La Parrocchia: Luogo dell’Amore

“Questo è il mio comandamento:che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amati.
Nessuno ha un amore più grande di colui che dà la vita per i suoi amici” (Gv.15,12-13).

La moda del giorno d’oggi nelle relazioni umane è la disunione. Professare la discordia, l’inconciliabilità, l’incomunicabilità, celebrare la contraddizione, il contrasto, la lotta fra individuo e individuo, fra fratello e sorella, la lotta armata fra le classi sociali, fra comunità politiche “superpotenze”, giocare con i mostri del terrorismo, degli arcipelaghi dei campi di concentramento e delle razze, delle atomiche, della fame, del petrolio, dell’oro, delle multinazionali, della globalizzazione, delle religioni, sembra diventata l’arte di tutti i cervelli umani e di tutti “gli emisferi terrestri” (a tal proposito pensiamo a tutte le trasmissioni televisive impostate in merito:persino l’intimità è diventata spettacolo).

Ogni giorno assistiamo al tutti contro tutti, tanto che sembra rovesciato anche il comando evangelico del Signore: non amatevi gli uni gli altri.

Entro questa atmosfera la chiesa e l’oratorio vivono il rischio dell’amore. Essi si pronunciano come luoghi dell’amore sopportandone la fatica e promovendone la realizzazione tra fratelli e sorelle che, per svariate circostanze, si radunano “in nome di Dio” ma spesso senza l’amorevole carità del Signore.
E il rischio o la realtà è che queste assemblee si costituiscano portatrici di interiori eliminazioni dei fratelli con sempre crescente ampiezza. Per questo i presenti sembrano un mucchio di sassi (non si esprime mai cosa si ha nel cuore), appoggiati o accalcati gli uni agli altri senza calore umano. Le motivazioni delle riunioni sono valide, ma il solo modo di realizzarle spesso sono contro l’amorevole carità evangelica, la quale domanda do formare un cuor solo e un’anima sola.

Non bisogna mai scordare che la premessa di ogni assemblea cristiana è la riconciliazione. Se chi presiede non s’avvede delle discordie, dei rancori, delle invidie, delle incomunicabilità umane, non è “buon pastore, ma mercenario”. E al mercenario non importa niente che i lupi rapaci divorino dentro i carismi della grazia, le qualità buone,ma al sopraggiungere del lupo si mette in salvo nelle norme liturgiche,nel formalismo farisaico, perché non ha l’animo di Cristo. Cristo infatti dà la vita per le pecore, ossia per le anime affidate alla sua cura.

La prima cura è quella interiore:perché ciò che esce dall’uomo, non ciò che entra, che contamina l’uomo. L’educazione all’amore è un dovere del pastore d’anime e del laico cristiano che precede l’annuncio della Parola di Dio e dell’amore.

L’amore ha più volti: ha il volto della tolleranza,del perdono, dell’amicizia, della riconciliazione, della generosità, del servizio, della dedizione a tutti, soprattutto ai nemici e a chi maggiormente ci perseguita per qualsiasi causa. Non vale la pena neanche sapere. E’ sufficiente che riconosciamo al fratello lo spazio della persecuzione cinto dallo spazio dell’amore, perché l’amore redime morendo non crocifiggendo.

Ecco che allora quando al comunità si raduna in “nome di Dio”va portata alla scoperta della riconciliazione, perché in mezzo ad essa Dio non viene se manca la volontà della comunione e della condivisione nella fraternità dell’essere peccatori. Dio non ci perdona, se non siamo disposti a perdonare i nostri fratelli. Infatti: la misura con la quale misureremo sarà la stessa impiegata per misurare noi. Dio non privilegia chi non sa essere fratello anche nella comune miseria.

Celebrare l’amore è un festeggiare la misericordia di Dio che in Cristo opera il miracolo della riconciliazione soprannaturale col padre e lo Spirito Santo. Ed è un compiere, di conseguenza, il comando di Cristo: “Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi”.

Questa situazione ecclesiale,promossa quando l’assemblea si raduna,favorisce anche l’incontro d’amore in tre direzioni spirituali decisamente indispensabili alla edificazione della Chiesa di Cristo.

Dall’amore e nell’amore parte il dialogo comunitario,nell’ascolto e nell’incontro con la Parola,per poi utilizzare il vissuto della cristianità nel proprio tempo, in umiltà, in correzione fraterna, nella conversione alla verità.

Dall’amore e nell’amore segue la rettifica dei sentimenti del cuore che non sono conformi alla imitazione di Cristo, così che i cristiani siano portatori di un umanesimo evangelico in un contesto storico dominato dal dissenso sistematico fra le componenti sociali.

Dall’amore e nell’amore deve partire il cambiamento della coscienza in due settori: nel settore individuale e nel settore ecclesiale, in quanto la testimonianza individuale a Cristo si completa nella linea dei principi cristiani qualificanti al chiesa e l’oratorio in luoghi ben determinati secondo la fede apostolica.

Noi siamo chiesa e oratorio del Cristo storico e tutti ne facciamo parte “come luce del mondo e sale della terra”. L’amore si confronta con la verità della giustizia sociale, della economia, della informazione, del rispetto per la vita, del farsi storico in cui noi siamo presenti come seguaci di Cristo.

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