Teologia dell’Alleanza Antica e Nuova

Significato dei suoi punti più importanti

Numerosissimi sono i passi biblici veterotestamentari che si riferiscono all’alleanza tra Dio e il popolo eletto. Ne ricordo alcuni, i più importanti:

  • Esodo 19,3-8 proposta dell’alleanza
  • Esodo 20,1-17 il decalogo
  • Deuteronomio 5,1-22 il decalogo
  • Esodo 24,1-11 conclusione dell’alleanza
  • Giosué 24,1 ss rinnovazione dell’alleanza
  1. Il libro del Deuteronomio in gran parte strutturato secondo lo schema dell’alleanza:
  2. 5-11 prologo storico
  3. 12-26 le Leggi
  4. 28 benedizioni e maledizioni

I passi rammentati e altri passi della Bibbia presentano uno stesso schema che si articola in cinque punti:

  1. Preambolo con il richiamo del nome di colui che prende l’iniziativa di stipulare l’alleanza;
  2. Prologo storico che enumera i benefici compiuti;
  3. Stipulazione fondamentale o formulazione del comandamento basilare;
  4. Leggi particolari
  5. Benedizioni e maledizioni.

Questo schema può conoscere alcune varianti, ma sostanzialmente è presente nei passi biblici riferentesi all’alleanza. Esaminiamo i punti salienti di questo schema con l’intento di farne emergere le linee e le caratteristiche fondamentali della morale biblica veterotestamentaria.

Il prologo storico rileva sempre l’anteriorità assoluta dell’iniziativa di Dio: l’intervento di Dio nella storia a favore del suo popolo. Ne scaturisce il carattere storico della religione d’Israele fondata su eventi storici di cui Dio e lui solo ha l’iniziativa. Questo prologo storico, che potrebbe essere definito il “Credo d’Israele” narra appunto l’intervento di Dio che fonda la religione d’Israele: la liberazione dalla schiavitù d’Egitto.

Risulta così chiaro il carattere assolutamente gratuito e unilaterale della storia e degli eventi del popolo ebraico: è l’iniziativa di Dio che costituisce Israele come entità sociale e religiosa, non è Israele che ha scoperto Jahwé e che se lo è dato come Dio: è Jahwé che per primo ha preso in mano le sorti del popolo liberandolo dalla schiavitù, guidando il suo esodo, donandogli la terra promessa.

Dal fatto che la storia di Israele è incominciata per l’iniziativa totalmente unilaterale di Jahwé, anteriore a qualsiasi cooperazione da parte del popolo eletto, deriva la dipendenza assoluta del popolo nei confronti di Dio. Resta così esclusa in modo radicale qualsiasi concezione dell’alleanza che tenti di presentarla come un contratto tra eguali e contratto bilaterale.

Sul prologo storico che narra l’intervento di Dio a favore del suo popolo si fonda la “stipulazione fondamentale” o comandamento basilare. Esso costituisce la motivazione della legge o stipulazioni particolari. La riconoscenza per la liberazione operata da Dio esige l’ubbidienza da parte del popolo, l’impegno di fedeltà assoluta nei confronti di Dio. Alcuni termini contenuti nei testi citati ( “ora”, “dunque”, “perciò”: Giosuè 24,14 e Esodo 19,5) mostrano con chiarezza il legame tra il prologo storico che descrive l’azione di Dio e la stipulazione fondamentale. Liberando Israele dalla schiavitù d’Egitto Jahwé si è acquistato un diritto sul popolo, un’autorità sovrana che vuole sia riconosciuta (Deut.6,20-24). Il prologo storico ha dunque come finalità quella di provocare la risposta del popolo attraverso il ricordo dell’intervento di Dio in suo favore, risposta che si esprime nella riconoscente accettazione del comandamento fondamentale, segno dell’autorità di Jahwé. Il popolo deve accettare come norma fondamentale della sua esistenza quest’esperienza dell’iniziativa unilaterale e gratuita di Dio, esperienza che è all’origine del suo stesso esistere, che l’ha costituito proprio come popolo di Jahwé.

Le formulazioni di questo precetto fondamentale sono diverse:

  • “Sappilo dunque oggi e meditalo nel tuo cuore: il Signore è Dio, lassù nel cielo e quaggiù in terra, e non ce n’è alcun altro” (Deut.4,39);
  • “Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla condizione di schiavitù: non avrai altri déi di fronte a me…” (Es.20,2 e Deut.5,6-7);
  • “Temete dunque il Signore e servitelo con integrità e fedeltà; eliminate gli déi che i vostri padri servirono oltre il fiume e in Egitto e servite il Signore” (Giosué 24,14).

L’esigenza fondamentale che scaturisce dalle numerose formulazioni del comandamento basilare è unica: il riconoscimento di Jahwé come unico Dio. Israele deve quindi rifiutare gli déi stranieri e riconoscere la signoria assoluta ed esclusiva di Jahwé: “Io sono il tuo Dio e tu il mio popolo”.

Questo riconoscimento di Jahwé come unico Dio e l’impegno di fedeltà assoluta che ne consegue vengono espressi anche con le locuzioni “amare Dio” e “temere Dio” (Deut.6,4; 10,12). Il termine amare sottolinea la preferenza, meglio l’esclusività che deve caratterizzare l’atteggiamento del popolo: si tratta di una fedeltà che esige l’esclusione di qualsiasi altra divinità. La formulazione del comandamento basilare con l’imperativo “temete” sottolinea il fatto che il rapporto tra Dio e il suo popolo non è un rapporto tra eguali: l’alleanza infatti è un patto bilaterale tra contraenti ineguali. Il richiamo all’amore soltanto potrebbe far dimenticare che Jahwé è il sovrano assoluto cui si deve sottomissione incondizionata. Il popolo deve guardarsi dal pericolo di scivolare in una falsa intimità con Dio e di scordare la grande distanza che intercorre tra i due contraenti

Un altro schema che sottostà ai passi biblici riguardanti l’alleanza è costituito dai comandamenti o stipulazioni particolari. Va detto che come il comandamento basilare si fonda sul prologo storico così i precetti particolari sono in stretta connessione con il comandamento generale. La stipulazione fondamentale definisce l’intenzione che deve presiedere l’osservanza del più piccolo dei precetti, i quali non sono delle entità chiuse e indipendenti il cui contenuto materiale da solo stabilirebbe la loro qualità morale. Per la stipulazione fonda,mentale, l’etica dell’alleanza è sempre una e totale. La materialità delle leggi è secondaria in rapporto allo spirito che esse sono chiamate a incarnare.

L’esame dei passi biblici mostra come da una parte la pratica dei comandamenti deve essere permeata da uno spirito di fedeltà, di timore, di amore, di servizio; d’altra parte questo amore e timore di Jahwé deve tradursi nell’osservanza dei precetti particolari.

C’è equazione tra ciascuna delle leggi particolari e la stipulazione fondamentale, non nel senso che questa sia ridotta al livello di quelle, ma nel senso che ciascuna delle stipulazioni particolari deve essere portatrice dello spirito espresso nella stipulazione fondamentale. Questa è presente in tutti i precetti particolari come lo spirito che dona loro il senso e valore: essa esprime l’intenzione che deve presiedere all’osservanza di ogni precetto, la quale non diviene così l’esecuzione materiale di un ordine, ma ubbidienza e adesione vera ad una persona.

Ciò che è esigito, non è prima di tutto questa o quell’azione, ma una attitudine, una tensione di tutto l’essere verso Dio. I precetti particolari avranno come scopo quello di incarnare questa attitudine fondamentale, di rafforzarla e di testimoniarla: lo spirito infatti esige d’incarnarsi. Non si dà fedeltà alla stipulazione fondamentale dell’alleanza senza la pratica delle leggi particolari. Mentre la sola osservanza dei precetti particolari staccata dallo spirito che la deve informare e orientare conduce al giuriamo e non ha valore morale, inversamente una pretesa obbedienza allo spirito a scapito delle leggi particolari è perfettamente illusoria (Deut.8,6.11; 6,24ss).

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