La crescita

La parabola del seminatoreFratelli e sorelle, ci sono certe cose nella vita che nascono e crescono, senza che ce ne rendiamo conto. Il contadino va nel campo e lancia il seme, lo consegna alla terra e poi, aspetta:passano i giorni, passano le settimane e i mesi interi, uno dopo l’altro. Non si stanca di aspettare, perché sa che deve essere così. In casa, la donna prende la pianta, la mette in un vaso, poi, aspetta:giorni, settimane, mesi interi. Non si stanca di aspettare. Da lì nasce una vita nuova: il seme germoglia, il granoturco nasce, la pianta fiorisce, la spiga matura, il fiore sboccia. Possiamo partire, possiamo restare lì a guardarli, possiamo perfino dormire. E’ lo stesso: Gli alberi, le piante, i fiori crescono, in virtù di una forza che hanno dentro e che non dipende da noi. Da parte nostra ci mettiamo solo la cura per innaffiarli, per concimare il terreno, per potare le parti secche. Quando arriva l’ora, si fa la mietitura, si raccoglie la frutta, si sgrana il granoturco, si colgono i fiori. E tutto ciò si ripete sempre, un anno dopo l’altro. E’ così naturale che non ce ne accorgiamo più, perché l’abbiamo sempre sotto gli occhi.

C’è gente che, se non vede subito il risultato, si perde d’animo. Vorrebbe che un albero crescesse subito, come un cespo d’insalata. Non crede nella forza, che si nasconde dentro il seme. Il contadino, che se ne intende di campagna, ne sa di più, anche perché è suo il sudore che versa nella cura.

Analizziamo più da vicino il problema della crescita.

In Gesù c’è una forza invisibile, la forza di Dio. La stessa forza sta pure nella Chiesa, nei cristiani, in ognuno di noi (soprattutto dopo avere ricevuto l’effusione dello Spirito santo), nel quartiere, nell’umanità intera (a livello potenziale).

C’è gente che neppure se ne accorge. Ha occhi per vedere ma non vede. Gesù vuole che l’uomo scopra questa forza amica, che sta dentro la nostra vita, in continua crescita se la curiamo. Per aiutarci a scoprirla e a curarla, ci invita a confrontarla con la forza invisibile, che genera la crescita della natura.

Ascoltiamo le sue parole, tratte dal vangelo di San Marco 4,26-29:

26. E diceva loro: Avviene del regno di Dio
come un uomo che sparge il seme nel terreno:
27. dorma o vegli, di notte e di giorno, il
seme germoglia e cresce ed egli non sa come.
28. La terra da sé produce: prima l’erba, poi
la spiga e infine il grano gremito nella spiga.
29. E quando il frutto è maturo, subito vi
si mette la falce, perché è venuto il
momento della mietitura.

Fratelli e sorelle , la crescita è confrontata con ciò che avviene quando un contadino ha gettato il seme e poi continua la sua vita ordinaria fino alla mietitura. E’ un piccolo quadro della vita agricola che serve a chiarire un aspetto della situazione dell’uomo di fronte a Dio. Il punto di confronto è suggerito dal contrasto tra la vita tranquilla del contadino e il misterioso germogliare, crescere e maturare del seme; dal contrasto tra l’intervento iniziale e della cura del contadino e la forza misteriosa della terra che porta il seme a maturazione.

Così avviene con chi incontra Gesù. Avviato il processo, esso giungerà sicuramente al compimento per la forza irresistibile e misteriosa che lo sostiene.

Analizziamolo in dettaglio.

La breve similitudine descrive la storia in tre tempi: la semina (l’effusione dello Spirito Santo), la crescita (docilità all’azione dello Spirito Santo per acquisire in noi gli stessi sentimenti che furono di Gesù), la raccolta (i frutti nella comunità, nella società, vale a dire l’evangelizzazione).

Il primo è il momento dell’azione del contadino, come un fatto concluso. E la sua funzione è soltanto di porre la premessa per il prosieguo della narrazione.

Nel secondo momento si diffonde la descrizione. Gesù vi indugia, desiderando che l’ascoltatore faccia altrettanto. E’ il tempo del seme e della terra, non del contadino. Per quest’ultimo è solo il tempo che passa (dorme o veglia, notte e giorno), durante il quale ignora ciò che sta accadendo (come egli stesso non sa). Per il seme, invece, è il tempo importante della crescita (germina e si allunga). E per la terra è il tempo in cui essa opera straordinarie trasformazioni: lo stelo, la spiga, il grano nella spiga.

Nel terzo momento ricompare il contadino, che però non viene nominato: manda la falce. Proprio così: non i falciatori, ma la falce. Ma l’azione del contadino è inquadrata da due altre, di cui egli non è il protagonista: “Appena il frutto lo consente”, e:”Il tempo della mietitura è sopraggiunto”. Sono due espressioni da analizzare con cura: Non si dice:”Appena il contadino vede che il frutto è maturo”, bensì:”Appena il frutto si concede”. L’immagine è bellissima: è il frutto stesso che si dona all’uomo. L’uomo non fa, ma accoglie. E’ il seme che in realtà fa tutto: germina,cresce,matura, si offre all’uomo per la raccolta. Il tempo in attesa della mietitura è un tempo lungo e tuttavia è anche un tempo da afferrare. Le azioni che vi si svolgono richiedono rapidità: appena..subito..Tempo che permane e che è urgente:il tempo compiuto.

Fin qui abbiamo rinarrato la similitudine, componendola nelle sue sequenze, nei protagonisti, nelle immagini soprattutto nei tempi. Un risultato è certo: l’attenzione cade sul tempo intermedio, fra la semina e la mietitura. Tuttavia, gli angoli di osservazione sono diversi.

La similitudine sembra innanzitutto sottolineare un contrasto fra i due tempi: quello del contadino, un tempo brevissimo, sia per la semina sia per la mietitura; e il tempo della crescita del seme, un tempo lungo in cui tutto si svolger nel segreto della terra. La similitudine indugia su questo tempo, tanto lungo da costituire per molti un problema: perché, dopo che è caduto nella terra, il seme tarda a manifestarsi? Che significato ha questo tempo che tanto si protrae e in cui tutto pare inerte, nulla si vede e Dio sembra tacere? La similitudine risponde che questo tempo intermedio è il più importante: tempo di crescita e di impensabili trasformazioni, tempo decisivo, tempo dell’azione di Dio, non della sua assenza. E’ inattivo il contadino (a parte la preparazione), non il seme. Che tutto avvenga invisibilmente, misteriosamente, non è segno del silenzio di Dio, ma del suo modo diverso di parlare.

Non delusione, dunque, né turbamento né inutili impazienze, bensì attesa fiduciosa: questa è la lezione. Ma è una fiducia non facile, perché i credenti hanno sempre la pretesa di segni da vedere.

Oltre al contrasto tra il tempo e il luogo del seme e il tempo breve dell’uomo, tra il tempo dell’azione visibile e dell’azione invisibile, c’è n’è un secondo sul quale Gesù si sofferma: da una parte l’inerzia del contadino (solo apparente), dall’altra invece l’incessante lavoro del seme e della terra. Dei due lati il più importante è il secondo: la forza del seme. Che il contadino agisca in un secondo piano è il presupposto su cui si fonda la narrazione, non direttamente il suo messaggio.

La terra fruttifica automaticamente, cioè da sé e senza causa visibile. Qui si allude non alla forza della natura, bensì al miracolo di Dio. La terra dà frutti a causa dell’azione miracolosa di Dio: questo è il senso della similitudine. Così è lo Spirito Santo: un’azione di Dio incessante e prodigiosa, ma nascosta e autonoma nell’intimo di ognuno.

E’ lo Spirito Santo stesso, già deposto nella storia come un seme, che viene, non sono gli uomini a farlo venire. In tal modo il discepolo viene liberato da un affanno inutile. Non sta a lui garantire il successo del Regno di Dio, perché egli deve semplicemente assicurare l’annuncio e la raccolta.

L’atteggiamento prioritario del cristiano nel mondo è l’attesa fiduciosa e non l’impazienza dei nuovi zelati o i calcoli degli apocalittici. Ma attenzione, fratelli e sorelle, la parabola non è un invito al quietismo o alla pigrizia, ma è una proposta di speranza che si fonda sulla promessa efficace di Dio. Se il seme è gettato, è garantito il raccolto. Ma è anche vero che la realtà del regno non matura sopra o accanto o al di fuori della libertà e responsabilità dell’uomo e delle sue scelte storiche. Vale a dire che il Regno di Dio non è questione di organizzazione oppure di efficienza, ma semplicemente di accoglienza.

Da tutto ciò si evince che il battesimo nello Spirito Santo non è un traguardo finalmente raggiunto, non è il punto più alto e importante della nostra vita spirituale: è semplicemente il primo passo (il seme interrato) di un cammino meraviglioso, l’inizio di una vita nuova (il seme che germoglia e cresce fino a dare frutto).

Sì, lo Spirito Santo è come un seme prezioso. Quando si semina un buon seme in un buon terreno, ci sono tutti i presupposti perché il seme cresca e fiorisca..ma questo dipende dal fatto se noi liberiamo il terreno dalle erbacce, se non teniamo il terreno mosso e concimato, se non lo innaffiamo, se soprattutto teniamo il terreno al buio..il seme andrà certamente perduto.

La nostra crescita spirituale è simile alla crescita di questo seme; il dono dello Spirito Santo, la nuova vita che ci è stata donata, è in noi e noi siamo un buon terreno che ha accolto il seme con tutte le intenzioni di farlo fruttare, ma ci sono delle condizioni da rispettare perché esso possa svilupparsi e maturare in noi fino a dare molto frutto.

Abbiamo parlato di erbacce, abbiamo detto che il terreno va concimato e innaffiato regolarmente, abbiamo detto che il terreno va tenuto mosso, e che il seme perché si sviluppi ha necessità della luce del sole.

Fratelli e sorelle, in concreto cosa rappresentano per noi queste similitudini? Le erbacce sono le distrazioni del mondo come per esempio il troppo tempo dedicato alla televisione, alle riviste, allo sport, ai videogiochi o all’hobby preferito. Le chiacchiere vuote, i pettegolezzi, le critiche, i giudizi..Ma sono erbacce pure le preoccupazioni esagerate, i troppi affanni per le cose di questo mondo, gli impegni vissuti con troppa appprensione e poca fede in Dio:

Vedete, quando queste cose occupano la nostra mente e il nostro tempo non possiamo trovare spazio per il Signore, per l’incontro con Lui; dobbiamo allora cercare di eliminare le erbacce e controllare regolarmente che non tornino a riempire la nostra vita soffocando il buon seme dello Spirito Santo.

Dobbiamo concimare la nostra vita spirituale con la preghiera personale ogni giorno, con la lettura della Parola, con la frequenza ai sacramenti, con la lettura di libri utili, con la partecipazione ai corsi di formazione. Sono queste le cose che mantengono viva e fresca la nostra vita spirituale, sono l’acqua che porta nutrimento al seme.

Ma dobbiamo avere sempre degli stimoli (smuovere il terreno), degli incentivi che ci aiutino. Troveremo tutto ciò nella comunità, nell’incontro con i fratelli che stanno seguendo il nostro stesso cammino.

Non scordiamo che quando il Signore ci ha donato il suo Spirito non ci ha chiamati solo ad una conversione individuale e personale, ma ci ha chiamati a vivere e condividere la nostra esperienza con i fratelli e le sorelle, a fare comunione e unità con gli altri, ci ha chiamati a ricevere e a dare.

La luce del sole simboleggia la presenza del Signore, una presenza che dobbiamo costantemente ricercare. Questo punto è molto importante. Parlando del nutrimento spirituale può sembrare di avere già toccato questo argomento, ma non sempre pregare, andare a messa tutti i giorni, frequentare il cenacolo regolarmente..è una ricerca autentica della presenza di Dio. Queste pratiche corrono il rischio di diventare abitudini, cose che si fanno regolarmente ma in modo distratto, senza il cuore. Si può innaffiare ogni giorni il terreno tenendo però al riparo della luce.

Dobbiamo sempre desiderare e cercare ardentemente il Signore, ringraziarlo in ogni circostanza e tutto ciò che facciamo deve essere realizzato nella sua luce. Non dobbiamo mai staccarci dai momenti di preghiera e per esempio dalla nostra attività, la nostra presenza in famiglia, il nostro tempo libero, insomma tutta la nostra vita deve essere vissuta nella luce, perché, lo sappiamo, è dal Signore che viene ogni bene e ogni pienezza.

Fratelli e sorelle, abbiamo tante cose da imparare, tante convinzioni sbagliate da modificare, tante cose da correggere e abbiamo bisogno di guide, di sostegni, di aiuti e dobbiamo imparare ad accogliere i consigli e le correzioni dei fratelli con profonda e sincera umiltà. Umiltà che dobbiamo coltivare, essere sempre disponibili e semplici come fanciulli.

Certo, la crescita può a volte non essere facile, può comportare anche una parte di sofferenza ma porta sempre a una grande gioia.

Ricordiamoci che nella crescita sono necessari quattro momenti fondamentali che ci vengono richiamati da San Luca nel Libro degli Atti:

“Erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere” (At.2,42).

Vale a dire:

  1. La preghiera personale;
  2. lo studio della Parole di Dio;
  3. l’Eucaristia;
  4. l’amore.

Questi sono i quattro momenti che devono formare il contenuto della nostra vita cristiana ruotando intorno al centro che è Gesù Cristo.

Amen, alleluia, amen