San Paolo: Lettera ai Galati

Restate liberi

Capitolo 5,1-12

*Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi; state dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù. *Ecco, io Paolo vi dico: se vi fate circoncidere, Cristo non vi gioverà a nulla. *E dichiaro ancora una volta a chiunque si fa circoncidere che egli è obbligato ad osservare tutta quanta la legge. *Non avete più nulla a che fare con Cristo voi che cercate la giustificazione nella legge; siete decaduti dalla grazia. *Noi infatti per virtù dello Spirito, attendiamo dalla fede la giustificazione che speriamo. *Poiché in Cristo Gesù non è la circoncisione che conta o la non circoncisione, ma la fede che opera per mezzo della carità. *Correvate così bene; chi vi ha tagliato la strada che non obbedite più alla verità? *Questa persuasione non viene sicuramente da colui che vi chiama! *Un po’ di lievito fa fermentare tutta la pasta. *Io sono fiducioso per voi nel Signore che non penserete diversamente; ma chi vi turba, subirà la sua condanna, chiunque egli sia. *Quanto a me, fratelli, se io predico ancora la circoncisione, perché sono tuttora perseguitato? E’ dunque annullato lo scandalo della croce? *Dovrebbero farsi mutilare coloro che vi turbano.

Nei capitoli 3 e 4, Paolo ha completato la parte dottrinale e scritturistica, e ora trae, nei capitoli finali, alcune conclusioni pratiche. Egli esorta coloro che hanno ceduto alle pressioni dei giudaizzanti e hanno adottato la circoncisione a resistere, a restare saldi, a non arrendersi più! Infatti, dopo un appassionato invito a conservare gelosamente la libertà, l’apostolo invita i Galati a non riporre la fiducia nel regime antico, perché ciò equivale a tirarsi addosso dei pesi insopportabili, a perdere la grazia, a demolire il solido fondamento della speranza cristiana: il dono dello Spirito Santo e quella fede che accompagnata dalla carità (=dall’amore), è il sommo valore da un punto di vista cristiano.

La posizione assoluta e senza compromessi che Paolo assume in questi versetti, contro la circoncisione è frutto di uno sviluppo del suo pensiero. Perché è vero che egli si compiace, in Galati 2,3, del fatto che Tito, all’incontro di Gerusalemme verso il 49 d.C., non era stato obbligato ad accettare la circoncisione. Tuttavia dopo l’incontro di Gerusalemme Paolo aveva circonciso Timoteo perché potesse guadagnare una più grande legittimazione e affidabilità al suo ministero tra i giudei. Però la presente lettera indirizzata ai Galati, composta poco dopo, non mostra nessun desiderio di permettere neppure una tale eccezione. Siamo stati liberati dalla schiavitù della Torah da Cristo; dobbiamo restare liberi. Paolo mette di nuovo in guardia contro le tiritere dei giudaizzanti, che istigano i Galati a circoncidersi. Egli si oppone proprio a ciò, lui che è stato sommamente zelante per le sue tradizioni paterne e che aveva istigato a mettere a morte Stefano, colpevole di avere predicato la dottrina cristiana.

E quanto più uno è cristiano, tanto più la sola Legge che gli conviene è quella “dello Spirito”, quella cioè che adempie ed esegue in lui lo Spirito Santo agendo come un principio interiore di santità. Quindi qualsiasi “legge” esteriore a questo punto non ha più senso, e l’uomo ha raggiunto finalmente la sua integrale libertà, senza impedimenti di nessun genere. Il ritorno ad alcune pratiche della Legge “non giova a nulla” (v.2) e, per di più, obbliga in coscienza all’osservanza di “tutta” la Legge (v.3). Infatti, se si riconosce il valore salvifico anche di un solo istituto della Legge, in pratica si dichiara valido tutto il sistema e con ciò stesso si riconosce insufficiente la salvezza che ci è donata dalla “grazia”: in questo modo ci si stacca da Gesù Cristo e si decade dalla sua grazia e dal suo amore (v.4).

I Galati non avevano forse valutato tutte le conseguenze così impegnative di una loro adesione, anche solo parziale, alla Legge, quale proponevano loro i giudaizzanti. I principi essenziali della vita cristiana invece sono molto semplici: nessuna cosa esterna, come circoncisione e simili, ha valore alcuno all’infuori della “fede che opera mediante la carità” (v.6), perché solo dalla fede, per virtù dello Spirito, i cristiani attendono la speranza della giustizia (v.5), cioè quei beni che ci fanno sperare la giustizia ottenuta mediante la fede e che, in parte, proprio per la virtù della speranza, sono già in possesso dei cristiani qui in terra.

La fede non può rimanere inoperosa, bensì mediante la carità essa opera internamente nell’uomo spingendolo ad agire. Gli impulsi all’azione sono due ben distinti, fede e carità; ma, passando alla pratica, si fondono in un risultato unico. Dobbiamo rilevare che anche per Paolo, la circoncisione non è in sé peccato, ma un’azione ormai indifferente e, come l’incirconcisione, non vale nulla; diventa invece riprovevole quando si attribuisce il valore che pretendono darle i giudaizzanti.

“Correvate così bene..” L’immagine del “correre” è ripresa dalle corse negli stadi ed è usata spesso da Paolo nelle sue lettere. Qualcuno dal di fuori ha messo dunque bastoni fra le ruote ai Galati: i giudaizzanti. Infatti, qualche mestatore ha intorpidito le acque nelle comunità della Galazia (v.8): “Chiunque egli sia”, ne pagherà le conseguenze (v.10). “Un po’ di lievito fa fermentare tutta la pasta” Per quanto concerne la comunità nel suo insieme, Paolo si lusinga che essa non si lasci adescare e non nutra “sentimenti diversi dai suoi”, soprattutto quando sarà riuscita ad isolare o ad estromettere il “fermento” cattivo (v.9), che rischia di guastare tutta la massa.

“Quanto a me, fratelli, se io predico…perché sono perseguitato?” Paolo respinge e non si dilunga sull’accusa di avere circonciso Timoteo già cristiano, tanto era falsa! Se egli è un fautore della loro tesi, perché allora continuano a “perseguitarlo?” Ciò vuol dire che essi ben conoscono che il caso di Timoteo è tutto particolare e che Paolo lo ha permesso solo per un fine apostolico, e non perché lo ritenesse necessario. Altrimenti si dovrebbe affermare che “lo scandalo della croce” è abolito, non ha più valore salvifico: ciò è assurdo. Che poi i giudaizzanti desiderino la circoncisione a qualunque costo, termina Paolo con un sarcasmo feroce, padroni di mutilarsi anche tutto, in altre parole di castrarsi (allusione all’evirazione rituale in uso fra i sacerdoti di Attis e Cibele).

La vera libertà (la carne e lo spirito)

Capitolo 5,13-25

*Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà. Purché questa libertà non divenga un pretesto per vivere secondo la carne, ma mediante la carità siate a servizio gli uni degli latri. *Tutta la legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: amerai il prossimo tuo come te stesso. *Ma se vi mordete e divorate a vicenda, guardate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli altri! *Vi dico dunque: camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare i desideri della carne; *la carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste. *Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete più sotto la legge. *Del resto le opere della carne sono ben note: fornicazione, impurità, libertinaggio, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere; circa queste cose vi preavviso, come già ho detto, che chi le compie non erediterà il regno di Dio. *Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé; contro queste cose non c’è legge. *Ora quello che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la loro carne con le sue passioni e i suoi desideri. *Se pertanto viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito. *Non cerchiamo la vanagloria, provocandoci e invidiandoci gli uni gli altri.

Questa serie di versetti sono l’annuncio e l’esaltazione della libertà, che non è licenza, ma un servizio nell’amore (v.13). Essa è ormai possibile perché, nel battesimo, è stata immessa nel credente una forza spirituale che implica capacità ed esigenza di neutralizzare e mortificare le disordinate tendenze dell’uomo vecchio e di camminare in novità di vita. La libertà a cui Gesù ci ha chiamato non sia però fraintesa. Essa è la libertà dello spirito, non la sfrenatezza della carne, che soffocherebbe all’istante ogni vera libertà, riducendola in un’avvilente schiavitù. L’unica servitù consentita, anzi imposta al cristiano, è quella dell’amore: “…ma mediante la carità, siate a servizio gli uni degli altri”. Come possiamo notare non si tratta di lassismo morale, perché la libertà cristiana è la più esigente delle vocazioni, è un appello all’amore, e nulla è più esigente dell’amore. Questa è la vera libertà, la cui condizione è la liberazione dalla carne, cioè dai desideri egoistici, ed ha per scopo il fiorire dell’amore a servizio di tutti.

“Amerai il prossimo tu come te stesso”. Paolo, come Gesù in Giovanni 15,12, riassume le esigenze di Dio citando il comandamento di Levitico 19,18; le parole devono essere comprese in questa visuale; chi dunque ama il suo prossimo compie la legge. Tuttavia, i Galati, divisi come sono in varie fazioni a causa dei giudaizzanti, più che fratelli in Cristo, sembrano bestie feroci che si dilaniano a vicenda (v.15). Stiano almeno attenti a non distruggersi del tutto gli uni gli altri, li ammonisce sarcasticamente Paolo.

“..camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare i desideri della carne”..”queste cose si oppongono a vicenda”..”Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete più sotto la Legge” (vv.16-23). L’esortazione a fare il bene non basta. L’uomo non è capace, anche se lo desidera, di liberarsi da se stesso dal suo essere carnale, peccatore. Soltanto l’intervento dello Spirito permette all’uomo di adempiere la sua vera vocazione. In questi versetti è affrontato il confronto fra le “opere della carne” e i “frutti dello Spirito”. Paolo riprende il concetto espresso al v.13 a proposito della “carne”. La “carne” sta rappresentando tutti gli istinti più bassi che trascinano l’uomo al male: “fornicazioni, impurità, libertinaggio, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge ecc.” ; possiamo notare che l’enumerazione di sregolatezze comprende quattro gruppi: l’impurità che perverte l’amore umano, l’idolatria e la magia, perversioni del culto divino, le divisioni che rivelano l’assenza d’amore, gli eccessi della tavola che rivelano una degradazione dell’uomo.

Lo “Spirito”, al contrario, esprime la parte razionale illuminata e fortificata dallo Spirito Santocce riesce a frenare le “voglie della carne”, perché le opere dello Spirito sono: “amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé”. Alle opere della carne, Paolo oppone il frutto dello Spirito, che è unico: l’amore. Quello che egli enumera dopo i segni del regno dell’amore – gioia e pace -, le manifestazioni di quest’amore -pazienza, bontà, benevolenza -, le condizioni, infine, della sua nascita e del suo fiorire: fedeltà, mitezza, dominio di sé. La fedeltà, infatti, è la radice dell’amore; in quanto alla mitezza, essa è l’atteggiamento degli umili che si lasciano guidare dal loro Padre celeste, ed è ciò che caratterizza Gesù (Mt.11,29).

L’antitesi “carne-spirito”, non è, pertanto, una categoria filosofica, quanto piuttosto una categoria teologica, e più propriamente “cristologia”. Gesù, avendoci donato il suo Spirito, ci ha liberato dal dominio del nostro “io”, cioè dalla nostra “carne” che, però, non è mai definitivamente sconfitta. Essa è pertanto sempre da crocifiggere, come è avvenuto una volta per Gesù. L’uomo “carnale” cerca sicurezze magari nelle prescrizioni minute di una morale precettistica alquanto comoda e non vuole incognite nel cammino. Vorrebbe tutto chiaro, tutto previsto, pianificato e calcolato. Invece Dio chiama attraverso l’imprevedibilità dell’avvenimento: ci chiede un’obbedienza che crocifigge i propri desideri. La vera libertà costa. Il “segno” della croce è sigillo d’autentica compartecipazione alla libertà di Gesù.

Pure nella varietà delle ammonizioni, con cui si chiude questa terza parte della lettera, è dominante il richiamo alla “carità” fraterna, che ci fa evitare la vanagloria, l’invidia, l’intolleranza reciproca, lo spirito altezzoso e irritante, soprattutto la superbia.