Cristo figlio di DIO fattosi uomo ridesta attenzione per capacità di servizio ai valori assoluti

Nessun uomo è l’assoluto. Uno solo fa eccezione: Cristo figlio di Dio è anche l’Assoluto. “Chi di voi può accusarmi di peccato?” (Gv 8,46).

Proclama San Giovanni nel prologo del suo Vangelo: “In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio” (Gv 1, 1-2). Nel campionario umano fra artisti e geni, sapienti, saggi, santi, filosofi, tecnici e scienziati, vi è un’espressione, un volto più perfetto di tutti: il volto dell’infinito.

Dio ha creato l’uomo di poco inferiore agli angeli, con Cristo lo ha elevato sopra gli angeli, perché nella gloria del cielo vi è l’umanità di Cristo risorto. Qualcosa di quest’umanità è nella gloria. Ciò onora l’uomo concreto. Anzi, se da una parte nessuno potrà uguagliarlo, tutti possono imitarlo. Questa meta è un valore assoluto. L’uomo non è un assoluto, ma può incendiare il proprio animo di valori assoluti, tanto da essere riconosciuto come figlio adottivo di Dio, fratello e coerede di Cristo.

“Chiunque avrà riconosciuto me davanti agli uomini, anche il figlio dell’uomo lo riconoscerà davanti agli Angeli di Dio” (Lc 12,8). Siamo fatti per Dio, non per le creature. La strada di questa meta, che può sembrare ambizione, è Cristo. “Ciò che è mio è anche vostro” (Gv 16,14) e “dove sarò IO sarete anche voi” (Gv 14,3). “Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quel che fa il suo signore: ma vi ho chiamati amici” (Gv 15,15). “Tutto quello che ha il Padre è mio, perciò ho detto che del mio prenderà e lo comunicherà a voi” (Gv 16,15). “Voi siete miei amici” (Gv 15,14). “Non vi lascerò orfani” (Gv 14,18).

Il postulato del relativo sfocia nel postulato dell’assoluto per intervento di Cristo, per la sua mediazione ed espiazione vicaria.
C’è una domanda che assilla i pastori: chi è questo neonato re dei Giudei?

Un involucro di fragilità si presenta ai loro occhi. Alle orecchie risuonano gli echi degli Angeli: “Oggi nella città di Davide è nato a voi un salvatore, che è il Messia, il Signore. Questo è il segno per voi: troverete un bimbo in fasce, giacente in una mangiatoia” (Lc 2,11-12).

La situazione sembra ridicola. Un salvatore che prende posto fra i rifugi d’emergenza, lontano da ogni aggancio e punto d’aggregazione con la sinagoga. Il legame più evidente è quello della corporeità: è un uomo simile a tanti. Nascosta la persona divina com’è invisibile ma reale l’anima immateriale e immortale d’ogni uomo.

La povertà è la condizione unica per servire l’Assoluto. La presenza divina diventa influente quando gli orpelli umani del potere o del posto sono svalutati, perché Dio si manifesta negli umili e resiste ai superbi.

Sono gli umili a cogliere il senso del discorso di Cristo agli uomini. Chi non ha nulla di proprio da difendere, facilmente si dispone al servizio dei valori che librano l’anima negli spazi della verità, della giustizia, dell’amore, dell’adorazione di Dio, riscoperto nel creato com’essere partecipato, come centro d’attrazione, come segno della futura comunione nell’Eterno Essere, Padre e felicità.

Il Messia non scandalizza gli ultimi. In loro egli trova il punto d’aggregazione umana per rivelare al mondo un piano d’amore, in cui tutto è sparito e condiviso nella comune fratellanza con gli esseri creati da un unico Essere, da cui le realtà attingono la disposizione a servire gli uni gli altri, allo scopo di riconoscere il mondo terra comune e il divenire strada di condivisione, sempre più intima fra gli esseri e il grande Essere.
Dio non è più un concetto filosofico. Cessa d’essere strumento di potere sul popolo.

Non è più causa di guerre religiose. Diventa il Padre comune, il Dio fattosi uomo in Gesù che spartisce con gli ultimi la vicenda umana. Con gli ultimi per far capire ai primi che non vi è salvezza per coloro che usurpano a Dio e ai fratelli, ciò che deve restare bene sociale, incontro familiare, punto di riscoperta della comune provenienza e del comune destino.

Ciò che attrae a Betlemme, che è poi lo stile di carità del Cristo, è la scelta d’esistenza orientata verso i valori Assoluti. S’intende per valore assoluto ciò che professato eleva l’uomo alla comunione con Dio, Padre universale ed Assoluto. Perciò la comunione con i suoi attributi: verità, giustizia, bontà, amore, pace, ordine morale, fraternità, disponibilità al servizio verso i più poveri, provvidenza, previdenza, abbandono alla volontà di Dio, felicità ultima, eternità; instaurare “in Cristo e con Cristo e per Cristo” il regno di Dio fra i popoli della terra.

Tutto questo è possibile imitando Cristo, esercitando le virtù cardinali, morali e teologali, la grazia dello Spirito Santo infusa nella Chiesa, osservando la volontà di Dio a costo di rinunciare a tutto se stessi.

La svalutazione del Cristo è il peccato più grande di cui gli ebrei si sono macchiati. Tuttora è la consapevolezza più grande dei contemporanei che rigettano il cristianesimo. Questo peccato, fa parte di quelle colpe compiute contro lo Spirito, difficilmente perdonabile, come afferma Cristo stesso.
A Betlemme, dunque, si afferma e si consacra la vita spirituale come primato assoluto che l’uomo redento deve scegliere per non vivere invano. Oggi, come allora, il rischio di percorrere invano l’esperienza terrena è grande. Molti si perdono dietro il luccichio delle luci di Betlemme ed ignorano la grotta illuminata da una stella.

Due progetti di vita essenzialmente diversi: l’uno serve per costruire la città dell’uomo senza Dio, l’altro è atto a costruire la città di Dio in mezzo agli uomini, con gli uomini, per gli uomini. L’una costruisce uomini che non saranno riconosciuti nell’ultimo giorno, l’altra edifica in Cristo uomini che saranno riconosciuti nell’ultimo giorno. Babilonia e Gerusalemme: la città dell’uomo e la città di Dio in cui la persona umana segue l’amore di Dio in Cristo Gesù.

Questo fatto ridesta oggi, l’attenzione degli uomini di Babilonia, dei popoli della città umana, perché Cristo è tutto ciò che a lei manca: pace, amore, giustizia, fraternità, bontà, perdono e soprattutto la certezza del futuro.

Il Natale del duemila non passerà invano su questa terra irrorata di sangue fraterno. La rivolta contro le ingiustizie e i mali sociali approda a Cristo. L’Avvento è in atto. Cristo è nella coscienza di tutti ormai, come seme gettato in terra. La primavera è vicina. E’ in atto. Non disperare è un dovere, perché Cristo ne fonda il diritto.

Farsi adulti in Cristo – Indice