La Parrocchia: Luogo della Fede

“Abbiate fede in Dio. In Verità vi dico, che se qualcuno dirà a questa montagna:”togliti di lì e gettati nel mare” se non dubita in cuor suo, ma crede che quel che dice avverrà, gli sarà concesso” (Mc.11,22-23).

La chiesa e l’oratorio devono essere ricercati dai parrocchiani sotto la spinta di innumerevoli istanze morali e in momenti di gioia comunitaria. A volte si ha la sensazione di intravedere una crescita di fede tra noi. Poi, però, alla prima prova, ci accorgiamo che si trattava di una fede provvisoria, abitudinaria, almeno in molti.

C’è una bella differenza tra la fede che trasporta le montagne e la fede, invece, che sale sulle montagne. Chi si avvicina alla chiesa e all’oratorio, in essi vivono da sempre, a quale fede è stato educato? Lo so, non è facile riesaminare le tappe della educazione alla fede poiché la memoria del passato si rifugia in luoghi comuni dove istituzioni e persone sono associate all’idea della tradizione cristiana. Forse converrebbe distinguere la chiesa e l’oratorio come luoghi della fede in Dio per mezzo di Cristo da luoghi della fede espressa dai parrocchiani, che potremmo definire più propriamente: “luoghi delle fedi”.

Ciò che Gesù annuncia alla gente è una cosa, ciò che la gente comprende o professa è un’altra cosa. La fede in Cristo è diversa nel modo di essere posseduta, ma identica nel suo oggetto:Cristo Gesù uomo e Dio! All’insaputa di chi frequenta questi luoghi, di chi vi prende parte, di chi comunica e condivide il “farsi cristiano” come scelta di esistenza, la chiesa e l’oratorio possono essere anche “luoghi di ambiguità”. Infatti le ragioni immediate prossime e remote, per cui noi cristiani, o noi cristiani formanti l’assemblea ci raduniamo, possono essere soggettive, personali, circostanziali, per cui ci raduniamo in nome di moventi propri, che ci inducono a rivolgerci a Dio, ma non ci raduniamo in nome di Dio. Chi si porta a far assemblea in nome delle proprie necessità si trova schiavo di esse; chi invece si raduna nell’assemblea e fa assemblea”in nome di Dio”,perché così ha detto Cristo, è nella benevolenza di Dio. Le proprie necessità, di qualsiasi ordine, sono allora viste da Dio; ma è l’amore di Dio la causa formale della preghiera, non tutto ciò che può indurre a Dio Onnipotente pere la liberazione delle impotenze. Proprio San Paolo si accorse di questa difficoltà e raccomandava ai cristiani:“Quando mangiate o bevete o quando fate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio” (1^ Cor.10,31).

La fede teologica è centralizzata nella volontà di Dio, manifestata in Cristo, Figlio suo. Tutto il resto non sviluppa la fede in Dio, ma l’attenzione alla straordinarietà di Dio, considerata come un bene conveniente dalle nostre indigenze morali e temporali. Se mai sono una conseguenza della fede.

Lo specifico della fede è Dio accettato in tutto con la conseguente rinuncia di noi stessi sull’esempio di Cristo, il quale per compiere la volontà del Padre ha annientato se stesso sulla Croce. Ma Dio l’ha risuscitato dai morti.

“Padre mio, se non è possibile che questo calice passi senza che io lo beva, sia fatta la tua volontà” (Mt.26,42).

La fede è la scelta di questo “sia fatta la tua volontà”.E’ adesione, pertanto, di tutto l’essere alla volontà di Dio e al disegno che Egli ha riservato a ciascuno di noi come singolo e a ciascuno di noi come membro del Corpo Mistico di Cristo. Non è adesione morale, o soltanto intellettuale, alla rivelazione dei suoi misteri d’amore. Guai se così fosse vista e soprattutto vissuta.

“Non chiunque mi dice:”Signore,Signore! Entrerà nel Regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli” (Mt.7,21).

La volontà del Padre qual è? La nostra santificazione. La porta che introduce alla salvezza è stretta, quella che conduce alla perdizione è larga. L’azione della fede è conversione e riconciliazione permanente fino a costruire in noi gli stessi sentimenti e a compiere le stesse opere di Cristo di fronte ai problemi concreti del vivere quotidiano. Rettificare le intenzioni, quindi, dei cristiani che si radunano nella chiesa e nell’oratorio “in nome di Dio” è un impegno catechetico, pastorale, pedagogico ed evangelico di primaria importanza.

Certo, la fede è un dono che deve essere continuamente messo a fuoco in tre direzioni:nella direzione della conoscenza di Dio rivelatosi in Cristo; nella direzione della conversione alla sua volontà mediante la grazia dei sacramenti; nella direzione della riconciliazione con Dio e con i fratelli, ossia nell’amore. I luoghi della fede, così concepita e vissuta, si trasformano in”luoghi dello Spirito Santo”,in una Pentecoste in cui i carismi di ciascuno e i carismi ecclesiali muovono noi cristiani alla donazione della mente, del cuore e della coscienza a Dio per Cristo, e diventiamo portatori del vangelo, con la nostra condotta dottrinale e morale, a tutti i fratelli quando con essi ci troviamo per il lavoro, il divertimento, la vacanza, lo studio, la scuola, la politica, la scienza, la tecnica, l’economia, i diritti umani, l’accoglienza di coloro che magari contestano, o si comportano male ma che hanno più bisogno di noi e del nostro amore, la giustizia, della pace fra tutti gli, esseri viventi.

Ecco che allora diventiamo “luce del mondo e sale della terra”(Mt.5,14). Perché la credibilità dei cristiani non sta nelle parole o negli scritti, nella cultura o nei trattati, nelle cattedrali di pietra, nei monumenti, nelle folle oceaniche dei raduni, ma nell’amore, nelle testimonianze di vita, nei Santi. La nostra fede ha il potere di trasportare le montagne, ma soprattutto ha la forza di vincere nel mondo il peccato e il demonio suo ispiratore.

La chiesa e l’oratorio sono “luoghi della fede”, perché essi generano cristiani per cui credere diventa scelta di vita.

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