Il Libro della Genesi: Capitolo 4 e 5

Caino e Abele

Si tratta della prima pagina di cronaca nera dell’umanità. L’episodio, collocato immediatamente dopo Adamo ed Eva, presenta alcune incongruenze: suppone una civiltà già evoluta, come l’agricoltura e l’allevamento del bestiame, la terra già popolata, i vendicatori del sangue. D’altra parte la forma del racconto è molto astratta; gli stessi nomi dei due protagonisti non sono nomi personali ma tipici, i due, in pratica, rappresentano due tipi d’umanità.

“Dopo un certo tempo, Caino offrì i frutti del suolo in sacrificio al Signore; anche Abele offrì i primogeniti del suo gregge e il loro grasso. Il Signore gradì Abele e la sua offerta, ma non gradì Caino e la sua offerta, Caino ne fu molto irritato e il suo volto era abbattuto. Il Signore disse allora a Caino: Perché sei irritato e perché è abbattuto il tuo volto? Se agisci bene, non dovrai forse tenerlo alto? Ma se non agisci bene, il peccato è accovacciato alla tua porta, verso di te è il tuo istinto, ma tu dominalo” (Gen.4,3-7). Che cosa ha fatto Caino? Probabilmente la sua offerta era imperfetta o avara, non dettata da riverenza e amore verso il Signore Dio. Purtroppo il peccato prende in lui forza e violenza quando egli si rattrista e non riesce ad accettare che il fratello sia migliore di lui, non riesce a vivere in pace con uno che ha un destino diverso dal suo. Caino non realizza quell’unità dei diversi che costituisce l’umanità e, anziché sentirsi spronato a salire al livello di Abele, vorrebbe che il fratello scendesse al suo. Vive la tristezza dell’invidia, che si rivelerà una delle cause più gravi dello scatenarsi degli omicidi e delle guerre, di conflitti sociali, delle forme di razzismo che devastano l’umanità da sempre.

Caino ha perduto il senso, il valore del rapporto con il fratello e giunge ad uccidere. In tale situazione, non è più in grado di ascoltare la voce di Dio, tanto è vero che Caino la banalizza, se ne prende gioco: “Allora il Signore Dio disse a Caino: Dov’è Abele, tuo fratello?. Rispose: Non lo so. Sono forse il guardiano di mio fratello?”.

La tradizione jahwista ha staccato il racconto dai suoi riferimenti storici e riportandolo alle origini dell’umanità, gli ha conferito un valore generale. Dopo la rivolta contro Dio, la rivolta dell’uomo contro l’uomo. La morte fa la sua prima entrata sulla scena della storia in modo violento.

Così prosegue la storia della salvezza: Dio mantiene l’iniziativa, elegge liberamente Abele, anche se non è il primogenito, e quando è ucciso, ne occuperà il posto Set, che sarà l’effettivo antenato di Gesù Cristo.

D’altro canto Caino sceglie liberamente di agire contro coscienza, mentre avrebbe potuto dominare il peccato (v.7). Anch’egli ha avuto la sua prova, come l’avrà ogni uomo dopo Adamo; ha avuto la prova dell’insuccesso e non l’ha saputa superare. L’insolenza della sua risposta a Dio (v.9) rileva il progresso del male nell’umanità. Esso crescerà fino al limite di rottura e allora verrà il diluvio. Quanti Caini si succedettero da allora sulla faccia della terra! (4, 1-16).

La discendenza di Caino e quella di Set

Sono resti di due genealogie, artificiosamente collegate con la storia di Caino e Abele, per illustrare il cammino della linea del male da una parte e della linea del bene dall’altra. La linea genealogica di Caino, che qui non è più errante ma costruttore di città, conosce il progresso materiale: vita più ricca (aumento del bestiame e dei pascoli), più allegra (la musica), più sicura (le armi). E’ la prova del successo, che i Cainiti non sanno superare. La prova della caduta è il feroce canto di Lamec: poligamia, vendetta senza legge. E’ la storia della micidialità umana. I Cainiti pretendono di sapersi difendere da soli e meglio di quanto Dio non potesse difendere Caino (vv.15 e 24).

Sono dei “senza Dio”. Il progresso materiale si accompagna con il regresso religioso-morale.

In netto contrasto è la notizia del v.26 che attribuisce al figlio di Set, Enos (che significa uomo), l’invocazione del nome di Jahwè. Così secondo la tradizione jahwista la conoscenza del nome divino risale fino alle origini dell’umanità nella linea dei Setiti; mentre le tradizioni elohista e sacerdotale ne ritardano la rivelazione fino all’epopea di Mosè (Es.3,14- 6,2).

Da questo punto in avanti Caino e i Cainiti scompariranno dalla scena biblica e la Bibbia s’interesserà solo dei Setiti.

Si tratta della misteriosa eliminazione con cui la storia sacra è coartata alle dodici tribù di Giacobbe.

Si nota bene come questa storia del progresso umano sia in funzione di un’idea religiosa, così da non essere autorizzati a fondarsi sulla Bibbia per cercare una concordanza o una discordanza con i dati delle scienze preistoriche (4,17-24).

I Patriarchi antidiluviani

E’ un’altra genealogia, che appartiene alla tradizione sacerdotale, con una lista di dieci nomi, che partendo nuovamente da Adamo giunge al diluvio.

Si vede bene come l’autore sacro non voglia offrirci né una storia né una cronologia in un quadro continuo e armonico. Sono diversi documenti conservati e accostati assieme per il loro valore di testimonianza: la storia ha una sua linea e Dio la guida.

La durata della vita diminuisce progressivamente e la diminuzione è posta in rapporto con il progredire del male, dal momento che un’esistenza lunga è una benedizione di Dio. Non è lecito perciò sommare il numero degli anni di questi personaggi per sapere quanto antica sia l’umanità. La Bibbia non dà questa risposta, perché non ha questi problemi: le risposte a questi problemi vanno chieste alla scienza.

La genealogia è un genere letterario d’enorme importanza per le culture nomadi e tribù, perché erano lo strumento per dimostrare l’appartenenza di un individuo ad un determinato clan familiare e il diritto all’eredità. Ora, con questa genealogia, come in seguito quella di Sem del cap.11, l’autore biblico ha inteso mostrare la trasmissione delle promesse divine da Adamo a Noè e da Noè ad Abramo.

Questi è l’iniziatore di una nuova umanità con nuove promesse, ma è anche l’erede legittimo di quanto Dio aveva già iniziato prima. Il numero delle generazioni, 10 prima e 10 dopo, è dovuto ad una semplificazione per aiutare la memoria. Anche le tavole babilonesi contano 10 re antidiluviani. I dieci nomi sarebbero, perciò, i dieci punti salienti di una catena assai lunga e non necessariamente rettilinea (cap.5).

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