre sei il re di tutta la terra, canto a te esultante di gioia.

Ti osanno con letizia alzando le mani, Padre del Signore Gesù Cristo, perché mi hai messo in condizione di partecipare alla sorte dei santi, liberandomi dalla schiavitù delle tenebre, trasferendomi nel regno di tuo Figlio diletto, per opera del quale ho la redenzione e la remissione dei peccati. Poiché tu Gesù sei immagine del Padre, sei stato generato primo d’ogni cosa prima dell’inizio dei tempi, perché tutto in te sussiste.

Tutto è stato creato per mezzo tuo e in vista di te, sia nei cieli sia in terra, sia quelli visibili sia quelli invisibili.

Gesù tu sei il capo del corpo mistico, la tua Chiesa, principio di tutto, primogenito dei morti.

Infatti, piacque a tuo Padre di far abitare in te ogni pienezza, e per mezzo tuo riconciliare al Padre ogni cosa, e donare la pace fra cielo e terra con il tuo sangue sparso sulla croce.

Amen.