Avvento: Lettera ai Colossesi


Lettere di San Paolo - Valentin de Boulogne
La lettera alla comunità di Colossi risale a quando Paolo era prigioniero a Roma (At.28) la prima volta, cioè agli anni tra il 61 e il 63; dello stesso periodo la lettera agli Efesini e a Filemone, forse anche quella ai Filippesi.

Dalla sua condizione di prigioniero egli parla in 1,24-29 e 4,3.10.18.

La città di Colossi si trovava in Frigia, cioè al centro di quella che oggi chiamiamo Turchia.

Paolo non aveva fondato la comunità (1-7), composta di pagani convertiti (2,13) per la gran parte; tuttavia ha con essa un legame di magistero a cui non viene meno quando la sa minacciata dall’eresia (1,23; 2,4-8).

E’ difficile per noi dire esattamente di che eresia si tratti. Da quel che l’Apostolo scrive ad ammaestramento della Chiesa, si possono individuare questi due errori fondamentali:

a) esistono delle potenze angeliche che hanno ruolo di mediatori tra uomo e Dio, sono la pienezza della creazione e meritano che gli si tributi culto,

b) in nome di queste potenze l’uomo deve osservare una ascesi fatta di norme rituali e basata sull’opposizione tra puro e impuro.

In altre parole, gli eretici attribuiscono agli angeli caratteristiche e funzioni che sono solo di Cristo; Paolo allora dà alla sua lettera un’impostazione cristologia coerente a quella delle lettere maggiori, ma più complessa e matura e, in certi passi, venata di entusiasmo.

Volendo descrivere la struttura della lettera, si ha questo schema:

cap.1, 1-14 Paolo saluta la comunità alla quale assicura le sue preghiere,
15-20 inno a Cristo che ha il primato assoluto di tutte le cose e le potenze,
21-28 esortazione alla fedeltà, per la quale Paolo è sotto persecuzione,
cap.2,1-3,4 caratteristica di Cristo e conseguente modo di essere della sua Chiesa; in questo brano, attraverso la descrizione di Gesù (2,9-15) che riprende in 1,15-20, e della Chiesa che ne vive la vita, abbiamo la descrizione indiretta dell’eresia che minaccia la comunità,
cap.3,5-4,6 per contrasto al ritualismo degli eretici, Paolo dice come la Chiesa debba riversare nel quotidiano quella vita di grazia che essa vive nascosta con Cristo in Dio (3,3),
cap.4, 7-18 notizie, saluti, esortazioni finali.

Probabilmente non sarà facile vedere come mai proprio nel Tempo Natalizio ci viene proposta la lettura di questo Testo.

Proponiamo una chiave di lettura della lettera ai Colossesi in questi termini:

a) come viene presentato Gesù Cristo dall’Apostolo Paolo, soprattutto leggendo in 1,15-20. Che cosa significa che Gesù è nello stesso tempo: immagine del Dio invisibile, Capo del corpo che è la Chiesa, luogo in cui abita ogni pienezza? Questi termini possono essere un modo di illuminare il mistero dell’Incarnazione da tre angoli diversi?

b) Tutta la lettera agli Ebrei si preoccupa di dimostrare l’assoluta superiorità di Cristo: sugli angeli, su Mosè, su Aronne, ecc..

Possiamo avvalerci di Ebr.1-9 per capire meglio il senso di “ricapitolazione in Cristo di tutte le cose” (Ef.1,10) e avere quindi un ritratto sempre più nitido di Cristo che ha legato Principati e Potenze al suo carro trionfale (Col.2,15) come un generale vittorioso.

c) da ultimo vediamo come debba essere il Corpo di Cristo, cioè la comunità dei santificati dal Battesimo (Col.1,12).

Col.3,1-3 mostra chiaramente che la Chiesa è già seduta alla destra di Dio come un giudice glorioso, benché in forma velata e ancora ignota al mondo; Col.1,13-14 lo conferma.

Che rapporto c’è allora tra l’incarnazione storica del Figlio di Dio e la Chiesa visibile?

Le norme di comportamento che Paolo dà in Col.3,5 e ssg. Sono il segno di una vita radicata ed edificata nella fede (Col.1,7).

E’ possibile vedere in questa vita un prolungamento dell’Incarnazione?

Il Messale poi, in questi giorni, ci fa leggere la prima lettera di Giovanni. La meditazione congiunta di queste due lettere ci può aiutare forse a vedere in che modo la comunità è tenuta ad essere nel mondo prolungamento di Gesù Cristo.

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