Quaresima: Levitico

Vediamo ora più da vicino il cap.16.

Guardandolo infatti un po’ nei particolari, possiamo renderci conto del cammino percorso dal Libro fino al momento in cui fu messo per iscritto e inserito nell’assetto del Pentateuco, cogliendo anche quei motivi di fondo che ci introducono al mistero di Gesù Cristo in questo tempo.

Levitico 16 descrive dunque il giorno delle Espiazioni (yom hakipurim), tanto importante all’interno della tradizione ebraica che già al tempo di Gesù lo si chiamava “Il Giorno”, per eccellenza (yoma). Lv.16 contiene comunque uniti assieme due rituali diversi che poi la tradizione ebraica ha conservato e consolidato,cioè due diverse espiazioni.

La prima è di tipo levitico in senso stretto ed è descritta dai vv.11-15 + 16-19; si tratta di un sacrificio espiatorio che il sommo Sacerdote compie per sé e per la stirpe dei discendenti di Aronne col sacrificio di un toro, e per tutto il popolo col sacrificio di un capro; con un’appendice sacrificale a favore del Santuario.

Questa prima espiazione testimonia di un ambiente templare evoluto e vivace nelle sue manifestazioni e nelle sue strutture.
La seconda espiazione ha invece origini molto antiche e corrisponde a una mentalità diversa.

La comunità offre due capi su cui viene tratta la sorte: uno al Signore e uno ad Azazel. Il primo è sacrificato per il popolo;il secondo è caricato dei peccati del popolo e spinto nel deserto (20-22). Un caso analogo di animale ucciso e uno liberato si ha nella purificazione dalla lebbra (14,49-53).

Questo secondo rito è per noi misterioso e di origine sconosciuta. Di fatto il capro è considerato immondo perché carico di peccati,perciò non può essere vittima,ma è lasciato in balia di un demone. Legati assieme,troviamo quindi un uso levitico e una superstizione popolare accolta nella prassi del Tempio. D’altra parte nessun testo precedente l’esilio parla di questa festa nell’AT, che probabilmente risale al tempo di Esdra e Neemia.

Evidentemente il Levitico è stato scritto allora molto tardi,mettendo insieme resoconti e tradizioni antiche con usi recenti,scaglionati lungo un arco di tempo che copre parecchi secoli. Non basta. Chi redasse il libro non si limitò a ricostruire un rituale puro e semplice, ma lo volle legittimare, cioè dare il fondamento della sua autorità; perciò, dato che esisteva un nucleo di tradizioni antiche del tempo del Sinai, tutta la regolamentazione fu inserita nel quadro del dono della Legge dopo la liberazione dall’Egitto.

Probabilmente la prima sezione che fu messa per iscritto è il Codice di santità (17-26),opera dei sacerdoti di Gerusalemme verso la fine del secolo VII°. Essa infatti esercitò grande influsso su altre opere della scuola “P” a cui era legato lo stesso Profeta Ezechiele. Tale nucleo fu arricchito e rielaborato dopo l’esilio ed è difficile dire quando il libro abbia assunto la sua forma definitiva.

Facciamo attenzione però a come i compilatori abbiano cercato di radicare i riti nella storia del popolo. Il fatto stesso che il Codice di Santità termini con una lista di benedizioni e di maledizioni (26) mostra una volta di più che ci troviamo di fronte alle clausole del patto tra Dio e il suo popolo e, per di più, un modo tutto particolare di vedere la storia come attraverso il filtro del culto.La scuola “P” è presente in tutto il Pentateuco, come sappiamo,e anche se il Levitico è forse il suo capo d’opera, assieme a gran parte dei Numeri, il suo modo di armonizzare e sistematizzate le tradizioni del popolo attorno al nucleo del culto,comincia già dal racconto della creazione.

Israele e il suo tempio non sono quindi che la specificazione storica sempre più precisa e compiuta di un vasto progetto di santificazione del mondo come segno e risposta alla santità di Dio.

Indice Quaresima:

Letture per la Pasqua – indice