Le Beatitudini

Lectio Divina – 3

Dal discorso della montagna

Introductio: Invocazione dello Spirito Santo

“Vieni, Spirito Santo, nei nostri cuori e accendi
in essi il fuoco del Tuo amore. Vieni, Spirito Santo,
e donaci per intercessione di Maria che ha saputo
contemplare, raccogliere gli eventi della vita di
Cristo e farne memoria operosa, la grazia di
Leggere e rileggere le Scritture per farne anche
In noi memoria viva e operosa.
Donaci, Spirito Santo, di lasciarci nutrire da questi
Eventi e di riesprimerli nella nostra vita.
E donaci, Ti preghiamo, una grazia ancora più
Grande: quella di cogliere l’opera di Dio nella
Chiesa visibile e operante nel mondo”. Amen.

Lectio. Leggiamo le beatitudini

Gesù, con i suoi discepoli, percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle sinagoghe (luoghi di istruzione e di preghiera) e predicando l’evangelo del Regno, cioè l’annuncio della salvezza, che si incentra su di lui, e curando ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo. La sua fama si sparse per tutta la Siria e così condussero a lui tutti i malati, tormentati da varie malattie e dolori, indemoniati, epilettici e paralitici; ed egli li guariva. E grandi folle cominciarono a seguirlo dalla Galilea, dalla Decapoli (il complesso di dieci città ad est del Giordano, amministrate dal governatore della Siria, da Gerusalemme, dalla Giudea e da oltre il Giordano.

Vedendo le folle, Gesù salì su una montagna nei pressi di Cafarnao e, messosi a sedere, iniziò ad insegnare.

Il fatto che il discorso sia ambientato sulla montagna, gli conferisce un’importanza speciale. Significa il luogo della rivelazione divina, come lo era già stato il Sinai per Israele. Anche la parola di Gesù risuona dal monte. Annotiamo un altro particolare, Gesù parla stando seduto: si tratta della posizione del maestro e la sua parola ha un timbro autorevole. Il suo dire è, in realtà un insegnamento ) per insegnamento si intende il termine tecnico per indicare l’interpretazione della parola normativa di Dio contenuta nelle Sacre Scritture dell’A.T.).

Gesù svela il senso vero e ultimo della volontà di Dio Padre. Egli ne è l’interprete autorizzato. Ogni uomo vi si trova responsabilizzato: non può accogliere o rifiutare a piacimento la sua parola. Ogni uomo è interpellato a prendere posizione o rifiutare a piacimento la sua parola.

Il movimento della scena è composto di quattro atti importanti: le cerchie degli ascoltatori, vale a dire i discepoli e la folla; il monte da cui scende la parola; l’atteggiamento di Gesù; la qualifica di insegnamento del suo parlare.

Il tutto può trascendere il puro dato cronachistico. I discepoli rappresentano i credenti della chiesa. La folla sullo sfondo è presente come uditrice, pronta alla fine a stupirsi. Costituendo la moltitudine dei potenziali discepoli, ai quali la chiesa è inviata in missione per portare l’insegnamento di Gesù.

In cosa consiste l’insegnamento? In sostanza Gesù indica come si dovrebbe vivere: non semplicemente in conformità ad una serie di regole, ma rivoluzionando interiormente il proprio atteggiamento e la propria mentalità. E la cosa straordinaria è che Gesù ha dato all’uomo la capacità di vivere questo ideale apparentemente impossibile. Le parole di Gesù sono enunciate con arte e potenza. Ci si accorge all’istante della divisione in due strofe, simmetricamente disposte:

La prima parte, vv.3-6, presenta quattro beatitudini; la promessa del regno ricorre all’inizio della prima strofa;

La seconda parte, vv.7-10, presenta altre quattro beatitudini, la promessa del regno, ribadito, alla fine della seconda; così il compimento della volontà di Dio (=la giustizia) specifica le beatitudini conclusive.

Meditatio:

Il soggetto è uno solo: Gesù. Le due strofe delle beatitudini hanno l’andamento di una sinfonia crescente di intensità man mano che Gesù le enuncia. Per l’uditorio non sono più semplici parole scandite, ma nell’animo diventano vive, fremono, commuovono, ridanno speranza.

Vediamo di rilevare, oltre al soggetto, quali altri personaggi agiscono nel testo. Sono due: Gesù e la folla, discepoli compresi, a cui rivolge l’insegnamento.

“Beati…perché di essi è il Regno…;

“Beati…perché saranno consolati…;

Beati…perché erediteranno…;

“Beati…perché saranno saziati…;

“Beati…perché troveranno…;

“Beati…perché vedranno…;

“Beati…perché saranno chiamati…;

“Beati…perché di essi è il Regno…

Se analizziamo accuratamente gli enunciati ci accorgiamo all’istante di quanto stia a cuore il popolo di Dio sofferente. Ma egli ne ha cura, egli ne ha premura, egli ne ha attenzione, egli lo ama. Tutte definiscono il Signore Gesù come colui che ridà speranza e fiducia nell’avvenire. E’ come se dichiarasse agli ascoltatori di non preoccuparsi, perché lui è venuto per consolare ognuno, e il suo giogo è leggero.

Di che cosa si tratta?

Gli antichi avevano definito paradosso un enunciato che andava contro l’opinione comune; in questo senso le beatitudini sono il più ampio e radicale paradosso che sia mai stato enunciato, perché per l’uomo la beatitudine consiste nella felicità, la sazietà nella saturità, il piacere è l’effetto dell’appagamento, l’onore è prodotto dalla stima; al contrario, e fin dalle prime battute, l’enunciato di Gesù afferma che per l’uomo la beatitudine consiste nell’infelicità, la sazietà nella famelicità, il piacere nell’inappagamento, l’onore nella disistima, il tutto nell’attesa del Regno di Dio veniente e della gloria futura.

Come possiamo ben comprendere nessun discorso recitato sulla terra è stato più sconvolgente, o meglio, più capovolgente, di questo: ciò che tutti prima ritenevano bianco qui è chiamato non già grigio e scuro ma addirittura nero; dove prima si sublimava la vetta adesso è posta la base, e dove si sprofondava la base è collocata la vetta. In confronto con le beatitudini (compreso tutto il discorso della montagna), le massime teorie operate dall’uomo sulla terra sembrano nulla, come se le parole fossero dette da bambini. E questo capovolgimento è presentato, non già come conseguenza di lunghe e approfondite investigazioni intellettuali, bensì con un tono notevolmente imperativo che trova il suo appoggio soltanto sull’autorità del maestro: “Così è, perché ve lo dico io Gesù!”.

Contemplatio:

Gesù, Signore della vita, noi siamo riuniti nel tuo nome per lo0darti, benedirti e ringraziarti. Le tue parole, come allora alla folla sul monte e ai tuoi discepoli, risuonano chiare e sono entrate nel nostro animo.

Le nostre labbra, Signore Gesù, esultano e i nostri cuori ti adorano per la tua presenza beatificante: Signore perdona le nostre mancanze quando pensiamo troppo ai beni terreni che ci allontanano da te, sfuggendo ciò che vuole lo Spirito Santo.

Oggi abbiamo compreso che lo spirito della beatitudine è la felicità raggiunta con te e con il Padre. E’ l’appagamento, pieno di riposo e di gioia nel tuo amore, non di un qualsiasi desiderio, ma consapevoli di quei desideri che costituiscono l’ideale dell’esistenza, che ne esprimono il motivo.

Gesù, il bisogno di felicità, nel cuore dell’uomo, è insopprimibile. E non si tratta di mero egoismo, come a volte si sente affermare, magari in certi momenti di fervore inteso male.

Taluni desideri di felicità sono egoismo, sì. Tuttavia la vocazione alla felicità Dio stesso l’ha deposta nel cuore dell’uomo, come ulteriore segno della somiglianza con lui.

Tu, Signore, sei il beato per eccellenza. Tu, Signore, sei la beatitudine beatificante per tutti noi.

Gesù, l’uomo porta in sé l’istanza della beatitudine, non tanto come un valore da raggiungere possedendolo, quanto per una condizione del proprio essere. Gesù, con te non siamo beati perché possediamo qualche cosa, siamo beati perché siamo qualche cosa.

Gesù, oggi abbiamo compreso che la beatitudine raggiunge l’identità personale, soprattutto quando deriva non più dalle cose possedute ma dal proprio modo di essere e di vivere, allora assomiglia a quella Tua.

Tu, Signore Gesù, sei beato non perché sei il Figlio di Dio e possiedi tutto, ma sei beato perché sei Dio. Tu ci hai promesso la beatitudine ad una condizione: essere fedeli alla tua Legge e alla tua volontà, al tuo progetto. Perché la fedeltà porta la beatitudine anche in terra (Dt.28,13-14).

La beatitudine di noi uomini, sempre intesa come vocazione, ha due componenti: una componente espressiva e rivelatrice, che è la prosperità, e una componente costitutiva, che è la fedeltà a te o Signore: infatti, chi è fedele a Dio è felice, chi è fedele al Signore è colmato di beatitudine.

Tutto questo ci ha fatto capire che essere beati non consiste semplicemente nel possesso di questo o di quel bene, non consiste nel possedere o nel fare, ma piuttosto consiste nel realizzare un rapporto con Te.

Conclusio

Evidenziamo i momenti chiave del passo del Vangelo di Matteo:

il discorso è ambientato sulla montagna.
Gesù parla “seduto” : “e ora io vi dico” non costituisce un annullamento della “legge”, ma un suo compimento, nel senso che Gesù è l’interprete autorizzato, autentico della volontà divina iscritta nella “legge”.
La felicità annunciata da Gesù è agli antipodi di ciò che abitualmente pensiamo, diciamo, facciamo. Il discorso non propone un tipo di ordine sociale o il modello di una rivoluzione, ma offre dei richiami e delle esigenze nuove, che ci raggiungono in ogni campo, nelle nostre opzioni pubbliche come nelle nostre intime scelte; questo annuncio non esalta il dolore, non insegna la rassegnazione; è una parola di liberazione dai condizionamenti della carne e del mondo.

Amen.