Dobbiamo affermare prima di tutto che il compimento delle leggi contenute nelle varie raccolte sopra precedentemente elencate vanno viste alla luce dell’alleanza. Non se ne può comprendere il significato e il valore se si prescinde dalla realtà dell’alleanza. La legge veterotestamentaria non è un codice morale che propone una grandezza solamente etica, chiusa in se stessa e indipendente dal resto. Viceversa, la legge può essere vista e compresa rettamente soltanto scandagliando tutta la realtà dell’alleanza, giacché ne è una componente sostanziale. Quando si parla della legge dell’A.T. l’attenzione non deve concentrarsi esclusivamente sul testo scritto della legge e sul suo contenuto. La legge è sempre legge d’alleanza. In definitiva è l’alleanza stessa la norma fondamentale di vita del popolo, sicché la direttiva scritta rappresenta soltanto l’estrinsecazione concreta di tale norma basilare e la sua applicazione ai molteplici casi della vita vissuta. Anche quando il popolo ascolta questa parola scritta, è il Dio stesso dell’alleanza che gli si fa incontro, che si attende fedeltà totale ed esclusiva. Per cui la legge veterotestamentaria non è soltanto una realtà etica, bensì e soprattutto una realtà spiccatamente religiosa.
Il comandamento non è mai presentato come un mezzo per acquisire l’alleanza, ma come il modo indicato da Jahwé stesso di vivere in unione con lui. L’osservanza della legge è il modo di vivere l’alleanza, è il segno concreto della fedeltà a Dio. Significato e scopo della legge è quello di preservare la relazione di alleanza tra Dio e il suo popolo.
Tale legge è presentata come “legge di Dio”, come espressione della sua volontà. Questa fu conosciuta e interpretata attraverso la singolarissima esperienza religiosa di Mosé e di Israele nelle sua storia. Il Dio di cui Israele ha un particolare esperienza è colui che dapprima e come ultimo atto si è scelto Israele, gli ha dato i segni del suo amore, ha compiuto per lui meraviglie nella sua storia, l’ha chiamato alla sua pace, cioè ad una particolare comunione e amicizia con sé, a un rapporto interpersonale etico e non magico, oltre che ad un servizio in vista di una futura speranza universale.
Dal fatto che la legge si presenta come legge di Dio, deriva che essa è tutta religiosa, tutta sacra se si vuole, tutta quanta espressione – benché magari parziale e relativa – della volontà di Dio; tutta quanta a servizio dell’alleanza, sia la legge direttamente riguardante il culto (la prima tavola del decalogo), sia quella personale e sociale (la seconda tavola del decalogo). Separare le due tavole, togliere dalla dipendenza di Dio la legislazione sociale, tentare di secolarizzare, per così dire, la vita personale e sociale per ridurre il campo del sacro e del religioso al campo cultuale, sarà una continua tentazione di Israele, contro la quale i Profeti metteranno continuamente in guardia.
Ne deriva che tale legge è davvero totalitaria, si rivolge a tutto l’uomo, prende tutta la sua esistenza, tutto il suo tempo: ogni momento è e deve essere “santo”, ogni attività e ogni lavoro, ogni opera può e deve essere un “servire” Dio, un culto, una liturgia. I riti sono particolari e secondari atti di culto, espressioni della vita e alimento della vita che vuole “servire” Jahwé e rispondere alla sua alleanza; altrimenti, se sono compiuti come momenti isolati dalla vita, sono gesti magici, che Dio rifiuta con violenza (Is.1; Ger.7 e ss.)
Il culto è una manifestazione importante dell’alleanza e numerose sono le norme che lo regolano, ma non è l’esigenza prima; esso perde il suo significato tutte le volte che lo si isola dal suo contesto dell’alleanza e in modo particolare dal suo contesto morale (Mich.6,1-18).
Spesse volte il culto è giudicato severamente perché tende a sostituirsi alla morale e saranno soprattutto i Profeti a mettere in guardia da questo pericolo (soprattutto Amos e Isaia); il culto è al servizio della morale e non viceversa. Il culto più sontuoso non dispensa dall’amore e dalla pietà; esso è dichiarato senza valore quando non è più espressione di rettitudine morale.
Proprio perché totalitaria, tale legge religiosa illumina e guida anche la vita terrena o – come si dice – profana, e in particolare i rapporti sociali. Anzi dopo la richiesta di ascolto-fede-amore al solo Jahwé, i doveri più sottolineati, specialmente dai profeti, sono proprio quelli che riguardano la giustizia, i rapporti cioè verso il prossimo e in modo particolare verso i poveri, le vedove, gli orfani, gli stranieri: questi rapporti devono essere ispirati a rispetto, equità, lealtà, fedeltà, generosa misericordia.
E’ una legislazione di un popolo in cammino verso una grande speranza, verso un grandioso e luminoso incontro con il suo Dio, verso la Nuova Alleanza: una legge quindi di viaggio, di pellegrinaggio. E’ sorta in un contesto di viaggio, ha seguito le varie tappe della storia del popolo di Dio, si è sviluppata con esse, con le vicende e le necessità di Israele, pur restando fedele alle sue caratteristiche fondamentali di espressione dell’alleanza del Dio santo con il suo popolo santo.
Teologia dell’Alleanza Antica e Nuova – Indice
- Significato dei suoi punti più importanti
- Caratteristiche della morale dell’alleanza
- La legge veterotestamentaria.
- Caratteristica e valore della legge veterotestamentaria.
- Limiti e pericoli della legge veterotestamentaria.
- Gesù Cristo nuova alleanza- Annuncio del Regno di Dio
- La predicazione del Regno di Dio- Annuncio ed esigenza.
- Esigenze fondamentali etico-religiose di Gesù: La conversione
- Esigenze fondamentali etico-religiose di Gesù: La fede
- Esigenze fondamentali etico-religiose di Gesù: La sequela
- La legge della Nuova Alleanza: Discorso della montagna.
- Natura e contenuto del discorso della montagna.
- Rilievi critici sulle interpretazioni del discorso della montagna.
- Criteri per la comprensione del discorso della montagna.