La Parrocchia: Luogo della Speranza

“Nel mondo avrete tribolazione; ma fatevi animo: io ho vinto il mondo”(Gv.16,33).

“..chi crede in me farà anch’egli le opere che faccio io, e ne farà di ancora più grandi”(Gv.14,12).

“Non vi lascerò orfani:ritornerò a voi”(Gv.14,18).

Alla chiesa e all’oratorio convergono anime colpite dalla sfiducia (mancanza d’amore il più delle volte). I senza speranza oggi sono molti, anche fra i cosiddetti cristiani. Anche fra i sacerdoti e i vescovi. Sperare in un tempo crepuscolare come il nostro è impresa ardua, soprattutto quando credere a Cristo è un atteggiamento provvisorio e non scelta di vita vera.

La speranza è una virtù teologale che trae la sua dimensione dalla fede. Se la fede in Dio genera la scelta di vita sul progetto di Cristo, la speranza sarà sicura nelle radici e nelle fondamenta. La chiesa e l’oratorio devono essere i luoghi in cui si generano cristiani capaci di sperare, e di credere contro ogni motivo di speranza perché l’azione della storia è nelle mani di Cristo “Centro del cosmo e della storia”.

Il crederci entro il tempo e la vita del cosmo non può offuscare e non deve scordare colui nelle cui mani sono gli uomini e i tempi. Perché Egli li dirige nel Cristo risorto con previdenza, con provvidenza e con giustizia infinita verso il loro fine, sia le creature libere sia quelle razionali.

Il riconoscersi parte di una avventura dell’eterno Essere significa disporsi nelle scelte e nelle svolte impreviste del proprio itinerario esistenziale, con la saggezza evangelica espressa nella Parola di Cristo: “Non si turbi il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore;se così non fosse, ve l’avrei detto perché io vado a preparare un posto per voi” (Gv.14,1-2).

Radunarsi allora “in nome di Dio” importa un grande gesto: il gesto di ascoltare e seguire la Parola di Cristo senza metterla in discussione, senza compromessi, senza allucinazioni, senza condizionamenti di sorta. Significa adesione totale al Regno di Cristo al nostro modo di vedere, di guardare, di giudicare, di analizzare, di considerare questa realtà della condizione umana, divenuta oggi un dedalo impenetrabile perché si è smarrito Cristo come chiave di interpretazione storica e come umanesimo della ricomprensione dell’essere e dell’agire, del perdersi per una causa giusta come è quella del Regno di Dio sulla terra.

Proclamare la propria speranza oggi vuol dire soltanto una cosa: prendere la Parola di Cristo ed attuarla in sé con generosa accoglienza fino ad affermare con Paolo di Tarso: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Gal.2,20).

Chi nella chiesa e nell’oratorio non incontra la scuola della speranza esistenziale secondo la sequela di Cristo non ha la grazia della perseveranza. Nel Vangelo si parla della perseveranza come speranza. E questo è veramente bello. Chi spera persevera, chi non spera presto o tardi prevarica da Cristo “Via Verità e Vita” (Gv.14,6).

Il popolo di Dio deve essere compreso: vivendo l’esperienza umana intessuta di impegni e di affetti concreti , può essere indotto a pensare che sperare in ciò che non produce effetti immediati è da stolti. Al contrario la fede ci assicura che credere e sperare significa donarsi all’evento di Cristo in terra con totale servizio al Vangelo, nella certezza che a suo tempo, forse al di là del nostro tempo, Egli compirà ciò che noi vorremmo ora, più per confondere chi ci osteggia che per amore del Regno di Dio.

I Santi sono stati scoperti non durante la loro santità, ma dopo il loro essere stati santi. Dio mi può chiedere tutto come la notte porta nel buio ogni cosa; anzi sembra che tutto sia vanificato, ma domani, al sorgere del primo raggio di sole, tutto mi sarà restituito nella novità di vita.

Tutto ciò che dono a Dio mi sarà restituito centuplicato, in più la vita eterna. Su queste tracce la comunità è chiamata ad educare alla speranza coloro che in Cristo credono, e che per Cristo, in Cristo, con Cristo intendono perdersi nella certezza della Pasqua.

Il clima odierno è pervaso dalla disperazione del male (basta leggere i giornali o ascoltare qualche telegiornale). Ogni cosa, come ogni creatura, sembra condannata alla decomposizione, al rifiuto del bene, del vero, dell’onesto, della bellezza, dell’amore, del galantuomo, dal mostro della perversione infernale, divenuto l’artefice del farsi quotidiano.

Il percorso della speranza non ha più abitanti (apparentemente). Come,del resto, il percorso della fede, che al di là delle affermazioni, si dimostra privo di testimoni. La strada più seguita è quella di Emmaus, seguita nell’andare alla chiesa e all’oratorio, seguita, purtroppo, nell’uscire dalla chiesa e dall’oratorio. La chiesa e l’oratorio devono essere luoghi del Risorto, perché sappiano infondere nei cristiani la forza della Pasqua. E’ così che il radunarsi (sotto ogni aspetto della vita) “in nome di Dio” provocherà la volontà della resurrezione perché Dio è il vivente e il viandante.

La speranza teologica nasce da Cristo risorto.Guai se nascesse dall’euforia del momento e dal successo trionfalistico,qualche volta possibile anche nelle aride spiagge della religione professata.Essa è e deve essere saldata all’evento del mistero cristiano. Non può essere riducibile all’energia richiesta pere resistere alle situazioni difficili,ma deve estendersi al segno dell’evento finale di cui è strada.

La Parrocchia – Indice: