SS. Maria piena di Grazia: a Gerusalemme


Gesù nel tempio - Jusepe de Ribera (Spagnoletto)

Quando l’ascolto è scomodo

Erode porta a termine la strage. “Una voce si è udita in Rama (recita il profeta Geremia) pianto e lamento grande; Rachele che piangeva i suoi figli e non voleva essere consolata, perché non sono più” (Mt.2,17-18).

La profezia è ancora in atto nella Chiesa missionaria e nel mondo intero. Gli Erodi si sono moltiplicati quanto sono gli uomini. C’é un Erode nascosto nel cuore di ogni uomo, anche di ciascun cristiano. Basta essere uomo per essere un potenziale Erode! Infatti Erode è forte perché regna più o meno a lungo in tutti gli esseri razionali. “Porrò inimicizia tra te e la donna, tra il tuo seme e il suo. Il seme di lei ti schiaccerà il capo” , si legge nella Genesi. Questo gesto rivela da una parte la potenza e l’onnipotenza di Dio nel pensare Maria, nuova Eva, vincitrice del male, dell’Erode che, in noi, persegue l’idea dell’immacolato concepimento della Madre di Dio, e dall’altra la missione della “Piena di grazia”, insieme ed unita al Figlio Gesù per educare gli uomini a fuggire dall’Erode che è in noi come nemico della nostra figliolanza divina e nemico del Dio fatto uomo, considerato un avversario temibile per il regno o la signoria dell’uomo sulla terra.

La comunione e il dialogo di Maria e Giuseppe con la volontà di Dio, che ad essi si manifesta attraverso il sogno, esigono una scelta e un ascolto scomodo. Infatti chi è di Dio e proviene da Dio, lo ascolta. Gesù lo afferma di fronte all’ipocrisia dei farisei. L’amore incendia il cuore di chi ama Dio rinunciando a tutto se stesso.

E’ allora che, svuotati di tutto, Dio ci riempie di sé in modo analogo a Maria, piena di Grazia. “Morto Erode, l’angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe nell’Egitto e gli disse: Alzati e torna in terra d’Israele perché sono morti quelli che attentavano alla morte del bambino” (Mt.2,19-23).

Egli sarà chiamato Nazareno

Giuseppe e Maria si stabiliscono dove? Ecco la descrizione di Matteo: “Ed egli (Giuseppe) prese il bambino e rientrò in terra d’Israele. Ma saputo che Archelao regnava sulla Giudea, in luogo di Erode, padre suo, temette di andare là; e avvertito in sogno, si ritirò nella regione di Galilea, e andò ad abitare in una città chiamata Nazareth, perché si adempisse quello che era stato detto dai profeti: “Egli sarà chiamato Nazareno” (Mt.2,21-23).

Inizia il periodo più importante sia per Maria, sia per Gesù. La sua importanza nasce dal fatto che le cronache di quel tempo non registrano segni speciali, tanto che si parla, nella tradizione cristiana, del tempo in cui Maria, Giuseppe e Gesù vissero in incognito. Ora essi vivono la vocazione alla santità nel quotidiano.

Nessun segno soprannaturale ebbe l’ardire di far capire che la famiglia di Nazareth era fuori dal comune. Sembra il periodo dell’abbandono da parte di Dio. Mentre la famiglia vive il periodo più autentico e più profondo dell’intera esperienza della Piena di grazia, di Giuseppe padre putativo e falegname, di Gesù fanciullo tra i fanciulli della città di Nazareth.

L’ascolto di Dio ora avviene nel silenzio, nell’ordinario, nel feriale, dove il farsi uomo del Figlio di Dio raggiunge la sua piena comunione, identificazione con la cultura del suo tempo tra la gente “a passo d’uomo”, dentro il cammino di attesa e di speranza del sentire Dio alle soglie della loro paziente fede pastorale.

Maria e Giuseppe vivono ora con lo spirito dell’angelo comune, fuori da ogni evento e annuncio straordinario. Anche il cielo guarda, protegge, segue, tace, attende, poiché “non c’é nulla di nuovo sotto il sole”. Eppure il divino convive con l’umano, l’Essere Creatore si è abbassato a livello di creatura, per potersi accompagnare con tutti, ma soprattutto con i più bisognosi.

Il fanciullo Gesù rimase in Gerusalemme

Ogni anno i genitori di Gesù si recavano a Gerusalemme per la festa di Pasqua. “Ma quando egli giunse all’età di dodici anni vi salirono secondo l’usanza della festa” (Lc.2,42). Gesù si comporta come ogni adolescente. Mosso dalla curiosità si aggira liberamente nella città, forse in compagnia dei suoi compaesani. Maria e Giuseppe, rispettando la consuetudine, lasciano fare. Il cuore di Maria non smette di sentirsi solo. Senza Gesù è impossibile essere se stessi.. Soprattutto la Madre di Gesù soffre la mancanza di se stessa, perché il Figlio dell’Altissimo è la sua significanza interiore, la sua anima, il suo essere nel mondo, lo scopo del suo vivere, del suo pensare, contemplare, agire pur dentro i percorsi esistenziali comuni a tutti.

Maria vive il quotidiano cercando di ritrovare la volontà di Dio nell’ascolto degli avvenimenti in cui è coinvolta. Ella sa che Gesù è chiamato a farsi uomo tra gli uomini con l’evidente scopo di pensare, di parlare, di agire come uomo in tutto simile agli uomini, ma come Persona Divina.

Gesù entra nel tempio dell’umanità. La sua umanità, però, nasconde la seconda Persona divina della Trinità

SS, il cui fine è quello di manifestare la verità, la misericordia, la bontà, la giustizia, la pace, la comunione con Dio-Amore. Da Lui, infatti, partono i nuovi rapporti tra Dio e gli uomini. Rapporti che Gesù imposterà nella dimensione di paternità e di fratellanza.

La casa di Gesù è l’uomo. Tra il Padre che lo ha mandato e Lui c’é un’intesa, “un patto per l’uomo e per l’umanità”. Il Tempio di Gerusalemme è il tuo cuore. Gesù vi è entrato senza chiedere il permesso, al fine di dialogare con te, ascoltarti, risponderti, istruirti in qualità di “Maestro interiore”.

Fermati con lui un po’ più a lungo del solito, prima che sia troppo tardi. Altri lo cercano.

Lo ritrovano nel tempio

Gesù nasce nella società religiosa. E’ la prima volta che, in modo del tutto privato, personale ed autonomo, Egli sostiene un dialogo teologico ed esegetico con i dottori della legge per la durata di tre giorni. Alla fine, “tutti quelli che lo ascoltavano si stupivano della sua intelligenza e delle sue risposte” (Lc.2,47).

Ciascuno di noi, piccolo o grande che sia, è, in un certo senso, persuaso di essere un dottore del sapere, per lo meno verso se stesso. Si pensa, anzi, che nessuno possa avere una conoscenza psicologica, intellettuale, culturale e morale di se stessi, migliore di quella del proprio io o ciascuno di noi possiede se stesso. Non è necessario, quindi, che Qualcuno entri nella sfera più intima del nostro tempio interiore per rivelarci qualcosa di nuovo. Invece noi siamo un mistero a noi stessi. Gli antichi filosofi greci consigliavano di mettere, come impegno principale del vivere, la conoscenza di se stessi.

Gesù, Dio fatto uomo, viene ad autorivelarsi come Dio ma anche ad autorivelarsi come uomo in comunione ipostatica, misteriosa ma reale, con il carattere di figliolanza divina. Così Egli spiega l’uomo all’uomo, perché gli insegna il percorso da seguire per raggiungere il suo destino eterno, dopo avere abbandonato il peccato ed accolto il Figlio di Dio come progetto di vita umana sulla sua parola e sul suo esempio: “Io sono la Via, la Verità e la Vita” (Gv.14,6).

Intrattieniti con Gesù, lascia che rovesci in te l’amore di Dio e del prossimo.

Fuori, però, Maria e Giuseppe lo cercano affannosamente. Essi reclamano il diritto-dovere di riavere tra loro Gesù. Io ti suggerisco una soluzione possibile. Falli entrare anche loro nel tuo cuore, fa famiglia con loro, fa tenda insieme alla Piena di grazia e al Figlio di Dio che ha voluto visitare il tempio della creatura che più gli assomiglia.

Figlio, perché ci hai fatto questo?

Maria, come ogni madre investita dalla stessa situazione, esplode in un lamento più che giusto. Ma l’adolescente Gesù ha goduto della libertà del Figlio di Dio, in veste umana, per tre giorni, dandosi completamente alla missione che il Padre gli ha affidato: salvare l’uomo per e con l’amore di Dio.

Un amore che trascende ogni amore umano, perché da esso ogni amore deriva, come da una fonte che non si esaurisce perché è e rimane amore per essenza, in quanto l’amore è Dio e Dio è Amore.

“Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre ed io ti abbiamo cercato angosciati” (Lc.2,48). La descrizione di Maria non deve turbare o far dubitare della grandezza sovrumana della Madre di Dio, “piena di grazia, il Signore è con te”.

L’angoscia che s’impossessa di Maria e di Giuseppe riguarda la perdita dell’adolescente Gesù in carne ed ossa. Anche allora esistevano i sequestri, o la vendita o l’uccisione dei bambini, come accade ancora oggi.

Il Gesù, in tutto simile a noi, questo Gesù visibile, di cui sono custodi e i responsabili davanti a Dio, lacera la loro profonda sensibilità spirituale ed umana. L’angoscia sfuma quando lo scoprono nel tempio con i dottori della legge. Gesù non ci abbandona.

Forse Maria e Giuseppe sono stati sfiorati dall’idea della fuga di Gesù da loro. Interrogarsi sul perché i figli uccidono, abbandonano, ignorano, disobbediscono ai genitori, è sempre una cosa buona, perché rivela la coscienza della propria responsabilità e può suggerire nuovi comportamenti più aperti al dialogo, all’ascolto, alla condivisione, all’unità d’intenti esistenziali, vissuti entro la propria vocazione e identità.

Gesù è il Figlio di Dio che va ascoltato da tutti, come Lui sa ascoltare.

Perché mi cercavate?

L’Adolescente Gesù muove un rimprovero a Maria e a Giuseppe: “Perché mi cercavate?” (Lc.2,49). E’ una domanda che spinge i genitori a riflettere sull’identità, sulla serietà, sulla fedeltà del figlio nei loro confronti.

Si tratta di fare capire che è venuta meno la fiducia in Lui come adolescente, in quanto, se non avessero ceduto all’angoscia, si sarebbero ricordati della reciproca conoscenza da cui dedurre fiducia, sicurezza, certezza che tutto sarebbe ritornato nell’alveo dell’armonia famigliare.

Abbandonarsi a Dio totalmente, decisamente, ad occhi chiusi, perché “Il Signore è il mio pastore non manco di nulla” (Sal.22), vuol dire convertirsi all’amore di Dio che non ammette paure o angosce. Bisogna revisionare i nostri rapporti con Gesù. E’ ciò, in fondo, che Gesù stesso ha proposto sul piano umano in quel momento molto delicato della sua crescita adolescenzale, a Maria e a Giuseppe: “Non sapevate che io devo attendere alle cose del Padre mio?” (Lc.2,49).

Un richiamo forte, espresso con lo stile dell’adolescente nel momento in cui, come uomo, avverte maturare la coscienza della sua missione. E’ il momento delle scelte esistenziali.

Capita di sottovalutare questo periodo a causa dell’eccessivo protezionismo, oppure per mancanza di conoscenza psicologica, non si vede nel figlio ciò che si deve vedere, ossia la metamorfosi o cambiamento adolescenziale, nonostante un tempo, anche i genitori siano passati da questa singolare e difficile esperienza, ricca e contraddittoria, meravigliosa quanto pericolosa se viene meno la stima e la fiducia degli educatori naturali di fronte all’incipiente nascita dell’identità della persona dei figli.

Anche Maria e Giuseppe soffrono la scoperta dell’alterità del figlio Gesù. genitori non si nasce ma si diventa….sembra vero anche per Maria e Giuseppe, stando all’affermazione di Luca: “Ma essi non capirono quel che aveva loro detto” (Lc.2,50).

E tornò a Nazareth con loro

Il cuore immacolato di Maria, Madre di Gesù, s’inabissa nelle parole di Gesù. Riflettere sulle parole “misteriose” dei propri figli è un dovere materno e paterno di primaria importanza, quanto meno per crescere insieme con loro, senza lasciarsi sfuggire il cammino psicologico, spirituale, umano, culturale e religioso dei propri figli.

Nel rispetto dell’identità del figlio da cui emerge la sua personalità umana, conviene fare spazio alle istanze e alle idee, alle suggestioni, ai sentimenti mai riscontrati prima nel proprio figlio, almeno per dargli la garanzia che la casa e il cuore dei genitori, si allargano grazie anche alla sua crescita verso l’età adulta.

Egli avverte, allora, di essere un adulto tra gli adulti, e di abitare una casa che non assomiglia più all’asilo, al luogo dell’assistenza e della protezione, ma ha la coscienza di prendere parte al vivere familiare come protagonista cosciente, libero e responsabile.

La situazione della famiglia di Nazareth rispecchia, in modo speciale, i rapporti religiosi e umani; ma investe, anche, la dimensione spirituale di Gesù, il quale, afferma Luca: “cresceva in sapienza e statura e grazia davanti a Dio e davanti agli uomini” (Lc.2,52), tre dimensioni della fisionomia dell’adulto maturo cui bisogna dare molta cura e perciò molta attenzione come educatori dell’uomo e del cristiano integrale.

La dimensione del sapere ultimo (donde vieni e dove vai?); la dimensione religiosa secondo la relazione come figli di Dio (dove andare?); la dimensione di testimone di Dio davanti agli uomini affinché: “Vedendo le vostre opere buone glorifichino il Padre vostro che è nei cieli” (chi essere?), ossia l’investimento missionario. Nella cattedrale del quotidiano la dimensione della grazia e della volontà di Dio agisce come protagonista in unione allo Spirito Santo, l’artefice delle meraviglie di Dio tra gli uomini. “Chi può narrare i prodigi del Signore, far risuonare tutta la sua lode?” (Sal.105,2).

Amen,alleluia,amen.

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